Fidel Castro: Concetto di Rivoluzione

Revolución
Es sentido del momento histórico;
es cambiar todo lo que debe ser cambiado;
es igualdad y libertad plenas;
es ser tratado y tratar a los demás como seres humanos;
es emanciparnos por nosotros mismos y con nuestros propios esfuerzos;
es desafiar poderosas fuerzas dominantes dentro y fuera del ámbito social y nacional;
es defender valores en los que se cree al precio de cualquier sacrificio;
es modestia, desinterés, altruismo, solidaridad y heroísmo;
es luchar con audacia, inteligencia y realismo;
es no mentir jamás ni violar principios éticos;
es convicción profunda de que no existe fuerza en el mundo capaz de aplastar la fuerza de la verdad y las ideas.
Revolución es unidad, es independencia, es luchar por nuestros sueños de justicia para Cuba y para el mundo, que es la base de nuestro patriotismo, nuestro socialismo y nuestro internacionalismo.

Fidel Castro Ruz (1ro de mayo del 2000)

31.5.06

Preparare la guerra


Leggendo questo post tratto dal blog di Genaro Carotenuto si può capire perchè l'opinione pubblica accetta senza molte ritrosie gli interventi militari delle potenze occidentali in vari Paesi del mondo. Stiamo facendo peggio di quanto hanno fatto i nazisti ma gran parte dell'opinione pubblica è convinta che si tratti di interventi umanitari e che i resistenti (da noi si chiamavano partigiani) dei Paesi occupati siano dei terroristi. Il videogioco di cui si parla farà sicuramente parte, con la collezione di soldatini che conserva con cura, dei passatempi dell'ex ministro Gasparri....

Giocare alla prossima guerra
Si chiama "Mercenaries 2: World in Flames", e secondo la "Pandemic Studios", la casa statunitense che l'ha prodotto, e lo lancerà sul mercato nel 2007, è solo un innocente videogioco. Ma, guarda caso, questo innocente videogioco rappresenta la "liberazione", da parte di militari statunitensi, dei pozzi di petrolio bolivariani nelle mani di un non troppo immaginario sanguinario dittatore bolivariano. Il tiranno, manco a dirlo affamato di potere, nel videogioco ha come principale colpa quella di alterare il normale flusso delle vendite di petrolio verso gli Stati Uniti. Il petrolio, si sa, è l'unica cosa interessante in Venezuela ed è una scusa più che sufficiente per lanciare una tempesta di fuoco sia in un giochino spara-spara sia in una guerra reale.La Pandemic assicura che si tratta solo di un passatempo basato sulla fantasia, ma afferma anche che il gioco sia sufficientemente realista da rappresentare avvenimenti che potrebbero realmente accadere. Il tiranno è immaginario, ma al contrario il paese rappresentato è reale, ed è la Repubblica bolivariana del Venezuela. E i giocatori, assumono proprio il ruolo dei soldati statunitensi inviati ad abbattere il tiranno che presiede lo stato bolivariano. Chissà se farebbe soldi un videogioco, chiamato magari "Resistence", nel quale un popolo in armi, il vietnamita, l'iracheno o il venezuelano, ha come obbiettivo quello di liberare il paese da un'invasione militare statunitense. Forse per la Pandemic un gioco del genere non potrebbe essere definito come sufficientemente realista.Il deputato venezuelano Ismael García, denuncia: "il governo statunitense sa come preparare campagne di terrore psicologico per preparare che le cose immaginarie prima o poi avvengano realmente".Fin'ora il governo degli Stati Uniti ha coperto ed appoggiato sia il colpo di stato dell'11 aprile 2002, sia la serrata golpista di fine 2002 che ha -quella sì- messo in difficoltà le forniture venezuelane di greggio agli Stati Uniti. Ha condotto inoltre una costante offensiva mediatica per rappresentare il Venezuela come parte integrante di un fantomatico "asse del male latinoamericano da colpire", nelle parole del Ministro della Difesa Donald Rumsfeld.Il gioco rappresenta un altro passaggio della demonizzazione mediatica del Venezuela, che fornisce il 15% del petrolio necessario al sistema di consumi degli Stati Uniti. La prima edizione del videogioco Mercenaries inscenava l'invasione della Corea del Nord, per liberarla dalla dittatura, mentre la seconda edizione, sceglie di rappresentare un paese democratico come il Venezuela bolivariano, disegnarlo come una tirannia, e prescrivere per la democrazia bolivariana la stessa ricetta prescritta per la dittatura nordcoreana: l'aggressione militare.
Gennaro Carotenuto www.gennarocarotenuto.it/

