Fidel Castro: Concetto di Rivoluzione

Revolución
Es sentido del momento histórico;
es cambiar todo lo que debe ser cambiado;
es igualdad y libertad plenas;
es ser tratado y tratar a los demás como seres humanos;
es emanciparnos por nosotros mismos y con nuestros propios esfuerzos;
es desafiar poderosas fuerzas dominantes dentro y fuera del ámbito social y nacional;
es defender valores en los que se cree al precio de cualquier sacrificio;
es modestia, desinterés, altruismo, solidaridad y heroísmo;
es luchar con audacia, inteligencia y realismo;
es no mentir jamás ni violar principios éticos;
es convicción profunda de que no existe fuerza en el mundo capaz de aplastar la fuerza de la verdad y las ideas.
Revolución es unidad, es independencia, es luchar por nuestros sueños de justicia para Cuba y para el mundo, que es la base de nuestro patriotismo, nuestro socialismo y nuestro internacionalismo.

Fidel Castro Ruz (1ro de mayo del 2000)

3.11.13

LA RIVOLUZIONE PUO’ ASPETTARE, DIVENTO VEGANO

Dopo una vita di lotte contro il capitalismo, il consumismo e per il socialismo, mi sono rotto! Ho deciso di aderire alla rivoluzione alimentaria e divento vegano. Addio bandiere rosse, socialismo, Marx, Lenin e Mao Tze Tung, avete rotto il cazzo, con le vostre menate ci avete ridotti ad osannare D’Alema, Veltroni, Bertinotti e Fassino. Questo prima che ci toccassero Renzi, Prodi, Rutelli e Rosy Bindi!!!! Presto voteremo direttamente preti, cardinali ed i figli di Berlusconi, la nuova sinistra evoluta che ha modernizzato le esperienze rivoluzionarie dei secoli scorsi, a partire dalla Rivoluzione francese. Ma quale Rivoluzione, lascia perdere, mangia sano e campi cent’anni, ora che la scienza dietetica ci regala l’alimentazione vegana chi è ancora così fesso da rimanere legato a vecchi stili di vita? Io ho resistito fino all’impossibile però ora basta, ho diritto anch’io alla mia fetta di sana idiozia e di campare fino a cent’anni, anzi, qualcuno ora dice che la meta è quella dei centoventi…. Diventare vegano non è difficile, basta lasciar perdere i prodotti animali e loro derivati come carne, pesce, latticini, uova, miele, pappa reale e cibarsi tendenzialmente di frutta, semi oleaginosi e vegetali. Ovviamente bisogna pure aderire alle scelte etiche, filosofiche e agli stili di vita che ne conseguono, lasciare qualsiasi velleità di costruire il socialismo e godere delle gioie che solo il capitalismo sa regalare, mica hanno fatto le guerre per imporre il neoliberismo per caso…. Vi immaginate cubani e nordcoreani che vanno al vicino negozio vegetariano a comprare cibi biologici? Solo geni come D’Alema, Veltroni, Fassino, Renzi e Rosy Bindi possono guidare i lavoratori verso simili traguardi. E pure Rutelli, che quando è venuto a Sondrio gli abbiamo regalato una bresaola valtellinese…. Un sano sistema capitalista ci può garantire tutto quanto serve a soddisfare le nostre necessità fino ad elevarci ai massimi livelli fisici e spirituali. Serve pure una buona dose di razzismo, mica possiamo dare a tutto il mondo quello che a noi è costato secoli di sfruttamento e schiavismo! Africani, latinoamericani, asiatici e compagnia bella possono cibarsi di quello che la natura offre loro, dopotutto vivono in continenti ricchi e per farci dare quello che serve al nostro sviluppo ci hanno costretto a secoli di guerre colonialiste ed imperialiste. La cucina vegana l’ho conosciuta dopo aver letto su Vikipedia che “La dieta vegana è una fra le varianti delle diete vegetariane, le quali «risultano appropriate per tutti gli stadi del ciclo vitale, ivi inclusi gravidanza, allattamento, prima e seconda infanzia e adolescenza.» L'insieme delle proteine vegetali copre perfettamente lo spettro degli aminoacidi essenziali e dei fabbisogni nutrizionali, come tutti gli altri oligoelementi minerali e vitaminici. Richiamo a parte merita la Vitamina B12 o cobalamina, la cui natura di vitamina probiotica - ovvero prodotta da batteri - e le molteplici casistiche di assorbimento portano a consigliare una integrazione periodica, da cibi fortificati o integratori vegetali”. Il tutto certificato dall’ADA, che non è mia sorella ma l’American Dietetic Association, una conseguenza del sogno americano che è tutt’altro che l’incubo che i miei ex amici comunisti descrivono. Io mi chiedo come abbiamo fatto a non scoprire prima queste meraviglie, siamo andati sulla Luna prima di imparare ad alimentarci in modo sano, semplice e naturale, e molti di noi hanno pure perso decenni dietro a stupidi ideali socialisti e libertari! Però meglio tardi che mai, in internet si trovano tutte le informazioni necessarie per chi vuole diventare buon vegano, ti spiegano tutti i vantaggi di questa disciplina alimentare semplice e sana. Certo, bisogna abbandonare le vecchie abitudini ed imparare a cucinare in maniera più consona all’uomo moderno, ma non è difficile, le verdure si cucinano facilmente senza olio con il sistema Nischimè, o si fanno saltate con olio, con acqua oppure con olio e acqua con il sistema nitukè, poi con il sistema Tempura si cucinano facilmente molti alimenti, niente di più semplice…. Per produrre il calore necessario alla cottura si consigliano vivamente legna, antracite e carbone, così anche i minatori del Sulcis possono conservare il posto di lavoro senza rompere i cosiddetti nelle trasmissioni di Santoro e ricorrere ad inutili scioperi che foraggiano solo i sindacati comunisti, o quello che ne rimane…. Per gli utensili non ci sono problemi, basta avere in casa pentole di ghisa, terracotta, acciaio inox, un mortaio e la nota pentola indiana wok che si trova in qualsiasi negozio sottocasa. Sicuramente ce l’avrà anche l’Agnoletta e presto anche qui a Cuba la venderanno in tutti i “timbirichi”. Per i menù quotidiani non ci sono problemi, basta saper combinare correttamente ogni giorno della settimana gli innumerevoli alimenti che la cucina vegana propone e addio a pance gonfie, mal di testa, bruciori di stomaco, coliti e stitichezza, tutte le malatie residuali dei tempi del socialismo spariranno ed i tumori saranno solo un brutto ricordo di quando c’erano il Muro di Berlino e l’Unione Sovietica. L’elenco degli alimenti necessari per una sana cucina vegana sono i seguenti: • Elementi proteici: soia, azuki, natto, tempeh, tofu • Derivati del grano: fu, seitan • Alghe: agar agar (senza la c davati altrimenti si va troppo in bagno), arame (questo si con la a davanti altrimenti sembra un metallo rosso che viene dal Chile fin dai tempi di Pinochet), carragheen, dulse, hijiki, kelp, combu, nori, wakame • Cereali e simili: avena, farro, frumento, bulgur, cus cus, grano saraceno, kamut, kasha, mais, miglio (quello che si coltiva, non Emilio in dialetto), orzo, riso integrale, segale • Dolcificanti: amasaku, agave, sciroppo d’acero, melassa di barbabietola da zucchero, stevia rebaudiana • Condimenti: natto, miso, gomasio, shoyu, tamari, umeboshi, tekka • Bevande: tè bancha, tè kukicha, tè hojicha, tè mu, tè di radice di loto, yannoh. Inoltre in una cucina vegana non devono mancare alimenti particolari come l’arrow-root, carruba, daikon, kuzu, shiitake, tahin e zenzero. Ovviamente ci sono molti altri alimenti che potrebbero fare al caso nostro ma questi sono più che sufficienti per essere dei bravi vegani e sono tutti facilmente reperibili in qualsiasi negozietto di paese, forse dall’Angioletta non si trovano ancora ma basta aspettare, sicuramente si sta organizzando. Basta solo una connessione internet per fare gli ordini veloci ed un aeroporto sotto casa dove possono atterrare gli aerei cargo che in meno di ventiquattro ore trasportano gli alimenti freschi provenienti dai cinque continenti…. Ripensandoci, hanno fatto bene ad andare prima sulla Luna, così in un futuro non lontano potremmo rifornirci di alimenti provenienti dagli altri pianeti. Però niente marziani a casa nostra! Che se ne stiano alla larga! Mica siamo così idioti da ripetere l’errore che abbiamo commesso con gli extracomunitari che pretendono di venire a vivere da noi dopo che ci siamo riforniti da loro per tutte le nostre necessità. E’ proprio vero che a fare del bene ci si perde sempre, ora dobbiamo spendere un capitale per rimandarli indietro quando tentano di invadere le nostre coste. Quando non dobbiamo pure preoccuparci per i funerali ogni volta che muoiono prima che li rispediamo. Meno male che hanno fatto la legge che punisce chi li aiuta a sopravvivere invece di lasciarli morire in mare, che è poi quello che si meritano…. Dobbiamo veramente stare molto attenti, se ci facciamo fregare un’altra volta torneremo indietro ai tempi del socialismo, con le scuole statali, la mutua e le pensioni che quando siamo vecchi col cavolo che ci compriamo i cibi vegani! Moriremo a spaghetti, riso bianco, pane e formaggio, salame e pure parmigiano reggiano e prosciutto di Parma, che sono quelle schifezze inventate dai comunisti delle regioni rosse prima che arrivassero Bersani e Renzi a liberarcene, anche grazie all’aiuto di D’Alema, Veltroni e Fassino che non vengono dalle regioni rosse ma erano dei gran comunisti anche se ora lo negano. E ci toccherà bere vino, rosso pure quello, magari senza poterci permettere nemmeno un’ultima coca-cola prima di tirare l’ultimo respiro. Dio mio, aiutami tu, solo a pensarci mi sento male! Per fortuna che ho il frigorifero pieno di umeboshi, tekka, miso, gomasio, natto, fu, tofu, seitan, azuki, agar agar…. e due bagni moderni, se per caso....

