Fidel Castro: Concetto di Rivoluzione

Revolución
Es sentido del momento histórico;
es cambiar todo lo que debe ser cambiado;
es igualdad y libertad plenas;
es ser tratado y tratar a los demás como seres humanos;
es emanciparnos por nosotros mismos y con nuestros propios esfuerzos;
es desafiar poderosas fuerzas dominantes dentro y fuera del ámbito social y nacional;
es defender valores en los que se cree al precio de cualquier sacrificio;
es modestia, desinterés, altruismo, solidaridad y heroísmo;
es luchar con audacia, inteligencia y realismo;
es no mentir jamás ni violar principios éticos;
es convicción profunda de que no existe fuerza en el mundo capaz de aplastar la fuerza de la verdad y las ideas.
Revolución es unidad, es independencia, es luchar por nuestros sueños de justicia para Cuba y para el mundo, que es la base de nuestro patriotismo, nuestro socialismo y nuestro internacionalismo.

Fidel Castro Ruz (1ro de mayo del 2000)

26.8.09

La nuova Amministrazione USA: come illudere che tutto cambia continuando come e peggio di prima.


La nuova Amministrazione USA: come illudere che tutto cambia continuando come e peggio di prima.
Non ho deciso di abbandonare il blog, mi sono solo permesso una sana pausa. Eccomi di nuovo a scrivere quello che i nostri media “democratici” non dicono, o dicono in maniera distorta. Ma torniamo al tema di questo post.
L’elezione di Barak Obama alla presidenza degli Stati Uniti è stata accolta, in particolare dal mondo progressista, come un evento decisivo che avrebbe dato inizio alla fine delle politiche aggressive che la superpotenza ha accentuato in modo vergognoso dopo la caduta del Muro di Berlino e che durante i due mandati di George W. Bush ha toccato livelli impensabili. L’elezione di Obama ha alimentato molte speranze in tutti coloro che aspirano ad un diverso ordine mondiale, più giusto e rispettoso dell’autonomia, dell’indipendenza e delle necessità di tutti i popoli del pianeta. Dopo quasi otto mesi di Amministrazione Obama anche le persone più ingenue ed ottimiste dovrebbero ricredersi e rendersi conto che le speranze si sono vanificate e che dietro alla bella faccia ed ai bei discorsi si nascondono le politiche di sempre. Come disse con estrema chiarezza Frei Betto, l’intellettuale brasiliano esponente della Teologia della Liberazione ed ex ministro brasiliano, al Presidente Lula appena eletto, “conquistare il governo non significa conquistare il potere”. Niente di più ovvio, soprattutto negli Stati Uniti,  paese capitalista, ultraliberista ed imperialista dove il potere rimane ben saldo nelle mani delle lobby e delle oligarchie, indipendentemente dai Governi e dai Presidenti che si succedono. Che il Presidente sia un goffo ed ignorante reazionario come George W. Bush oppure un progressista fine ed intelligente, colto ed ammaliante come Obama, non cambia nulla nelle strategie di dominio planetario messe in atto dagli strateghi della superpotenza.
Per eliminare qualsiasi possibilità di dubbio su quanto scritto sopra, forse è il caso di fare un breve riassunto degli eventi più importanti che hanno caratterizzato questo inizio di gestione della nuova Amministrazione statunitense. Come tutti sanno, o dovrebbero sapere, Hillary Clinton, che si sentiva già certa di vincere le Primarie del Partito Democratico e di conseguenza la presidenza del paese, dopo la cocente sconfitta mise in atto una strategia di ostilità verso il suo compagno di partito fino al punto di minacciare di non sostenerlo alle elezioni presidenziali. In quel periodo si rumoreggiò che Obama si fece carico dell’immenso debito della Clinton, vari milioni di dollari, e si vide costretto, per ottenere il suo appoggio determinante per conquistare la presidenza, ad offrire all’ex first-lady, non la vice-presidenza come tutti si aspettavano, bensì il posto più ambito, quello