25.5.06

Il Cavaliere pazzo





Silvio Berlusconi ha scritto a molti Capi di Governo del mondo. Riporto quella scritta al Presidente spagnolo Josè Luis Zapatero inviata il 16 maggio, il giorno prima del giuramento del nuovo governo, su carta intestata della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Caro Josè Luis, dopo cinque anni mi accingo a lasciare la guida del governo italiano. Si è trattato di un periodo di stabilità senza precedenti nella storia della Repubblica italiana, che mi ha consentito di varare 36 importanti riforme di ammodernamento del Paese e di sviluppare un'esperienza particolarmente importante e positiva nei rapporti con i colleghi degli altri Paesi europei.
Come probabilmente sai, per il particolare sistema elettorale italiano, nonostante il mio personale successo (Forza Italia è di gran lunga il primo partito italiano)", la coalizione che guido è risultata globabilmente (?) maggioritaria in termini di voti ma minoritaria in termini di rappresentanza parlamentare.
Come leader dell’opposizione rappresento comunque il 50,2 per cento del Paese e spero di tornare presto al governo dopo che saranno state verificate le oltre un milione e centomila schede annullate.
Ti ringrazio per il simpatico rapporto che abbiamo instaurato e Ti assicuro che continuerò a seguire con grande interesse il Tuo impegno per la Spagna e per l’Europa, auguro a Te e al Tuo governo ogni successo e resto a Tua disposizione per lavorare insieme a favore delle relazioni italo-spagnole e di un avvenire dei popoli europei basato sugli ideali nei quali entrambi crediamo.
Ti ricordo che hai un amico che Ti vuole bene!

Un forte abbraccio.

Silvio

Il nostro superdemocratico e paladino delle libertà ex Presidente del Consiglio, ha dei seri problemi ad accettare la sconfitta, continua a dire che il risultato "deve cambiare" e chiama Coglioni oppure Komunisti quelli che non la pensano come lui. Qualcuno pensa che bisogna compatirlo, come faranno i capi di stato che hanno ricevuto la missiva, ma io invece sono molto preoccupato. Una persona che dice "Sono Napoleone" e "Sono l’unto dal Signore" è normale che non accetti di aver perso e dovrebbe interessare la psichiatria, ma io penso che invece di farsi curare continuerà a scagliare le sue truppe d'assalto contro i comunisti al governo e non si fermerà a costo di scatenare nel Paese un conflitto con conseguenze inimmaginabili. Per questo sono convinto che la lettera inviata ai Capi di Stato di mezzo mondo abbia lo scopo di cercare appoggi preventivi alle azioni sovversive che intende portare avanti. Serve trovare immediatamente una soluzione!!!!

24.5.06

Idea brillante di Beppe Grillo


Beppe Grillo ha postato nel suo blog questa brillante idea.

http://www.beppegrillo.it/
Le elezioni sono diventate permanenti. Le belle foto lombrosiane dei candidati sono parte del paesaggio urbano, ad ogni angolo, sui camion, sui taxi. Sagome in pose rassicuranti, braccia conserte, sorrisi a bocca larga, occhi allegribovinitruccatigiovaniliacutisereni pieni di sentimento per l’elettore. Cartelloni da circo di damazze ringiovanite e papaveri che si sacrificano per noi, infatti chi glielo fa fare di spendere circa 150.000 euro per una candidatura se non la passione civile?I redditi dei candidati alle elezioni sono la vera discriminante(che bel termine) politica. Senza un buon portafoglio tuodelmaritodellamogliedellamicoimprenditore alle elezioni non si partecipa e soprattutto non si vince. Quindi se sei ricco e hai buone relazioni puoi diventare assessore, se hai un reddito medio basso e conosci solo quelli del tuo giro di sfigati puoi diventare elettore. I poveri possono eleggere i ricchi. I ricchi possono amministrare i poveri. Se non fosse così come potrebbero rimanere ricchi? La via democratica all’elezione passa per il 740. Il reddito fisso è una colpa politica da scontare con la delega.Ma la soluzione c’è. Si chiama estrazione a sorte. Ha il vantaggio di eliminare i costi delle campagne elettorali, di riportare le città a una normalità estetica (anche l’occhio vuole la sua parte). I cittadini per partecipare dovrebbero avere alcuni requisiti minimi, come la residenza, la maggiore età, la fedina penale pulita, non avere processi in corso, non essere mai stati sorteggiati in precedenza, una competenza di base sull’argomento per cui si propongono.Le mamme incensurate potrebbero candidarsi per l’assessorato alla famiglia, i medici per la salute, i vigili urbani e i tassisti per il traffico, i responsabili di condominio per la carica di sindaco.L’estrazione dovrebbe essere gestita da un pool di magistrati con la consulenza di Collina.Avremmo dipendenti al posto di politici, politica al posto di interessi personali.C’è un comune in Italia che vuole provarci? Batta un colpo!