22.10.13

IL CALIBRO SOVIETICO

Per chi non lo sapesse il calibro è uno strumento che permette di effettuare misure di precisione con tolleranze prossime al centesimo di millimetro, tutte le officine meccaniche ne possiedono almeno uno, inoltre lo conservano gelosamente tutte quelle persone che si dedicano a dei passatempi che hanno a che fare con la meccanica. Il mio primo calibro è un ricordo molto caro e lontano nel tempo, l’ho costruito personalmente quando frequentavo l’Istituto Professionale a Tirano, specialità Aggiustatore Meccanico. Costruire un calibro da un pezzo di acciao, a quei tempi in cui la manualità era ancora prevalente e ci rendeva più umani, era una soddisfazione non da poco, soprattutto quando il professore, si chiamava ancora così, ne controllava la precisione prima di metterlo in controluce, strizzare l’occhio e verificare che tra le due ganasce non filtrasse nemmeno un filo di luce. Quel giorno avevo consegnato il mio lavoro sicuro che sarebbe stato apprezzato e quando ho visto il sorriso di soddisfazione del professore ho capito che era fatta. Nove! Quando ho visto che scriveva il voto sul registro ho provato una gioia immensa, nove! Mi aveva dato un voto tanto alto proprio lui che sapevamo essere di manica stretta, un voto che premiava la mia voglia di apprendere, il mio desiderio di imparare un mestiere che mi avrebbe riscattato dalla povertà, quella povertà regalataci da vent’anni di fascismo e di stupide avventure belliche. Un voto che mi permise di dimostrare ai miei genitori che il loro sacrificio di mandarmi a studiare non era vano, era vero che a volte li deludevo, marinavo la scuola o portavo a casa una nota di sospensione, ma era altrettanto vero che avevo una voglia immensa di apprendere, imparare il mestiere e farmi onore. Senza queste motivazioni mica mi sarei svegliato tutte le mattine, sabato compreso, alle cinque e venti, fare colazione, camminare a piedi per mezz’ora fino alla stazione di Tresivio, prendere il treno che impiegava quasi un’ora per percorrere i venti chilometri che ci separavano da Tirano, per questo lo chiamavamo “cif ciuf”, affrontare la scuola mattina e pomeriggio, fare il percorso inverso e rincasare alle otto della notte. E non era finita, prima di andare a dormire bisognava ancora fare i compiti e spesso finivo a mezzanotte. Avevo quindici anni quando costruii quel calibro che dopo cinquant’anni ancora svolge la sua funzione nel mio piccolo laboratorio di meccanica e falegnameria dove, quando sono in Italia, passo parte del mio tempo di pensionato derubato di una pensione decente dall’avidità del capitalismo criminale che sta distruggendo l’umanità ed il pianeta che ci ospita. E’ anche grazie a questa rapina che dopo quarantanove anni di lavoro e cinquantacinque di contribuzione mi costringe a vivere con una pensione da fame, che ho deciso di venire a vivere a Cuba, uno degli ultimi paesi che resistono all’aggressione del capitalismo imperialista. Anche quì a Cuba sto costruendo il mio piccolo laboratorio, i cubani lo chiamano “taller”, ed ovviamente non ci può mancare il calibro. Ora ce ne sono di tutti i tipi, dai più economici ai più costosi, li fanno perfino di plastica e costano poco. Ma chi mi ci vede, proprio io che a quindici anni già avevo costruito un calibro che aveva meritato il nove del professore dalle maniche strette, con un calibro di plastica? Visto che non ho gli strumenti necessari, e forse nemmeno più lo spirito, per costruirne un altro che valga almeno quanto il primo, non mi resta che rivolgermi al mercato. Il maledetto mercato, quello che domina tutto e per le cui doti abbiamo abbandonato i valori umani, il socialismo, distrutto il PCI, il Muro di Berlino e l’Unione Sovietica per ritornare ad essere schiavi dei padroni. Quel mercato che anche qui a Cuba sta facendo capolino, si dice che sia necessario per salvare il socialismo. Mahhhhh!!!!!!!!! Speriamo non si facciano prendere la mano, una cosa è migliorare la quantità e la qualità dei beni, un’altra diventare vittime del mercato. Sta di fatto che ora anche qui molte cose si vendono non solo nei negozi statali ma anche in quelli che i cubani chiamano “timbirichi”, piccoli negozi improvvisati, a volte ambulanti, dove trovi quello che nei negozi statali non c’è più. Perché il “timbirichi”, magistralmente cantato da Tony Avila nell’omonima canzone, funziona in perfetto stile capitalista massimizzando il profitto. Funziona così: si comprano presso i negozi statali, quando non si rubano o “desviano”, determinati oggetti fino a farli sparire dal mercato per poi riapparire nei “timbirichi” a prezzi raddoppiati o triplicati. Ovviamente non è solo così, spesso il “timbirichi” svolge una funzione onesta e ti permette di trovare cose che altrimenti non incontreresti mai, oppure di trovare oggetti impensati, come il calibro sovietico. Sì, perché il calibro a Cuba l’ho comprato proprio in un “timbirichi” vicino casa, nei negozi statali li stanno vendendo, di buona qualità, a meno di venti dollari ma ancora non mi ero deciso a comprarlo, ci sono necessità più urgenti da soddisfare ed il calibro può aspettare. Per uno scherzo del destino, l’altro giorno esco a comprare il giornale e, come sempre, mi fermo a curiosare presso un “timbirichi”, a volte vedi qualcosa che ti serve e te lo compri. Quel giorno vedo un contenitore di plastica nero, dalla forma capisco che lì dentro ci deve essere un calibro, lo apro e me ne appare uno bellissimo, un po’ più grande del normale e costruito con acciaio di altissima qualità. CCCP! C’è scritto proprio così, al posto della marca c’è scritto CCCP che tradotto, per chi se lo fosse dimenticato, significa Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, un ricordo dei tempi quando i sovietici a Cuba erano di casa. Chiedo quanto costa, “dieci dollari” mi risponde il giovane proprietario del “timbirichi”. Non ho con me i soldi sufficienti e decido di tornare il giorno seguente. Quando il giorno dopo mi avvicino all’oggetto del desiderio, chiedo quasi per scherzo, vista la volatilità dei prezzi: “oggi quanto vale il calibro”? Il giovanotto non afferra l’ironia e mi risponde un po’ contrariato: “otto dollari, come gli tutti i giorni”. Mi viene da ridere ripensando che il giorno prima me ne aveva chiesti dieci, ma non perdo altro tempo e me lo compro, quello strumento vale molto di più ed inoltre rappresenta storie e valori che non hanno prezzo. Quel bellissimo oggetto tra le mie mani mi riporta con il pensiero al mio calibro, alla mia giovinezza, ai miei valori mai abbandonati ed a quella esperienza straordinaria che fu l’Unione Sovietica, quella che ovviamente la propaganda della menzogna ci ha sempre descritto come un inferno ma che in realtà è stata una delle esperienze più straordinarie della storia dell’umanità. La Rivoluzione Sovietica in pochi decenni ha portato il paese più povero del mondo, dove la ricchezza era in mano a pochi ed il popolo veniva trattato peggio delle bestie senza alcun dirittto, ad essere la seconda potenza del pianeta, ha tolto miliono di esseri umani dall’analfabetismo regalandogli gratuitamente la culura necessaria ad essere uomini liberi ed ha insegnato al mondo che a liberarsi dei padroni ci si guadagna. Malgrado ciò continuano a raccontarci che è stato un fallimento economico, magari a tutti i paesi poveri del mondo toccasse un simile fallimento e diventassero la seconda potenza del pianeta! Quel paese che a costo di enormi sacrifici ha sconfitto il nazismo regalando al mondo la libertà, ci è stato descritto come una feroce dittatura mentre gli Stati Uniti, nati dalla distruzione culturale e fisica dei nativi e che dal primo giorno che sono diventati nazione hanno iniziato a sottomettere i paesi vicini per poi allargarsi con violenze e atrocità inaudite in ogni angolo del pianeta, ci vengono dipinti come una grande democrazia. Lo stesso Presidente russo Putin, uno dei massimi beneficiari della distruzione dell’URSS che ha comportato