della Segreteria di Stato. Vendere una nuova faccia al mondo dopo il disastro di George W. Bush, era fondamentale per la politica del nuovo Presidente, ma è proprio quello il punto più difficile per raggiungere il suo obiettivo, a causa dell’ostilità della signora Clinton e dei suoi consiglieri. Non può sfuggire agli osservatori l’enorme contraddizione tra quello che dice Obama e quello che fa la Clinton. Due esempi per tutti servono ad allontanare qualsiasi dubbio in proposito. Il primo riguarda il colpo di stato in Honduras, Obama si affrettò a prendere le distanze dai golpisti mentre la Clinton ricevette il Presidente costituzionale hondureño, Manuel Zelaya, al quale dedicò un incontro che durò la bellezza di otto minuti. No, non è uno scherzo! Zelaya volò negli States e l’incontro durò veramente otto minuti! Il tempo necessario ad Hillary Clinton per dire a Zelaya che aveva nominato quale giudice della diatriba tra il Presidente eletto dal popolo ed i golpisti che lo avevano sequestrato e spedito in Costarica, un certo Oscar Arias, Presidente di quel paese e della cui storia e sottomissione ai voleri di Washington tutti sanno. Se si aggiunge, parole scritte sul Guardian, che due dei consiglieri più importanti dei golpisti hondureñi, Lanny Davis e Bennet Ratcliff, sono pure amici e consiglieri dell’ex first-lady e del suo marito spergiuro, i conti tornano facilmente.
La seconda questione riguarda la nuova strategia statunitense verso il continente africano. Dopo le parole pronunciate da Obama durante la sua visita in Ghana in cui esortava a lavorare per la democrazia e per relazioni nuove e più equilibrate, Hillary Clinton in meno di una settimana ha deciso di pestargli i piedi e si è precipitata in Africa per una serie di visite che non lasciano dubbi sulle sue reali intenzioni.  Lavorare per la democrazia secondo il classico stile nordamericano significa assicurare gli interessi di chi continua l’ipocrita guerra di Bush contro il terrorismo. La Segretaria di Stato ha partecipato al VIII Forum sulla Legge di Opportunità e Crescita per l’Africa (AGOA, sigla in inglese) criticando lo scarso profitto che fino ad ora i paesi africani che fanno parte di questo accordo hanno riservato a questa opportunità. Ma l’AGOA è veramente un’iniziativa tesa ad incrementare lo sviluppo economico africano oppure serve a garantire gli interessi della superpotenza? Chi ha dubbi in proposito si armi di buona volantà ed entri nel merito della questione, si legga bene i numeri di questi interscambi e vedrà che anche questa sigla fa parte delle tante che servono a nascondere la difesa degli interessi delle grandi multinazionali e delle Corporation nordamericane, serve ad aprire loro la strada per nuovi saccheggi ai danni dei paesi africani e dei loro popoli. In pratica l’AGOA altro non è che uno strumento neocolonizzatore.
Alle due questioni sopra citate se ne possono aggiungere altre a volontà. Come ad esempio il fatto che dopo le parole diplomatiche di distensione con l’Iran pronunciate da Obama all’Università del Cairo, Hillary Clinton si è affrettata a dare un ultimatum al governo iraniano affermando senza mezzi termini che al regime di Teheran sta terminando il tempo per adeguarsi. Obama parla di distensione e la Clinton subito minaccia!