Una firma per "Bellaciao"

Questo è un mio commento ad un articolo di Gennaro Carotenuto pubblicato sul suo blog.

Parla male dei padroni e vedi dove va a finire la nostra libertà di stampa! Qui c'è la libertà di scrivere stupidate oppure ti pagano per scrivere sui giornali di lor signori quello che loro vogliono. Se scrivi la verità, cioè smascheri i loro soprusi, vieni incriminato. Non esiste la libertà di stampa nel "libero" occidente! E' una gran bufala! Sapete quanti siti internet e giornali sono stati chiusi nel nostro democratico Paese? Ma di questo si tace, si preferisce parlare della mancanza di libertà a Cuba. Io che non sono fesso preferisco la stampa di Stato, cioè di tutti, a quella dei padroni, cioè la loro. La libertà non esiste, esistono poteri più o meno represivi e mi preoccupano coloro che piuttosto che vedere ciò che succede in casa nostra cercano di distrarci inventando presunte dittature nei Paesi canaglia. Comunque solidarietà a Roberto Ferrario.

L'articolo di Gennaro Carotenuto:

-Roberto Ferrario, del collettivo Bellaciao di Parigi è stato denunciato per diffamazione dai cantieri di Saint Nazaire. Entra nell'articolo per i dettagli. Clicca qui per firmare in solidarietà.
La vicenda, che riguarda anche la CGT, risale al settembre scorso. Scoppia allora l’ennesimo conflitto fra lavoratori stranieri dipendenti da ditte subappaltatrici ed i cantieri Alsthom: tredici lavoratori polacchi della ditta Kor-Pa reclamano il pagamento dei loro salari e l’applicazione del contratto collettivo francese.Il 16 settembre, l’USM-CGT, sindacato che organizza i lavoratori ad interim e quelli delle imprese subappaltatrici dei Cantieri, pubblica un comunicato stampa che denuncia i fatti. Il Collettivo Bellaciao riprende il testo e lo pubblica integralmente sul suo sito di informazione militante, politica e sociale."In gennaio, la direzione dei Cantieri ha sporto denuncia contro ignoti per diffamazione", spiega André Fadda, responsabile dell’USM-CGT. Secondo il sindacalista, la denuncia non prende di mira i fatti, ma quattro frasi del comunicato della CGT che indicano "un nuovo episodio di moderna schiavitù", la "pirateria organizzata da Alsthom Marine", il "banditismo padronale", gli "atti mafiosi compiuti nell’impianto dei Cantieri", dei quali "la CGT considera responsabile il committente principale, Alsthom Marine". André Fadda viene convocato dalla polizia, che cerca di conoscere l’autore del comunicato". "Ho rifiutato di rispondere, assumendo la responsabilità del contenuto a nome dell’USM", racconta il sindacalista.Da parte sua, all’inizio di aprile anche Roberto Ferrario di Bellaciao viene ascoltato dalla polizia ed é convocato oggi dal giudice, in vista di un’eventuale messa sotto inchiesta."La direzione dei Cantieri ci attacca per farci perdere tempo e denaro, questo affare puo’ provocare la chiusura del nostro sito", denuncia.Il Collettivo Bellaciao ha costituito un comitato per la libertà di espressione ed organizza una sottoscrizione per far fronte alle spese di giudizio (1). "Aspettando di vedere se anche noi saremo convocati dal giudice, l’USM-CGT fa appello ad associarsi a questa campagna di solidarietà", sottolinea André Fadda. Stamattina, una delegazione dell’unione locale CGT deve accompagnare Roberto Ferrario in occasione della sua convocazione.
Gennaro Carotenuto
www.gennarocarotenuto.it/dblog/storico.asp