il passaggio dei beni pubblici dalle mani dello stato a quelle avide dei grandi capitalisti, ha più volte dichiarato che la distruzione dell’URSS è stata una tragedia, non solo per i paesi che ne facevano parte ma anche per il resto mondo. Che c’entra il calibro con la storia dell’URSS e con la mia storia? C’entra, eccome che c’entra! Quel calibro è il simbolo della tenacia di un popolo che si è ribellato alla fame, alla miseria, ai soprusi e che ha saputo costruire con il lavoro quotidiano, l’impegno ed il rispetto dei valori comuni, la propria ricchezza ed il proprio futuro. Come il mio calibro che ha significato l’impegno per uscire dalla povertà per costruire il mio futuro, quello dei miei figli, nipoti e di tutto il pase che ha saputo rinascere dalle miserie del fascismo. Allo stesso modo del calibro sovietico, simbolo del lavoro e tradito da politici cialtroni e funzionari corrotti, anche il calibro che avevo costruito per liberarmi dalla povertà, è stato tradito. Tradito dalla stupidità e dall’avidità dei dirigenti di quello che era diventato il più prestigioso Partito Comunista dell’Occidente, quel PCI che senza mai stare al potere aveva costruito in un paese capitalista una straordinaria esperienza di socialismo dove lo stato, tra le ruberie dei potenti e dei democristiani che li rappresentavano, era costretto anche a fare gli interessi del popolo, dove le grandi imprese venivano controllate dal pubblico e producevano le risorse necessarie a garantire quei servizi sociali che tutto il mondo ci invidiava. Quel calibro che era diventato il simbolo della mia indipendenza economica, del lavoro autonomo senza padroni, ora accompagna la mia vita di pensionato ricacciato nella povertà da governi reazionari che hanno riportato l’Italia al medioevo con la collaborazione di finti governi progressisti che si comportano allo stesso modo di quelli rezionari distruggendo lo stato sociale, rubandoci salari e pensioni e regalando i beni pubblici costruiti con il sangue ed il sudore dei lavoratori, agli avventurieri finanziari della peggior borghesia cialtrona della nostra storia. In cambio i dirigenti di quella che una volta era la sinistra, se la spassano con barche a vela milionarie e milionari apppartamenti a New York. Fino a che glie lo permetteremo e non ci decideremo a presentare loro il conto delle rapine che hanno perpetrato ai nostri danni…. Anche l’Italia come tutti i paesi del mondo paga le conseguenze della distruzione dell’Unione Sovietica che, contrariamente a quanto ci vogliono far credere, non è stata vittima della “fallimentare economia socialista” ma bensì di un piano ben studiato e messo a punto nei minimi particolari da chi detiene il vero potere, come si può leggere nel libro “Arte dell’intelligenza” di Allen W. Dulles, ex dirigente della CIA che tra le altre sconvolgenti verità ci racconta dei piani messi in atto per distruggere l’Unione Sovietica: “….senza che venga percepito distruggeremo i loro valori e li sostitueremo con altri falsi e li obbligheremo a credere in essi. Troveremo i nostri correligionari nella stessa Russia…. approfittando della complicità di dirigenti corrotti ….” racconta Dulles nel suo libro. Come l’Unione Sovietica anche l’Italia è stata tradita da cialtroni ed idioti figli di papà arrivati ai vertici dei movimenti popolari che avevano alle spalle una gloriosa storia di lotte, battaglie e conquiste che permisero la cosruzione di quella cultura popolare progressista che sembrava indistruttibile. Nessuno avrebbe mai pensato che tutto questo poteva venire vanificato nell’unico modo possibile: l’autodistruzione. E così fu, gli stracci rosssi portati al collo e sventolati per decenni sono stati sostituiti da capelli verdi, blu, viola, anelli al naso, teste rapate ed odiosi tatuaggi che ricoprono corpi altrettanto odiosi e feroci, coperti da vestiti che non tali ma una truffa ai danni del buonsenso e del buongusto. Il tutto condito da manganelli neri che colpiscono lavoratori, studenti, rom, immigrati e qualche comunista ancora rimasto, in un orgia di falsa democrazia che nasconde una feroce dittatura che genera esseri mostruosi, schiavi incoscenti che si pensano liberi, i migliori per gli oppressori. Tutto questo nessuno ce lo racconta, ci viene tenuto nascosto, ci raccontano piuttosto di malcapitati “paesi canaglia”, in realtà gli ultimi ancora liberi che di colpo finiscono sotto le luci della propaganda per poi finire sotto le bombe intelligenti buttate da democratici aerei senza pilota che distruggono culture millenarie ed ammazzano centinaia di migliaia di poveri innocenti colpevoli di vivere in luoghi strategici e di non consumare quello che i ricchi vogliono che si consumi. Ci raccontano di dissidenti cubani che non esistono se non nelle liste a pagamento della CIA, di comunisti che ancora mangiano bambini e di estremisti islamici diventati, a seconda delle necessità del momento, terroristi o vittime del terrorismo. E nessuno, dico nessuno dei giornalisti “democratici”, che faccia il lavoro per cui viene pagato, cioè informare. Ma questo ha la sua spiegazione logica, i padroni mica li pagano per informare, bensì per disinformare e fare propaganda contro chi ancora ha mantenuto la schiena dritta e si oppone alla tragicità dei nostri tempi che vedono i potentati economici impossessarsi anche della politica in maniera totalitaria, Altro che il “totalitarismo sovietico”, quello aveva liberato gli schiavi, questo ci riporta ai tempi più bui dello schiavismo . E se qualche giornalista volesse dissentire, carriera finita. Casi di dissenso ce ne sono ben pochi, la nostra classe giornalistica è una delle più vili che mente ricordi, nemmeno sui giornali “comunisti” si prova a raccontare un po’ di verità che non sia accondiscendente alla logica del profitto. Qualcuno si ricorda di Fulvio Grimaldi quando faceva l’inviato RAI accompagnato dal fedele cagnolino Nando? Lui ci aveva provato a dissentire, lo hanno subito messo a tacere, perfino sui giornali comunisti. Ora può dissentire solo sul suo blog, almeno fino a quando lo leggeranno in pochi perché in caso contrario anche quello gli verrà chiuso, nella nostra falsa democrazia uno mica può scrivere quello vuole senza pensarla come la pensano i padroni…. Ora tutto è stato messo al suo posto, o quasi, mancano solo pochi tasselli: la Siria, l’Iran, la Corea del Nord, Cuba e qualche paese latinoamericano sulla cattiva strada, poi bisognerà solo pensare a mantenere lo status quò. Ora a chi glie ne importa più del calibro? Provate a regalarne uno ai vostri figli, ve lo tirano in testa! Poi vi rubano i soldi per comprarsi l’ultimo modello di celluare o di hiPhon che, costruito con la rapina ai danni di coloro che costringiamo ad emigrare per poi affondarli al largo delle nostre coste, dopo pochi giorni già non è più l’ultimo. Ma io i miei due calibri, quello che ho costruito e quello sovietico, me li tengo ben stretti, visti i tempi tristi che viviamo è probabile che tutto quanto costruto in una vita di lavoro lo debba sacrificare per comprarmi cibo e medicine ed i due calibri saranno forse l’unica eredità che lascerò a figli e nipoti. Anche perché non ho mai imparato a costruire un cellulare od un hiPhon e non credo che ne esistano in commercio con la scritta CCCP al posto della marca…. Al massimo qualcuno made in Russia, costruito da un’azienda rubata allo stato che sfrutta dei giovani dipendenti con orecchini, teste rapate e tatuaggi. Giovani che non sanno che una volta esistevano le scuole e gli ospedali pubblici, la cassa mutua e la pensione, poveri cristi che si pensano liberi, inconsapevoli che gli hanno rubato pure la memoria e che ai tempi dell’URSS quelli come loro costruivano dei calibri di grande qualità nelle fabbriche dello stato, senza padroni. E chissà quali meraviglie evrebbero continuato a costruire se non fossero stati traditi da dei filibustieri senza scrupoli venduti agli interessi dei grandi capitali internazionali….