Altra questione importante ed illuminante, la nuova strategia messa in atto dal Pentagono per arrestare il processo di integrazione dei paesi latino-americani. La regia di Washington dietro al colpo di stato in Honduras non può essere in alcun modo contestata e nel frattempo si è dato avvio ai negoziati con la Colombia del servile Uribe per l’installazione di nuove basi militari statunitensi in quel paese. La reazione dei capi di stato sudamericani è stata forte ed unanime ma il processo continua e già si segnalano provocazioni dell’esercito colombiano alla frontiera con il Venezuela con la penetrazione in quel paese di forze militari mentre le bande paramilitari care ad Uribe da qualche tempo hanno allargato il loro raggio d’azione in territorio venezuelano. Provocare lo scontro tra Colombia e Venezuela per giustificare un intervento diretto è lo scopo non tanto nascosto delle politiche del Pentagono. Ma in Venezuela comanda un certo Hugo Chàvez che gode di un forte sostegno popolare ed è sopravvissuto a tutti i tentativi dell’intelligence yankee per destabilizzarlo. Chàvez non sta a guardare, continua incessantemente la sua denuncia contro il tentativo dell’impero di installare nuove basi militari in Colombia, “per fare della Colombia l’Israele del Sudamerica”, ha detto l’acuto Presidente venezuelano. Interessante ed ironico il suo discorso durante l’inaugurazione di due nuove imprese che funzioneranno con un sistema di gestione socialista. Chàvez ha approfittato dell’occasione per ribadire il suo lucido pensiero su come funziona il mondo in cui viviamo, ha infatti detto che “il capitalismo è stato studiato per fabbricare poveri, illudendoli che un giorno diventeranno ricchi”…. “peccato che muoiano prima di diventarlo….”. Interessantissime al riguardo le due Reflexiones del Comandante Fidel Castro del 6 e 10 agosto, entrambe leggibili sul sito Cubadebate. La prima è titolata “Siete puñales en el corazòn de Amèrica” (sette saranno le basi militari americane situate in Colombia se l’operazione riuscirà), la seconda “Las bases yankee y la soberania latinoamericana”. Chi non conosce lo spagnolo mi può richiedere la traduzione che vedrò di effettuare appena trovo un lasso di tempo. Colgo l’occasione per invitare tutti ad una seria riflessione sulle numerose basi militari piene di infernali armi di distruzione di massa che insistono sul nostro paese. Si dice che sono frutto degli accordi NATO, ma questa non è altro che un’altra trovata per nascondere la totale sottomissione del nostro paese, e dell’occidente “democratico”, alla superpotenza imperiale. Se così non fosse l’accordo sarebbe reciproco, alle basi USA in Italia dovrebbero corrisponderne altrettante italiane negli USA! Quando mai? E continuiamo a crederci un paese libero….
Per concludere non vorrei che si dimenticasse che le promesse di Barak Obama di affrontare il problema della povertà negli Stati Uniti e di garantire l’assistenza ai meno fortunati di quel paese, è rimasta lettera morta. Al contrario si sono utilizzati immensi capitali pubblici per foraggiare le grandi imprese in crisi, immensi capitali tolti ai cittadini per darli a chi come mai ha fatto affari in questi ultimi decenni. Con il risultato che il numero di poveri, già vergognosamente alto nel paese più ricco del mondo, sia aumentato invece di diminuire.
In conclusione viene da domandarsi, come lo fecero a suo tempo i sociologi americani Wright Mills e William Domhoff, chi governa veramente negli Stati Uniti. Che il Presidente sia bianco o nero, repubblicano o democratico, a mio parere U.S.A. continuerà ad essere sinonimo di Usurpare Saccheggiare Aggredire. La politica statunitense, come nel caso del Presidente democratico Barak Obama, può farsi carico di nuove intenzioni e sincere aspirazioni politiche, però molto presto le regole del sistema si fanno carico di convertire i buoni propositi in vittime delle circostanze e degli interessi più retrivi e reazionari che dominano quel sistema socio-economico e politico. 
Non leggo, per autodifesa, la nostra stampa da mesi e non so come vengano trattati questi argomenti, ma sono certo che si continua, anche a “sinistra”, con la solita mistificazione mediatica su eventi tanto determinanti. Nulla cambia sotto il sole, e guai a chi pensa di voler modificare lo status quò!Lo sanno bene iracheni, afgani, ex jugoslavi, ex sovietici e molti altri in ogni angolo del mondo. Fino a quando?