Difendiamoci dai nemici. Costi quel che costa


Oggi la Tv ci informa che ieri sera due caccia militari si sono scontrati in aria sopra i cieli della Sardegna dove partecipavano ad un'esercitazione internazionale. I due piloti si sono salvati grazie al sistema automatico di espulsione dei seggiolini, sono finiti in mare e prontamente soccorsi sono stati tratti in salvo. Stanno bene, e questa è sicuramente una buona notizia. La cattiva notizia è che nessuno dei nostri "liberi mezzi di informazione" sembra essersi chiesto il motivo di queste esercitazioni, quanto costano aerei, piloti e tutto quanto ne consegue. E nessuna sembra ricordarsi che pochi anni fa, durante un'altra esercitazione, un aereo militare cadde su una scuola a Casalecchio di Reno compiendo una strage. A me, che dopo quarantadue anni di duro lavoro, mi accingo ad andare in pensione con un assegno mensile che mi è stato riferito si aggirerà intorno ai 600 € mensili, mi girano i cosiddetti.... Da sette anni assisto a riforme pensionistiche che mi negano la pensione perchè lo Stato non ha soldi, come se la pensione fossero soldi dello Stato e non quelli che io, volenti o nolenti, ho dovuto versare per "una vecchiaia serena". Se non fossi stato costretto a versare i contributi con quei soldi avrei comprato decine di appartamenti che mi permetterebbero sicuramente una vecchiaia più serena! Invece i miei soldi sembrano siano serviti ad altro, per esempio comprare aerei militari per giocare alla guerra. E io mi vedrò costretto a vendere l'auto, a tagliare la luce, l'acqua, il gas e a mangiare a giorni alterni. Oppure continuare a lavorare fino all'ultimo dei miei giorni!
E loro giocano alla guerra con aerei che costano cifre esorbitanti! Devono esercitarsi per difenderci dai Paesi canaglia che ci minacciano. Hanno già sistemato il pericoloso Vietnam, la Jugoslavia, l'Afganistan e ora stanno preventivamente democratizzando l'Irak. L'America Latina e Centrale l'hanno messa in condizioni di non nuocere con l'aiuto dei generali golpisti, ma devono continuare ad esercitarsi perchè i pericoli non sono ancora finiti. Ci sono la Corea del Nord e l'Iran che potrebbero invaderci da un giorno all'altro. Poi c'è Cuba che minaccia di distruggere la nostra civiltà. In quel Paese governato da uno spietato dittatore i nostri capitalisti non possono comperare nemmeno un metro quadrato di terreno, ne costruire grattaceli o ville, e nemmeno scuole od ospedali privati perchè quel sanguinario di Fidel Castro dice che Cuba è dei cubani e tutte queste cose vengono garantite dallo Stato!!! Figurarsi se li lascia acquistare televisioni e giornali per diffondere le idee democratiche.... Almeno si limitasse alla sua piccola isola! sarebbe comunque un cattivo esempio però pur sempre limitato ad un'isoletta del Caribe. No! dopo il fallimento di esportare il comunismo con la guerriglia quel criminale ha escogitato una nuova tattica: sta mandando medici, insegnanti e tecnici in giro nei Paesi poveri a curare e insegnare a leggere ai poveri che non possono pagarsi le cure e la scuola. E ci sono già cascati il Venezuela e la Bolivia che sembravano sotto controllo. E sembra che altri Paesi dell'America Latina stiano per diventare vittime di questo criminale individuo.
Bisogna intervenire al più presto, i nemici dell'occidente democratico non scherzano! Le esecitazioni non si devono interrompere nemmeno un minuto, serve rimpiazzare immediatamente i due aerei militari. Anzi è meglio prenderne qualcuno in più, non si sa mai che succedano altri incidenti e potremmo non trovarci pronti proprio il giorno che i cubani ci attaccano.... Questi aerei sono molto costosi ma se allunghiamo di qualche anno l'età pensionabile, abbassiamo ancora un po' l'importo delle pensioni erogate, i salari dei lavoratori e tagliamo ulteriormente i servizi sociali, ce la potremmo fare! Ovviamente non dobbiamo toccare i redditi alti altrimenti i nostri imprenditori porterebbero i capitali all'estero e sarebbe un vero disastro. Speriamo che il nuovo Governo non faccia cazzate! Ma da questo punto di vista dovremmo stare tranquilli perchè anche se ci sono alcuni ministri comunisti in realtà sono già stati al Governo dal '96 al 2001 e hanno dimostrato assoluta fedeltà alle strategie dell'occidente democratico. Poi Ministro della Difesa è stato nominato Parisi, una garanzia.... La lotta contro il male non subirà nessun sconvolgimento. Possiamo stare tutti tranquilli.