IL CALIBRO SOVIETICO

Per chi non lo sapesse il calibro è uno strumento che permette di effettuare misure di precisione con tolleranze prossime al centesimo di millimetro, tutte le officine meccaniche ne possiedono almeno uno, inoltre lo conservano gelosamente tutte quelle persone che si dedicano a dei passatempi che hanno a che fare con la meccanica. Il mio primo calibro è un ricordo molto caro e lontano nel tempo, l’ho costruito personalmente quando frequentavo l’Istituto Professionale a Tirano, specialità Aggiustatore Meccanico. Costruire un calibro da un pezzo di acciao, a quei tempi in cui la manualità era ancora prevalente e ci rendeva più umani, era una soddisfazione non da poco, soprattutto quando il professore, si chiamava ancora così, ne controllava la precisione prima di metterlo in controluce, strizzare l’occhio e verificare che tra le due ganasce non filtrasse nemmeno un filo di luce. Quel giorno avevo consegnato il mio lavoro sicuro che sarebbe stato apprezzato e quando ho visto il sorriso di soddisfazione del professore ho capito che era fatta. Nove! Quando ho visto che scriveva il voto sul registro ho provato una gioia immensa, nove! Mi aveva dato un voto tanto alto proprio lui che sapevamo essere di manica stretta, un voto che premiava la mia voglia di apprendere, il mio desiderio di imparare un mestiere che mi avrebbe riscattato dalla povertà, quella povertà regalataci da vent’anni di fascismo e di stupide avventure belliche. Un voto che mi permise di dimostrare ai miei genitori che il loro sacrificio di mandarmi a studiare non era vano, era vero che a volte li deludevo, marinavo la scuola o portavo a casa una nota di sospensione, ma era altrettanto vero che avevo una voglia immensa di apprendere, imparare il mestiere e farmi onore. Senza queste motivazioni mica mi sarei svegliato tutte le mattine, sabato compreso, alle cinque e venti, fare colazione, camminare a piedi per mezz’ora fino alla stazione di Tresivio, prendere il treno che impiegava quasi un’ora per percorrere i venti chilometri che ci separavano da Tirano, per questo lo chiamavamo “cif ciuf”, affrontare la scuola mattina e pomeriggio, fare il percorso inverso e rincasare alle otto della notte. E non era finita, prima di andare a dormire bisognava ancora fare i compiti e spesso finivo a mezzanotte. Avevo quindici anni quando costruii quel calibro che dopo cinquant’anni ancora svolge la sua funzione nel mio piccolo laboratorio di meccanica e falegnameria dove, quando sono in Italia, passo parte del mio tempo di pensionato derubato di una pensione decente dall’avidità del capitalismo criminale che sta distruggendo l’umanità ed il pianeta che ci ospita. E’ anche grazie a questa rapina che dopo quarantanove anni di lavoro e cinquantacinque di contribuzione mi costringe a vivere con una pensione da fame, che ho deciso di venire a vivere a Cuba, uno degli ultimi paesi che resistono all’aggressione del capitalismo imperialista. Anche quì a Cuba sto costruendo il mio piccolo laboratorio, i cubani lo chiamano “taller”, ed ovviamente non ci può mancare il calibro. Ora ce ne sono di tutti i tipi, dai più economici ai più costosi, li fanno perfino di plastica e costano poco. Ma chi mi ci vede, proprio io che a quindici anni già avevo costruito un calibro che aveva meritato il nove del professore dalle maniche strette, con un calibro di plastica? Visto che non ho gli strumenti necessari, e forse nemmeno più lo spirito, per costruirne un altro che valga almeno quanto il primo, non mi resta che rivolgermi al mercato. Il maledetto mercato, quello che domina tutto e per le cui doti abbiamo abbandonato i valori umani, il socialismo, distrutto il PCI, il Muro di Berlino e l’Unione Sovietica per ritornare ad essere schiavi dei padroni. Quel mercato che anche qui a Cuba sta facendo capolino, si dice che sia necessario per salvare il socialismo. Mahhhhh!!!!!!!!! Speriamo non si facciano prendere la mano, una cosa è migliorare la quantità e la qualità dei beni, un’altra diventare vittime del mercato. Sta di fatto che ora anche qui molte cose si vendono non solo nei negozi statali ma anche in quelli che i cubani chiamano “timbirichi”, piccoli negozi improvvisati, a volte ambulanti, dove trovi quello che nei negozi statali non c’è più. Perché il “timbirichi”, magistralmente cantato da Tony Avila nell’omonima canzone, funziona in perfetto stile capitalista massimizzando il profitto. Funziona così: si comprano presso i negozi statali, quando non si rubano o “desviano”, determinati oggetti fino a farli sparire dal mercato per poi riapparire nei “timbirichi” a prezzi raddoppiati o triplicati. Ovviamente non è solo così, spesso il “timbirichi” svolge una funzione onesta e ti permette di trovare cose che altrimenti non incontreresti mai, oppure di trovare oggetti impensati, come il calibro sovietico. Sì, perché il calibro a Cuba l’ho comprato proprio in un “timbirichi” vicino casa, nei negozi statali li stanno vendendo, di buona qualità, a meno di venti dollari ma ancora non mi ero deciso a comprarlo, ci sono necessità più urgenti da soddisfare ed il calibro può aspettare. Per uno scherzo del destino, l’altro giorno esco a comprare il giornale e, come sempre, mi fermo a curiosare presso un “timbirichi”, a volte vedi qualcosa che ti serve e te lo compri. Quel giorno vedo un contenitore di plastica nero, dalla forma capisco che lì dentro ci deve essere un calibro, lo apro e me ne appare uno bellissimo, un po’ più grande del normale e costruito con acciaio di altissima qualità. CCCP! C’è scritto proprio così, al posto della marca c’è scritto CCCP che tradotto, per chi se lo fosse dimenticato, significa Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, un ricordo dei tempi quando i sovietici a Cuba erano di casa. Chiedo quanto costa, “dieci dollari” mi risponde il giovane proprietario del “timbirichi”. Non ho con me i soldi sufficienti e decido di tornare il giorno seguente. Quando il giorno dopo mi avvicino all’oggetto del desiderio, chiedo quasi per scherzo, vista la volatilità dei prezzi: “oggi quanto vale il calibro”? Il giovanotto non afferra l’ironia e mi risponde un po’ contrariato: “otto dollari, come gli tutti i giorni”. Mi viene da ridere ripensando che il giorno prima me ne aveva chiesti dieci, ma non perdo altro tempo e me lo compro, quello strumento vale molto di più ed inoltre rappresenta storie e valori che non hanno prezzo. Quel bellissimo oggetto tra le mie mani mi riporta con il pensiero al mio calibro, alla mia giovinezza, ai miei valori mai abbandonati ed a quella esperienza straordinaria che fu l’Unione Sovietica, quella che ovviamente la propaganda della menzogna ci ha sempre descritto come un inferno ma che in realtà è stata una delle esperienze più straordinarie della storia dell’umanità. La Rivoluzione Sovietica in pochi decenni ha portato il paese più povero del mondo, dove la ricchezza era in mano a pochi ed il popolo veniva trattato peggio delle bestie senza alcun dirittto, ad essere la seconda potenza del pianeta, ha tolto miliono di esseri umani dall’analfabetismo regalandogli gratuitamente la culura necessaria ad essere uomini liberi ed ha insegnato al mondo che a liberarsi dei padroni ci si guadagna. Malgrado ciò continuano a raccontarci che è stato un fallimento economico, magari a tutti i paesi poveri del mondo toccasse un simile fallimento e diventassero la seconda potenza del pianeta! Quel paese che a costo di enormi sacrifici ha sconfitto il nazismo regalando al mondo la libertà, ci è stato descritto come una feroce dittatura mentre gli Stati Uniti, nati dalla distruzione culturale e fisica dei nativi e che dal primo giorno che sono diventati nazione hanno iniziato a sottomettere i paesi vicini per poi allargarsi con violenze e atrocità inaudite in ogni angolo del pianeta, ci vengono dipinti come una grande democrazia. Lo stesso Presidente russo Putin, uno dei massimi beneficiari della distruzione dell’URSS che ha comportato il passaggio dei beni pubblici dalle mani dello stato a quelle avide dei grandi capitalisti, ha più volte dichiarato che la distruzione dell’URSS è stata una tragedia, non solo per i paesi che ne facevano parte ma anche per il resto mondo. Che c’entra il calibro con la storia dell’URSS e con la mia storia? C’entra, eccome che c’entra! Quel calibro è il simbolo della tenacia di un popolo che si è ribellato alla fame, alla miseria, ai soprusi e che ha saputo costruire con il lavoro quotidiano, l’impegno ed il rispetto dei valori comuni, la propria ricchezza ed il proprio futuro. Come il mio calibro che ha significato l’impegno per uscire dalla povertà per costruire il mio futuro, quello dei miei figli, nipoti e di tutto il pase che ha saputo rinascere dalle miserie del fascismo. Allo stesso modo del calibro sovietico, simbolo del lavoro e tradito da politici cialtroni e funzionari corrotti, anche il calibro che avevo costruito per liberarmi dalla povertà, è stato tradito. Tradito dalla stupidità e dall’avidità dei dirigenti di quello che era diventato il più prestigioso Partito Comunista dell’Occidente, quel PCI che senza mai stare al potere aveva costruito in un paese capitalista una straordinaria esperienza di socialismo dove lo stato, tra le ruberie dei potenti e dei democristiani che li rappresentavano, era costretto anche a fare gli interessi del popolo, dove le grandi imprese venivano controllate dal pubblico e producevano le risorse necessarie a garantire quei servizi sociali che tutto il mondo ci invidiava. Quel calibro che era diventato il simbolo della mia indipendenza economica, del lavoro autonomo senza padroni, ora accompagna la mia vita di pensionato ricacciato nella povertà da governi reazionari che hanno riportato l’Italia al medioevo con la collaborazione di finti governi progressisti che si comportano allo stesso modo di quelli rezionari distruggendo lo stato sociale, rubandoci salari e pensioni e regalando i beni pubblici costruiti con il sangue ed il sudore dei lavoratori, agli avventurieri finanziari della peggior borghesia cialtrona della nostra storia. In cambio i dirigenti di quella che una volta era la sinistra, se la spassano con barche a vela milionarie e milionari apppartamenti a New York. Fino a che glie lo permetteremo e non ci decideremo a presentare loro il conto delle rapine che hanno perpetrato ai nostri danni…. Anche l’Italia come tutti i paesi del mondo paga le conseguenze della distruzione dell’Unione Sovietica che, contrariamente a quanto ci vogliono far credere, non è stata vittima della “fallimentare economia socialista” ma bensì di un piano ben studiato e messo a punto nei minimi particolari da chi detiene il vero potere, come si può leggere nel libro “Arte dell’intelligenza” di Allen W. Dulles, ex dirigente della CIA che tra le altre sconvolgenti verità ci racconta dei piani messi in atto per distruggere l’Unione Sovietica: “….senza che venga percepito distruggeremo i loro valori e li sostitueremo con altri falsi e li obbligheremo a credere in essi. Troveremo i nostri correligionari nella stessa Russia…. approfittando della complicità di dirigenti corrotti ….” racconta Dulles nel suo libro. Come l’Unione Sovietica anche l’Italia è stata tradita da cialtroni ed idioti figli di papà arrivati ai vertici dei movimenti popolari che avevano alle spalle una gloriosa storia di lotte, battaglie e conquiste che permisero la cosruzione di quella cultura popolare progressista che sembrava indistruttibile. Nessuno avrebbe mai pensato che tutto questo poteva venire vanificato nell’unico modo possibile: l’autodistruzione. E così fu, gli stracci rosssi portati al collo e sventolati per decenni sono stati sostituiti da capelli verdi, blu, viola, anelli al naso, teste rapate ed odiosi tatuaggi che ricoprono corpi altrettanto odiosi e feroci, coperti da vestiti che non tali ma una truffa ai danni del buonsenso e del buongusto. Il tutto condito da manganelli neri che colpiscono lavoratori, studenti, rom, immigrati e qualche comunista ancora rimasto, in un orgia di falsa democrazia che nasconde una feroce dittatura che genera esseri mostruosi, schiavi incoscenti che si pensano liberi, i migliori per gli oppressori. Tutto questo nessuno ce lo racconta, ci viene tenuto nascosto, ci raccontano piuttosto di malcapitati “paesi canaglia”, in realtà gli ultimi ancora liberi che di colpo finiscono sotto le luci della propaganda per poi finire sotto le bombe intelligenti buttate da democratici aerei senza pilota che distruggono culture millenarie ed ammazzano centinaia di migliaia di poveri innocenti colpevoli di vivere in luoghi strategici e di non consumare quello che i ricchi vogliono che si consumi. Ci raccontano di dissidenti cubani che non esistono se non nelle liste a pagamento della CIA, di comunisti che ancora mangiano bambini e di estremisti islamici diventati, a seconda delle necessità del momento, terroristi o vittime del terrorismo. E nessuno, dico nessuno dei giornalisti “democratici”, che faccia il lavoro per cui viene pagato, cioè informare. Ma questo ha la sua spiegazione logica, i padroni mica li pagano per informare, bensì per disinformare e fare propaganda contro chi ancora ha mantenuto la schiena dritta e si oppone alla tragicità dei nostri tempi che vedono i potentati economici impossessarsi anche della politica in maniera totalitaria, Altro che il “totalitarismo sovietico”, quello aveva liberato gli schiavi, questo ci riporta ai tempi più bui dello schiavismo . E se qualche giornalista volesse dissentire, carriera finita. Casi di dissenso ce ne sono ben pochi, la nostra classe giornalistica è una delle più vili che mente ricordi, nemmeno sui giornali “comunisti” si prova a raccontare un po’ di verità che non sia accondiscendente alla logica del profitto. Qualcuno si ricorda di Fulvio Grimaldi quando faceva l’inviato RAI accompagnato dal fedele cagnolino Nando? Lui ci aveva provato a dissentire, lo hanno subito messo a tacere, perfino sui giornali comunisti. Ora può dissentire solo sul suo blog, almeno fino a quando lo leggeranno in pochi perché in caso contrario anche quello gli verrà chiuso, nella nostra falsa democrazia uno mica può scrivere quello vuole senza pensarla come la pensano i padroni…. Ora tutto è stato messo al suo posto, o quasi, mancano solo pochi tasselli: la Siria, l’Iran, la Corea del Nord, Cuba e qualche paese latinoamericano sulla cattiva strada, poi bisognerà solo pensare a mantenere lo status quò. Ora a chi glie ne importa più del calibro? Provate a regalarne uno ai vostri figli, ve lo tirano in testa! Poi vi rubano i soldi per comprarsi l’ultimo modello di celluare o di hiPhon che, costruito con la rapina ai danni di coloro che costringiamo ad emigrare per poi affondarli al largo delle nostre coste, dopo pochi giorni già non è più l’ultimo. Ma io i miei due calibri, quello che ho costruito e quello sovietico, me li tengo ben stretti, visti i tempi tristi che viviamo è probabile che tutto quanto costruto in una vita di lavoro lo debba sacrificare per comprarmi cibo e medicine ed i due calibri saranno forse l’unica eredità che lascerò a figli e nipoti. Anche perché non ho mai imparato a costruire un cellulare od un hiPhon e non credo che ne esistano in commercio con la scritta CCCP al posto della marca…. Al massimo qualcuno made in Russia, costruito da un’azienda rubata allo stato che sfrutta dei giovani dipendenti con orecchini, teste rapate e tatuaggi. Giovani che non sanno che una volta esistevano le scuole e gli ospedali pubblici, la cassa mutua e la pensione, poveri cristi che si pensano liberi, inconsapevoli che gli hanno rubato pure la memoria e che ai tempi dell’URSS quelli come loro costruivano dei calibri di grande qualità nelle fabbriche dello stato, senza padroni. E chissà quali meraviglie evrebbero continuato a costruire se non fossero stati traditi da dei filibustieri senza scrupoli venduti agli interessi dei grandi capitali internazionali….

1.8.13

Berlusconi condannato? La farsa della giustizia dei potenti.

Ho ascoltato in tv i commenti sulla sentenza che ha condannato Berlusconi e mi viene il voltastomaco, sia chi difende Berlusconi che chi gode per la condanna non ha capito o fa finta di non capire quanto la situazione sia ridicola. Berlusconi è stato condannato a 4 anni di reclusione per un crimine gravissimo, pena che tutti sanno che non sconterà mai, quello che invece non viene recepito è che l'unica pena che avrebbe avuto una certa efficacia era quella accessoria, cioè l'interdizione dai pubblici uffici che l'avrebbe estromesso definitivamente dalla politica e reso molto più vulnerabile di quanto non lo sia ora. Non a caso la sentenza annulla questa condanna e la Corte Costituzionale lo ha fatto in maniera scientifica portando a termine un iter teso a salvare il cavaliere iniziato, senza che nessuno se ne sia accorto, quando è stata emessa la sentenza di secondo grado. In quella sentenza si è volutamente data la possibilità di salvare Berlusconi dall'interdizione, infatti la sentenza di secondo grado ha condannato Berlusconi a 5 anni di interdizione ben sapendo che questo sarebbe servito per rendere inefficace tale condanna e non a caso in Cassazione è stata addirittura l'accusa a chiedere la riduzione di questa pena perché non corrispondente al minimo di uno e massimo di tre anni come definito dal codice dando ai giudici la possibilità di annullare quella che per Berlusconi era la condanna più temuta perché, contrariamente alla condanna al carcere che non avrà nessuna efficacia pratica, sarebbe diventata un macigno invalicabile per il proseguimento della sua carriera politica, e non solo. Ora che questa mega-truffa messa in atto per salvare in pratica il cavaliere sia passata inosservata ai nostri mega-giornalisti, mi sembra a dir poco raccapricciante e dimostra una volta di più come il nostro paese sia finito in fondo alle classifiche per quanto riguarda il rispetto della legge. Chi pensava che giustizia fosse fatta è servito, il potere continua a perseguire i perseguitati non i persecutori!

13.6.13

URBANO CAIRO, il Berlusconi torinese


Telecom, in sordina, ha venduto La7, l'ha comprata Urbano Cairo. Chi è costui? Un torinese che sta replicando a Torino le gesta del Cavaliere. Come il suo maestro milanese, Cairo è un editore e Presidente della locale squadra di calcio. Cairo ha iniziato la carriera come collaboratore di Berlusconi, poi si è messo in proprio scimmiottando a Torino le gesta con le quali Berlusconi ha fatto carriera a Milano. Cairo è l'editore dei peggiori giornali italiani, quelli che raccontano al popolino le gesta dei VIP (Vigliacchi, Idioti e Puttanieri) che sono settimanali popolari come DiPiù, Effe, Settimanale nuovo, Diva e Donna. Tanto letto quest'ultimo al punto di avere una tiratura di 1.850.000 copie! E con questo uno si spiega facilmente quali sono le cause dell'idiozia dilagante del Belpaese.
Intanto il neo-proprietario ha già iniziato il lavoro, per prima cosa, ovviamente, tagli al personale e regali milionari ai manager e si parla dell'intenzione di ridimensionare, se non eliminare, trasmissioni storiche come quella di Michele Santoro. Cosa diventerà La7 per ora nessuno lo sa ma, possiamo starne certi, la svendita della rete da parte di Telecom Italia parla chiaro, se l'emittente continuerà nel suo tentativo di diventare il terzo polo dell'emittenza, lo farà non per fare concorrenza ai canali della Rai e di Berlusconi, al contrario, sarà al loro fianco nell'opera di distruzione di quel poco di utile che ancora esiste nel nostro sistema informativo.
Morale della favola: presto Berlusconi ci lascerà, finirà in carcere prima o poi, o tirerà le cuoia portandosi nella tomba la plastica che lo tiene insieme. Però il popolo può stare tranquillo, c'è già chi continuerà a raccontare favole ed a rincoglionirli. Ed avrà la strada ancora più in discesa perché il Cavaliere puttaniere, almeno all'inizio, aveva qualche giornalista con la schiena dritta che lo contrastava ed ha dovuto lavorare un po per farsi la sua clientela di idioti, questo, invece, si trova bell'e pronta un'enorme schiera di seguaci già perfettamente ammaestrati.
Ricordatevi il suo nome, Urbano Roberto Cairo. Sentiremo presto parlare di lui.

24.5.13

La deriva sindacale

L'altra sera in Tv il Segretario della Fiom-CGIL, Giorgio Cremaschi ha sostenuto davanti al Segretario Generale della CISL, Raffaele Bonanni che il sindacato ha fallito nella sua missione di difendere i diritti dei lavoratori. Bonanni ci ha riso sopra ma forse farebbe bene a riflettere, le parole di Cremaschi dovrebbero esere prese molto sul serio. Qui sotto riporto un articolo di Maurizio Clerici apparso sull'Unità, parla anche di Bonanni e delle sue relazioni pericolose. Lo ripeto, Cremaschi ha detto delle sacrosante verità, la deriva sindacale è sotto gli occhi di tutti, anche del sottoscritto che non ha mai militato nel sindacato ed ha sempre svolto la libera professione. I fatti sono fatti, basta saperli leggere e non farseli leggere da pennivendoli venduti per quattro denari.

Maurizio Chierici: CHAVEZ è UN ASSASSINO?