21.5.06

Il giorno della memoria corta


Il Senato della Repubblica ha votato la fiducia al Governo Prodi con 165 voti a favore e 155 contrari. A favore hanno votato i 7 senatori a vita. Gli eletti del Centrodestra hanno messo in piedi una indegna protesta contro i senatori a vita, tra i quali l’ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che fino a pochi giorni fa adulavano, rei di non essersi astenuti. Secondo questi paladini della libertà i senatori a vita non avrebbero dovuto partecipare al voto, non solo, avrebbero dovuto essere presenti in aula perché il regolamento del senato considera l’astensione un voto contrario!!! Fatti i dovuti conti il Governo Prodi non avrebbe ottenuto la fiducia. Pensare che dei senatori che hanno deciso, in piena autonomia, di sostenere Prodi avrebbero dovuto fare in modo che il loro voto si ritorcesse contro chi volevano sostenere, è proprio una gran bella pensata. Degna di alto senso delle istituzioni. Accompagnare poi questa pensata con fischi e insulti volgari e indegni verso persone che siedono in quell’assise per alti meriti istituzionali, la dice lunga sui sentimenti democratici che animano questi paladini della libertà.
Ma il bello della storia è che questi signori hanno pure la memoria corta! Infatti fingono di non ricordare che nel 1994 Berlusconi ottenne la fiducia al senato per un solo voto con il sostegno determinante di tre senatori a vita!!!!
Il nuovo Governo forse avrebbe potuto essere formato da una compagine migliore, meno espressione degli appetiti dei partiti e con una maggior presenza di personalità autorevoli provenienti dalla cosiddetta società civile, ma sicuramente la vittoria del centrosinistra, anche se di misura e grazie alle “porcate” della legge elettorale dell’ex ministro Calderoli, ha il merito di togliere di torno, speriamo per sempre, questi squallidi personaggi che sono un insulto alla carica cui sono stati designati, ahimè, dalla metà degli elettori italiani. Lo scampato pericolo dovrebbe suggerire alla variegata compagine che ha vinto le elezioni, di mettere da parte gli interessi di parte e di portare avanti una politica seria di rinnovamento che trovi largo consenso nella popolazione. Altrimenti i campioni di democrazia potrebbero tornare a sgovernare il nostro Paese!

20.5.06

Il vero volto di Cuba 2


Questa è la lettera che ho mandato alla redazione de 'l Gazetin al mio ritorno da Cuba a fine inverno.