La Confederazione Internazionale Sindacale informa che nel 2006 in Colombia sono stati assassinati 76 sindacalisti. Ma la Colombia è lontana, e per di più allineata al liberismo duro: insomma, non fa notizia. Stiamo perdendo di vista cosa succede nei posti lontani. Ci tormentano altri pensieri e altre grida. Solo i ragazzi e qualche intellettuale resistono nel voler sapere, ma da chi lo vengono a sapere ? Anche gli americani soffrono della stessa amnesia mentre il dollaro precipita, mutui casa allo sbando. Un’inchiesta pubblicata a Washington precisa l’oblio. Il nome dei governanti dei paesi latino americani restano sconosciuti. Il più ricordato è naturalmente Fidel Castro anche se appena il 51 per cento degli informati non ha saputo rispondere alla domanda se era vivo oppure morto. Adesso che l’hanno visto in Tv, qualche certezza in più. 49 americani su cento conoscono Chavez, presidente del Venezuela, con gli aggettivi che ne accompagnano le sue gesta sul piatto della cena davanti alla Tv: <>. Calderon governa il Messico ed è noto al 21 per cento del campione intervistato: <>. Nel sonno del Mid West prevale il silenzio. Stranezza in un paese dove gli affari sono importanti ed il Messico fa parte del Nafta, mercato comune che lo unisce a Stati Uniti e Canada. Come se gli italiani non avessero mai sentito parlare di Zapatero o Sarkozy. Anche l’ Italia pensa ad altre cose. Dopo il disimpegno dei cinque anni berlusconiani e nessun ministro che attraversava il mare ( con l’eccezione del senza portafoglio, emigrante Tremaglia ), l’evoluzione politica resta confusa. Oltre agli affari, quasi niente. Pescandoi nei ricordi: nel 1984, mentre il Nicaragua poverissimo si dissanguava nella guerra scatenata dai contras finanziati con triangolazioni oscure ( Oliver North e Irangate ) dagli Stati Uniti di Reagan, a Managua arriva la notizia che il ministro degli esteri Andreotti lascia l’assemblea Onu di New York per un breve soggiorno in Costa Rica, accompagnato da Lamberto Dini in quel momento in bella luce nella banca d’ Italia. I giornalisti che raccontano l’agonia di un popolo stremato, volano da Managua in Costa Rica dove l’ambasciatore del Nicaragua a Roma è lì che aspetta con una lettera per il nostro ministro degli esteri. Spera nella mediazione italiana per frenare i massacri. L’ambasciatore distribuisce la lettera ai giornalisti dopo averla consegnata ad Andreotti. Ma la conferenza stampa è una delusione. Italo Moretti ( Tg2 ), Franco Catucci ( Tg1 ) e tutti gli altri, vogliono sapere dal ministro se la sua presenza autorizza questa speranza: <>. Ironia di un politico ironico. Forse aveva dimenticato la lettera in camera. Non se n’é fatto niente anche perché Andreotti e Dini si trovavano a Mangua per un impegno più importante: inaugurare il supermercato Duemila aperto da Donatella Pasquali Zingone, vedova del magnate bergamasco rifugiato nel paradiso fiscale centro americano, inseguito da una bancarotta fraudolenta. Supermercato costruito anche con fondi italiani, regolarmente aggiudicati appena il Costarica, Svizzera tropicale, si è dichiarato paese sottosviluppato. Allora si diceva così. E alla Svizzera in miniatura Roma aveva attribuito quasi un terzo degli aiuti desinati al terzo mondo con salomonica divisione fra imprenditori di ispirazione democristiana e socialista. Il figlio di Edda Ciano produceva scarpe in conto socialdemocratico. Africa, Asia e chi viveva nelle favelas doveva portare pazienza. La visita a San Josè diventa più o meno l’annuncio del matrimonio tra Dini e la signora del supermercato, donna d’affari gentile e abile nel maneggiare il potere: fabbriche, isole off shores, e il settimanale – Panorama latino – distribuito in America Centrale. Potenza del gruppo Z. Storie dell’altro ieri. Ecco la storia di qualche anno dopo. Roberto Marinho, editore e proprietario della Rede Globo, monopolio brasiliano, vuole allargarsi all’Europa. Compra Telemontecarlo ed essendo i socialisti trincerati nell’alleanza imperforabile Berlusconi- Craxi, si affida alla protezione della Democrazia Cristiana di De Mita. Pony tra De Mita e Marinho, Clemente Mastella. Racconta Marinho: <>. Vuol sapere come mai Mastella odiava tanto Berlusconi. >. Era il 1996. Mastella e Casini ne appoggiavano il governo. Lo racconto al dottor Marinho che sbalordisce, mentre il figlio Roberto junior sospira: <>.Storie di ieri, l’ Italia è cambiata. Teleselezione, satelliti Tv, computer: si sa tutto di tutti. Il ministro D’Alema e il sottosegretario Donato Di Santo vanno e vengono dal continente latino: Cile, Brasile, Argentina, Venezuela. Messico. Amicizie con Lula, Lagos, la Bachelet. Non pacche sulla spalla o corna alle spalle mentre lampeggia la foto. Ne discutono i problemi derivandone analisi realistiche. Insomma, a loro non può succedere, eppure ad altri è successo. Niente supermarket e Tv, ma gli approcci del turismo politico continuano. Scopro in ritardo il racconto del viaggio in Venezuela di Raffaele Bonanni, segretario nazionale della Cisl: una sorpresa. Perché Bonnani è sindacalista che viene dalla gavetta dura. Ha una visione concreta della realtà. Sa cosa vogliono dire emarginazione e fatica. Tessera Cgil che diventa Cisl nel 1972. Manovale in un cantiere della Val di Sangro, va nella Sicilia anni ’80 difficile per chiunque, soprattutto per chi vuol smontare le infiltrazioni mafiose nelle opere pubbliche. Impegno che lo abitua alla tenacia e alla pignoleria. Un anno fa succede a Pezzotta con l’esperienza di chi ha affrontato le ingiustizie spalla a spalla con la gente. Non discuto il suo giudizio su Chavez: le conclusioni possono essere diverse, dipende anche dal controllo delle informazioni che le determinano. La meraviglia è dove Bonnani racconta di aver raccolto queste informazioni. Non nella Caracas delle baracche o nei cantieri dove la gente lavora con paghe regolate dopo 40 anni da leggi antisfruttamento. Non ha ascoltato intellettuali indipendenti, divisi tra l’opposizione e l’appoggio a Chavez. Stando al racconto della <>, ha guardato il Venezuela da Chacao, uno dei municipi nelle mani dell’antichavismo radicale liberamente tutelato da una polizia diversa da quella di stato. Lo abita una popolazione agiata. In passato ha affidato il futuro politico a Irtene Saenz, miss Universo. Ecco la prima deformazione: é come raccontare il problema dell’immigrazione straniera in Italia parlando col Gentilini di Treviso il quale non vuole che gli extra si siedano sulle panchine. <>. Otto ani prima – racconta Bonanni – avevo visitato il Venezuela viaggiando anche nell’interno. Adesso ha raccolto segnali <>. Traduco: squadre della morte agli ordini di Chavez. Forse gli amici non lo hanno informato che otto anni fa, governo del presidente socialcristiano Caldera, ogni fine settimana Caracas contava 215 omicidi. Si sparava per rubare un paio di scarpe. Oggi sono 137, la tragedia continua, ma perché solo adesso spaventa ? Interpretando la visione di Bonanni i giornalisti che vanno a dormire nel vecchio Hilton, centro città, e frequentano le librerie e i teatri attorno i viaggiano in metropolitana dove se hanno compiuto 60 anni viaggiano gratis, devono essere kamikaze irresponsabili. Con Chavez al potere, il Corriere della Sera ha scelto l’Hilton per festeggiare l’uscita del giornale stampato e distribuito in Venezuela. Ferruccio De Bortoli ed Enzo Biagi camminavano senza trasalimenti non sapendo ( gli sventati ) di attraversare le rovine di Bagdad. Non so cosa ha imparato Bonnani nell’incontro <>, ma è sicuro che il sindacato al quale ha prestato orecchio è quello dei <> della Cisl, la Cvt di Manuel Cova. Il suo leader storico, Carlos Ortega, viene definito <> per aver sostenuto la <> a Chavez.. Forse Bonanni è stato informato in fretta. Carlos Ortega, baffi e stazza da peso massimo, ha una storia più complicata. Per Ortega, sindacato voleva dire potere e petrolio. Negli anni delle democrazie disfatte dalla corruzione, il 20-23 per cento del petrolio pompato dal quinto produttore del mondo, spariva senza passare dogana. Non si sapeva dove andava, chi pagava e chi intascava. Sul traffico vigilava un’ala della Ctv che è riuscita ad eleggere Ortega presidente, in quanto raccordo tra la petroliera venezuelana ( Pdvsa ) e i protagonisti del colpo di stato 2002. Votazione fraudolenta, accusa Alfredo Ramos, altro leader Ctv. Metà delle schede sparite, se ne va. Quando Pedro Carmona, presidente degli industriali, annuncia la presa di potere raccogliendo davanti a RadioTvCaracas ( la Tv che ha perso le frequenze di stato e va in onda col satellite ) militari, imprenditori, il vescovo primate, il nunzio apostolico e l’ ambasciatore americano, un po’ a lato dai supportes di peso, spuntano Carlo Ortega e Manuel Cova. Hanno appoggiato il golpe ma sono delusi malgrado Chavez sia prigioniero: il nuovo presidente li ha esclusi dal governo. Ecco l’idea di abbattere il Chavez risorto <>: lo proclama Ortega a Miami nel dicembre 2002 quando lo sciopero è cominciato e il blocco del petrolio precipita per 62 giorni il paese nel caos. Economia distrutta, ma Chavez sopravvive per la seconda volta e Ortega si rifugia nell’ambasciata del Costa Rica: asilo politico. Emigra a San Josè dove vive l’esilio un vecchio amico, Jaime Lusinchi, ex presidente socialdemocratico travolto dalla corruzione. Si ferma fino al 2004 e poi rivuole il passaporto. Perché ? curiosità burocrati del Costarica. I verbali ne contemplano la risposta: <>. Sparisce per un anno e la sua insurrezione si conclude in una sala bingo di Caracas dopo il fallimento della rivolta petrolifera: lo pescano con due ragazze. Come il Gelli P2 fuggito dal carcere svizzero, anche Ortega si è fatto crescere baffi diventati nerissimi. Arrestato, processato, condannato a 15 anni, scappa da una prigione superprotetta. Ancora non si sa come. Rispunta dieci giorni fa a Lima dove il presidente peruviano Alan Garcia gli ha concesso il secondo asilo. Con quali soldi Ortega viaggia, paga avvocati, affitta belle case, nutre la dolce vita con le ragazze ? Il mistero continua. Ecco perché spiace che un sindacalista serio come Bonanni non abbia approfondito la sostanza morale degli amici di una Ctv ormai ridotta a niente. Chi davvero si interessa dei lavoratori ha preso le distanze da Ortega. Di Chavez si può dire tutto ed è giusto scriverlo quando provato: vorrei che Bonanni spiegasse chi gli ha raccontato del pantheon dove il <> avrebbe infilato Marx, Mussolini e Gesù, uno di fianco all’altro. Nessuno lo ha mai visto. <>. Scriverà alla confederazione sindacale mondiale dissotterrando la storia nera nascosta dal regime. Con le prove affidategli dalla Ctv. Finalmente sapremo e Chavez dovrà rispondere. Ma se le storie fossero di carta, immagino che Bonanni forse si pentirà di aver osservato il <> seduto attorno ad un campo da golf.mchierici2@libero.itCortesia dell'Unità

COME SUPERARE LA FINTA CRISI


La crisi economica, o meglio, la finta crisi imposta dai potenti per saccheggiare fino all'osso i popoli dell'intero pianeta, può essere superata solo se si individuane le vere cause che l'hanno creata e si trovano soluzioni radicali realmente efficaci. Sulle cause non serve scervellarsi più di tanto, si tratta delle conseguenze delle politiche neoliberali imposte agli stati dagli organismi internazionali al servizio dei grandi capitali trasnazionali e delle oligarchie locali. Le soluzioni non possono che passare per la nazionalizzazione dei settori strategici dell'economia che deve tornare ad essere contrallata dallo Stato per gli interessi di tutta la collettività. Chiunque sia dotato di un minimo di razionalità può rendersi conto che le disgrazie del nostro paese sono iniziate proprio con le privatizzazioni. La scelta scellerata di svendere i gioielli dello Stato ai privati è la conseguenza della sottomissione della politica ai diktat imposti dopo la cosiddetta "caduta del comunismo", [La prospettiva delle privatizzazioni in Italia fu discussa a bordo dello Yacht reale Britannia, il 2 giugno 1992. L'incontro, avvenuto in acque italiane, divenne famoso, tra l'altro, per quella che sarebbe stata secondo alcuni, la pianificazione della svendita dell'industria italiana. La nave attraccò al porto di Civitavecchia facendo poi rotta lungo la costa dell'Argentario. Alla riunione parteciparono, oltre ad alcuni banchieri inglesi, anche un gruppo di manager ed economisti italiani: Mario Draghi, Direttore Generale del Ministro del Tesoro, Herman van der Wyck, Presidente Banca Warburg, Lorenzo Pallesi, Presidente INA Assitalia, Jeremy Seddon, Direttore Esecutivo Barclays de Zoete Wedd, Innocenzo Cipolletta, Direttore Generale di Confindustria, Giovanni Bazoli, Presidente Banco Antonveneto, Gabriele Cagliari, Presidente ENI, Luigi Spaventa. (da Wikipedia)] le conseguenze di questo enorme furto ai danni del popolo italiano sono: licenziamenti in massa, precarizzazione dei lavoratori, bassi salari quindi bassi consumi, crisi dei settori produttivi, calo delle entrate dello stato che si vede costretto a reperire fondi con aumento delle tasse e tagli ai servizi sociali, disgregazione sociale, impoverimento dei ceti medi, dei lavoratori e dei pensionati,  e la tremenda crisi economica nella quale ci dibattiamo.
Giornali e tv con i loro editoriali e talk-show, spendono la maggior parte dei loro spazi a dibattere sulla crisi e sulle possibili soluzioni, tutti gli invitati, politici, economisti, giornalisti, specialisti di ogni specie, parlano di teorie astratte come se vivessero in un altro mondo e prefigurano soluzioni che sono le stesse delle cause che hanno creato il disastro. Possibile che tutti questi sapientoni siano tanto idioti da non sapere le vere, semplici cause che ci hanno portato a questo vergognoso stato di cose?
Da libertario ritengo che l'unica soluzione sarebbe quella dell'autogestione ma di questi tempi per uscire dalla crisi ci si potrebbe accontentare del ritorno delle Stato alle sue vere funzioni. Lo Stato, che nell'epoca del liberismo è diventato unicamente uno strumento in mano ai padroni che si sono appropriati delle ricchezze collettive, deve tornare a regolare l'economia, redistribuire il reddito e garantire i diritti basilari a tutti i cittadini. Per fare questo bisogna liberarsi dei partiti e dei mezzi di informazione che sono i più formidabili strumenti di dominio delle oligarchie e della borghesia padrona. Ogni comunità scelga direttamente i propri rappresentanti, il Parlamento, se non per occasioni straordinarie, si riunisca solo due volte all'anno, la prima per discutere, modificare ed approvare i programmi dei Ministeri, la seconda per verificarne l'efficacia e se del caso destituire i Ministri incapaci. Questa è l'unica vera ed efficace semplificazione necessaria, oltre a ridisegnare la mappa degli Enti Locali che sono diventati dei centri di potere e corruzione inaccettabile. Invece di eliminare le Province sarebbe il caso di eliminare quel pozzo senza fondo, fonte della più grande corruttela clientelare, che sono le Regioni mentre le Provincie dovrebbero sostituire le funzioni dei Comuni che diventerebbero inutili.

14.3.13

FINALMENTE UN PAPA LATINOAMERICANO! MA PUZZA DI BEFFA.




L’elezione del nuovo Pontefice sta mandando in visibilio anche il popolo della sinistra, o quello che ne è rimasto. In rete si esulta, i miei amici di Facebook, quasi tutti di sinistra, si sentono sollevati: il Conclave ha finalmente dato voce agli sfruttati del continente latino in lotta per la seconda definitiva liberazione. Ma le cose stanno veramente così? Veramente la Chiesa ha deciso di voltare pagina e di mettersi al servizio degli ultimi?
Forse sarebbe il caso di mettere da parte l’emotività e dare spazio alla ragione. Che il Vaticano intenda veramente lasciarsi alle spalle la sua posizione di potere acquisita nei secoli non pare assolutamente plausibile, e lo è ancora meno se si legge la storia tutt’altro che brillante del neo-eletto che con i movimenti di liberazione non ha mai avuto nulla a che fare, al contrario si è sempre distinto per il suo sostegno alle oligarchie criminali che hanno messo in ginocchio quegli sfortunati paesi.
In Sudamerica da anni è in atto un vero cambio politico, economico e sociale che sta coinvolgendo sempre più le masse diseredate del Continente sotto l’impulso di politici coraggiosi che hanno sfidato le oligarchie interne e le minacce dell’imperialismo USA per mettere in atto politiche sociali includenti che non hanno precedenti nella storia latinoamericana. Ugo Chàvez, Evo Morales e Rafael Correa insieme ai più moderati, Lula da Silva, Nestor Kirchner e Cristina Fernandez, Pepe Mujica, Daniel Ortega e gli estromessi Manuel Zelaya e Fernando Lugo, hanno denunciato al mondo intero le trame imperialiste ed hanno messo in atto politiche di nazionalizzazione delle risorse che hanno dato slancio all’economia permettendo investimenti in politiche sociali fino ad ora impensabili. L’imperialismo USA ed i suoi vassalli europei, impegnati in altre latitudini, si sono resi conto troppo tardi dell’inarrestabile ascesa di Hugo Chàvez in Venezuela ed i tentativi per destabilizzarlo sono stati vanificati oltre che dalle indubbie qualità di Chàvez, anche dall’incapacità delle becere oligarchie locali. Quando si sono resi conto che la probabile dipartita, molto probabilmente provocata, del Comandante Presidente venezuelano anziché un’opportunità si sarebbe trasformata in un boomerang, agli strateghi del Pentagono non è rimasto altro che attingere all’unica risorsa a loro disposizione per domare la pulsante ribellione bolivariana che senza alcuna riverenza ha sfidato la potenza nordamericana alleandosi senza se e senza ma alla Cuba rivoluzionaria e castrista ed alle altre nazioni disubbedienti. Si è reso perciò necessaria la collaborazione della Chiesa cattolica come avvenne ai tempi della distruzione dell’Unione Sovietica e dei paesi socialisti dell’Est europeo. Per raggiungere lo scopo serviva un Papa diverso da quello sommerso dagli scandali e dai conflitti interni al Vaticano, bisognava un cambio rapido ed efficace, la destituzione di Ratzingher e l’elezione di un personaggio influente nell’area, un personaggio capace di influenzare le masse cattoliche che sostengono i governi progressisti e creare al loro interno una insanabile spaccatura che porti alla fine di quelle politiche coraggiose che stanno portando quei popoli fuori dal controllo di Washington e dei suoi alleati. Il nuovo Papa risponde perfettamente alle esigenze, la sua storia parla molto chiaro e la sua fama di “Papa dei poveri” risulterà devastante.
A questo punto non bisogna assolutamente cadere nella trappola in cui è caduta la sinistra europea ai tempi di Woytila, serve recuperare lo spirito critico e guardare in faccia la realtà anche se sembra allucinante. La Chiesa e la religione in latinoamerica hanno un potere devastante che non sarà facile da contrastare, Chàvez, Evo e Correa hanno formato milioni di combattenti per l’autonomia, l’indipendenza e la libertà ma se ne sono guardati bene dal mettere in discussione la fede religiosa di quelle popolazioni, anche se i loro governi godono di un buon sostegno popolare, non sono tali da reggere un conflitto con la devastante capacità della religione di influenzare il pensiero dei credenti. Aver portato milioni di credenti verso le idee progressiste è stato sicuramente un grande risultato, mantenerle unite quando i massimi vertici della Chiesa decidono di usare il proprio potere per discreditare il potere politico sara ancora più difficile e forse impossibile.
Trovare una strategia valida ad esorcizzare questa ingerenza sarà il duro compito dei governanti progressisti latinoamericani, ancora una volta sarà necessario uno spirito unitario che vada ben oltre le ovvie diversità ideologiche e culturali per formare un fronte sempre più unito in grado di affrontare l’aggressione. Dalla loro capacità di individuare il pericolo e di affrontarlo dipende il futuro di quei paesi e non solo, perché nel contesto internazionale in cui stiamo vivendo, l’esperienza della ribellione latinoamericana è ormai l’unica speranza che può salvare il pianeta dalla cultura di morte imposta dal capitalismo imperialista.
A tutti noi il compito di risvegliare ed allertare le menti assopite dei progressisti e dei popoli europei che necessitano come mai di una rivoluzione simile a quelle in atto in Latinoamerica.
Buon lavoro a tutti.