Cari amici della redazione de 'l Gazetin,
al rientro dalla vacanza a Cuba ho trovato le ultime due copie del vostro mensile. Vi ringrazio per avermeli inviati e per avere ospitato il mio scritto. Leggendo la rivista vedo che la polemica su Cuba è ben lungi dall'assopirsi. Gordiano Lupi continua con i suoi articoli da "giornalista indipendente" legato ai "democratici" anticastristi di Miami. Noto che continua imperterrito nel suo lavoro di disinformazione (dovrà pure campare in qualche maniera). Sono fatti suoi, anche se un po' di correttezza deontologica non gli farebbe male. Per esempio quando cita le "dame in bianco", che hanno tentato di apparentarsi alle mamme e nonne argentine di Plaza de Mayo che reclamano da decenni per conoscere la sorte toccata ai loro figli e nipoti desaparecidos, dovrebbe quantomeno citare che queste ultime hanno scritto un documento molto circostanziato nel quale sostengono che niente le lega a queste signore che definiscono alleate degli assassini dei loro cari (e non è vero che non possono uscire da Cuba, qualcuna è stata ricevuta persino da Zapatero....). Così quando parla dei detenuti politici dovrebbe riportare anche le sentenze in base alle quali sono stati condannati. La maggior parte dei dissidenti arrestati nel corso del 2003 è stata condannata per reati stabiliti dall’art. 91 del codice penale e dalla Legge 88. L’art. 91 prevede pene da 10 a 20 anni nei confronti di chi “nell’interesse di una nazione straniera, svolge attività il cui fine è di danneggiare l’indipendenza dello Stato cubano o la sua integrità territoriale”. La Legge 88 prevede pene detentive per chi è giudicato colpevole di sostenere le politiche statunitensi contro Cuba con l’obiettivo di “pregiudicare l’ordine interno, destabilizzare il paese e distruggere lo Stato socialista e l’indipendenza di Cuba”. Sarebbe anche utile ricordare che queste politiche contro Cuba hanno causato la morte di circa 3000 civili cubani e che tutti gli stati hanno legislazioni simili la cui applicazione spesso va ben oltre come nel caso dei prigionieri di Guantanamo e delle 3000 persone scomparse negli USA dopo l’ 11 settembre. Da questo è evidente la parzialità di quanto scrive Lupi, un buon giornalista quando tratta certi argomenti dovrebbe sempre citare anche il punto di vista avverso, in questo caso la Giustizia cubana che ha condannato le persone citate da Lupi. Ma questo farebbe cadere le sue tesi.... Comunque non intendo spendere altro tempo per replicare alle stupidaggini interessate di Gordiano Lupi.
Quanto scritto da "Bobus" penso che si commenti da solo: è un chiaro esempio di chi parla senza cognizioni di causa. O non conosce assolutamente Cuba o sono affermazioni suggerite esclusivamente dall'odio ideologico. Contro Cuba ho letto ben altro, denigrare il Governo cubano è diventato politicamente redditizio tanto che lo fa anche la sinistra. Sempre però senza cognizioni di causa. I politici europei si arrogano il diritto di tranciare giudizi sui governi dei Paesi del Terzo Mondo, spesso senza nemmeno essere transitati in un loro aeroporto. Farebbero meglio a documentarsi e chiedersi perché hanno fallito la loro missione in Europa piuttosto che parlare di situazioni di cui dimostrano di non avere la ben che minima conoscenza. E parlare male di Cuba è diventato un'opportunità per coloro che non se la sentono di sostenere pubblicamente Hitler, Stalin, Mussolini, Pinochet, Franco, i colonnelli greci, i boia argentini e tutti i dittatori che in molte parti del mondo continuano a tiranneggiare i loro popoli. Se poi uno sostiene di non avere la coda di paglia e si firma Bobus.... penso che non meriti nessuna attenzione. Però mi è rimasto un dubbio: come ha fatto Bobus a sapere che vivo a Ponte in Valtellina? Ha interessato i servizi segreti? Debbo aspettarmi ritorsioni? Comunque sappia che io sono molto fiero che mi abbia chiamato "Gianni Minà II da Ponte in Valtellina". Gianni Minà è uno dei pochi giornalisti italiani che godono di grande credibilità in tutto il mondo (le sue inchieste e le sue interviste hanno lasciato un segno nella storia del giornalismo). Mi sarei invece molto offeso se mi avesse paragonato a Vittorio Feltri, a Paragone, a Belpietro o altri grandi "giornalisti democratici" come loro. Sappia Bobus che fino a quando ne avrò la forza non smetterò il mio impegno, iniziato fin dalla gioventù, per la giustizia, la libertà, la solidarietà, la tolleranza e la fratellanza tra i popoli. Purtroppo di questi tempi mi sembra che prevalgano ben altre logiche. Per fortuna che ai diseredati del Terzo Mondo rimane sempre la possibilità di venire a vivere nella nostra "situazione idilliaca e prosperosa" dove un lavoratore dopo quarant'anni di lavoro deve cercare di sopravvivere con una pensione di poche centinaia di Euro in una società dove per vivere decentemente ne servono alcune migliaia.
Poco dopo Natale io e mia moglie siamo andati al Teatro Amedeo Roldan all'Avana per assistere al concerto del pianista Frank Fernandez e dell’Orchestra Nazionale di Cuba (straordinario! E il Teatro era stracolmo di gente comune. Come alla Scala....). Mentre stavo parcheggiando è arrivato il ministro della cultura Abel Prieto, solo, ha parcheggiato fianco a noi, ci ha salutato ed è entrato nel teatro in mezzo a tanta gente comune. Non ho potuto fare a meno di immaginare l'arrivo di un nostro ministro, con il solito corteo di accompagnatori e guardie del corpo. Mi sono chiesto di che cosa mai avranno paura. E mi sono dato la risposta: loro sanno il perché....
Il mio intervento precedente era motivato esclusivamente dall'intenzione di invitare a riflettere sulle tematiche dei Paesi del Terzo Mondo, che non possono essere affrontate dal punto di vista di politici e giornalisti interessati. Invitavo soprattutto a chiedersi il perché dell’esistenza dei Paesi del Terzo Mondo! Per esempio domandarsi perché da noi si guadagna in un’ora di lavoro tanto quanta guadagna in un mese un lavoratore che in quei Paesi svolge la stessa attività. E questo non è dovuto al fatto che quei lavoratori siano degli incapaci, anzi, molto spesso sono più bravi di noi. Il fatto è che le regole del gioco sono state imposte, con le buone o con le cattive, dai Paesi ricchi, o capitalisti o imperialisti che dir si voglia. Io questo l’ho capito con l’esperienza pratica. Vivendo spesso a Cuba mi sono reso conto che tutto quanto viene raccontato è frutto esclusivamente della propaganda ideologica. Mi sono reso conto che quella propaganda in parte aveva contagiato anche me e che invece a Cuba non succede niente di quanto qui viene raccontato. Ci sono invece molti problemi causati soprattutto dalle ingiustizie conseguenti ad un ordine mondiale che pretende di assoggettare tutti i Paesi del globo agli interessi dei potenti. Ma di questo sono in pochi a parlarne
A volte penso di sprecare il tempo, poi fortunatamente mi rendo conto che di Gordiano Lupi e Bobus non ce ne sono poi così tanti....
Con questo chiudo il mio intervento e, ringraziando per l'ospitalità, assicuro che qualsiasi cosa venga ancora scritta sull'argomento o sulla mia persona, non troverà più nessun commento da parte mia in quanto non intendo confrontarmi con certe stupidità.