16.1.13

LE ALTERNATIVE ALLA CRISI

La mancanza di tempo mi impedisce di sviluppare un discorso che ritengo necessario sulle cause della crisi che stiamo vivendo e sulle posssibili soluzioni. Ho letto sul Granma, organo ufficiale del Partito Comunista Cubano del 21 dicembre scorso, questo articolo tratto dalla Fondazione Sur, l’ho trovato molto interessante, ho deciso di tradurlo e lo metto in rete perché gli interessati ne beneficino. LE ALTERNATIVE ALLA CRISI ESISTONO Le alternative non saranno rapide ne facili, però sono possibili e necessarie. La questione fondamentale consiste nel fatto se vogliamo veramente svegliarci e superare questa crisi o preferiamo continuare ad essere schiavi del sistema imposto da una minoranza. I fatti sono devastanti per due terzi dell’umanità. Nel mondo 60 mila persone muoiono ogni giorno per fame o per insufficienze vitali, mentre ogni giorno si spendono quattro mila milioni di dollari in armamenti. La ragione per la quale ogni giorno solamente la fame uccide 35 mila persone non è solo la crisi finanziaria, ma ancor più la cupidigia e l’irresponsabilità dei suoi propietari e dirigenti. Secondo quanto informa l’ONU sulllo sviluppo umano, un bambino che nasce in Norvegia ha una speranza di vita di 81,1 anni. Se nasce nella Repubblica Democratica del Congo la sua aspettativa si riduce a 48, 4 anni. I meccanismi che funzionano male nella società non sono solo i problemi economici, si pensi che ogni giorno nei mercati di cambio circolano circa quattro milioni di milioni di dollari sui quali non si pagano imposte. Esiste un grande vuoto di valori ed una concentrazione di potere in pochissime mani che permettono ai responsabili di nasconderne gli effetti reali. I direttivi finanziari del mondo priorizzano il beneficio ed il lucro alle necessità degli esseri umani. Per questo in Spagna esistono 3,1 milioni di case vuote, come dire: cento inutilizzate per ogni persona che non ha casa. Se vogliamo promuovere una società più umana, abbiamo bisogno di un altro modo di produrre e di consumare, insieme ad altri valori. Per soddisfare il livello di produzione e consumi attuali di beni e servizi abbiamo bisogno di quasi 35 Spagne. Questo stile di vita, di economia e politica è insostenibile. Un altro mondo è possibile e necessario. I cambi sociali hanno empre bisogno di educazione, forza sociale, l’impegno politico dei cittadini, idee e volontà per renderle effettive, decisione ed un progetto capace di attirare e motivare le maggioranze. L’economia imposta dagli imperi finanziari ha fatto dell’accumulazione il motore del suo progresso. La nostra società di consumo iilimitato costruisce granai sempre più grandi, non per coprire le necessità delle persone, bensì per tenerle sotto controllo. Il lucro non aggiunge anni di vita, ne vita e felicità agli anni. Senza dubbi il lucro si è convertito nel “tesoro” accarezzato da tutti. Si confonde il denaro con i valori, e la ricchezza con la felicità. Secondo l’Università di Leicester (Regno Unito) , il piccolo paese di Butan nella cordigliera dell’Himalaya, con un PIL sei volte inferiore a quello spagnolo, occupa l’ottavo posto dei paesi più felici del mondo. L’arricchimento di pochi non finisce per beneficiare tutti, come afferma il neoliberismo economico. Esistono necessità basilari, come abitazione, lavoro, salute, educazione, che devo essere sempre garantite per tutta la famiglia umana, anche se non danno maggiori benefici di altri. In una famiglia, quelli che hanno maggiori risorse non li investono a proprio vantaggio ma a favore dei membri più bisognosi. Se vogliamo il cambiamento, dobbiamo essere questo cambiamento. (Tradotto da Fundaciòn Sur)

LA PROPAGANDA MEDIATICA

LA PROPAGANDA MEDIATICA Il 9 aprile 2003 il mondo intero ha assistito commosso alla diffusione delle immagini di giubilo popolare quando la statua di Saddam Hussein venne abbattuta a Bagdad. Gli iracheni gioivano per la fine della tirannia e la riconquistata libertà. Peccato che le immagini fossero false, in reltà gli iracheni non stavano in piazza a festeggiare la democrazia generosamente regalata dagli eroici marines, al contrario, stavano nascosti per evitare le torture ed il terrore che le truppe formate da idioti giovanotti reclutati tra la miseria nordamericana, stavano portando nel paese più laico, indipendente ed autonomo dell’area mediorientale. Gli “eroici” marines che hanno acceso le nostre fantasie in migliaia di pellicole propagandistiche, eranno gli stessi che al ritorno in patria, incapaci di sopportare le conseguenze psicologiche delle loro gesta criminali, avrebbero dato vita ad una serie impressionante di suicidi. Il 10 marzo 2 000 il quotidiano USA Today pubblicò , a firma di Jack Kelly, la storia di Jaqueline, una cubana impiegata d’hotel, fuggita dal suo paese su una zattera. Secondo il raccondo del giornalista, la povera Jaqueline affogò tragicamente durante la traversata verso la libertà. In realtà la donna si chiama Yamilet Fernandez ed è tuttora viva e vegeta e fu solamente una delle tante vittime della criminale campagna mediatica messa in piedi dal governo statunitense per denigrare l’unico paese libero del latinoamerica, campagna propagandistica che è costata la vita a molti cubani e cubane caduti nelle trappole tese da coloro che violano tutti gli accordi migratori stipulati tra il governo cubano, che pretende un’emigrazione libera, legale e sicura, e quello yankee che non rispetta gli accordi, impedisce l’emigrazione legale e stimola quella illegale per poterla utilizzare per la sporca e criminale propaganda imperialista. Non importano le vite spezzate e l’enorme sofferenza inferta alle famiglie ed all’intero popolo cubano. Grazie a queste politiche criminali ed agli eroici giornalisti della “libera stampa”, le masse idiotizzate del mondo “libero” si commuovono per le vittime, vere o presunte, della “feroce dittatura castrista”. Quelli sopra esposti sono solo due episodi eclatanti della quotidiana e massiccia propaganda messa in atto da un pugno di multimilionari criminali che dominano il mondo, a cominciare dal paese più ricco del pianeta dove il potere politico, Presidente in testa, vale meno del due di picche. Le menzogne dei media al servizio degli interessi delle oligarchie nazionali ed internazionali, è una pratica inaccettabile che dovrebbe far riflettere tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’informazione e della verità. Le conseguenze di questa pratica sono tragiche e sotto gli occhi di tutti coloro che hanno conservato lun minimo di dignità e capacità critica. Si creano ad arte mostri e dittatori, si condannano intere popolazioni che vengono agredite e sottomesse agli interessi di coloro che si arricchiscono sfruttando il lavoro e le ricchezze dei popoli. Si confonde la comunicazione con l’informazione, si pubblicano articoli di adulazione a favore delle imprese e dei magnati proprietari dei media, si concentrano le testate in maniera monopolistica e si assite ad una vergognoso concubinato tra giornalisti e politici, entrambi al servizio degli stessi potentati. Con il passare del tempo la situazione si fa sempre più drammatica, se prima i giornali vendevano informazioni più o meno di parte ai lettori, ora vendono consumatori alle imprese. Non importa che le vendite calano, che i giornalisti siano sempre meno tutelati, più sfruttati e licenziati. Tra il 2 003 ed il 2 008 la diffusione mondiale dei quotidiani si è ridotta del 7,9 % in Europa e del 10,6 in America del Nord. Solo negli Stati Uniti sono scomparsi 120 giornali e si sono persi 25 mila posti di lavoro. Il Financial Times paga i suoi redattori solo tre giorni la settimana e la diffusione della stampa scritta continua a cadere ad un ritmo del 10 % all’anno. Quello che è rimasto della gloriosa stampa scritta è solamente la propaganda al servizio degli interessi di pochi, ai consumatori si vende di tutto, guerra compresa. Se vogliamo tutelare l’umanità e l’ambiente in cui viviamo, dobbiamo mettere fine alla massiccia propaganda mediatica dei padroni. Per fare questo non c’è altro modo che togliere loro gli strumenti che utilizzano: il potere politico e quello economico. Per raggiungere P.S. Sempre più frequentemente mi viene segnalato che alcuni scritti pubblicati in questo e nell’altro mio blog, Viva Cuba!, vengono riportati in altri siti, spesso senza cambiare nemmeno una virgola. Questo fa molto piacere, la rete, tra le altre cose, serve a far circolare notizie ed idee però appropriarsi del lavoro altrui è tutt’altro che edificante. Chi vule rimettere in rete questi scritti lo può fare liberamete, ovviamente un minimo di onestà intellettuale invita a riportarne la fonte.