Un caro saluto libertario.

Elio Bonomi

Il vero volto di Cuba 1

L'Gazetin è un mensile redatto a Morbegno e tratta sopratutto di questioni locali. Ultimamente vanta tra i suoi collaboratori un certo Gordiano Lupi che sicrive su, o meglio contro, Cuba. Io leggendo certe stupidaggini non posso fare a meno di replicare. Questo è il contenuto della prima replica.

Gordiano Lupi e il vero volto di Cuba
Il numero di settembre de ‘l Gazetin, contiene un articolo di Gordiano Lupi dal titolo “Il vero volto di Cuba”. Una persona amica me ne ha dato una copia per sentire un mio parere, visto che da anni passo dei lunghi periodi sull’isola caraibica. Già la foto di copertina e il titolo mi sono sembrati più che eloquenti sulle intenzioni del “giornalista” (il virgolettato perché uno per definirsi tale dovrebbe attenersi con un poco di decenza alla deontologia professionale). Denigrare il Governo e il popolo del Paese di Fidel Castro, Ernesto “Che” Guevara, Camillo Cinfuegos, Josè Martì e di tutti quei cubani che hanno scritto pagine tra le più belle della storia dell’umanità, è diventato un tormentone che serve solamente a fare esercizio di disinformazione a chi è guidato solamente da livore ideologico contro chi ha cercato, e sta cercando, di trovare una via d’uscita alla condizione di totale sottomissione agli interessi delle grandi potenze. Sarebbe interessante interrogarsi sul perché questo venga fatto praticamente da tutti i mezzi di informazione e da tutti i politici, di destra, di centro e di sinistra. Cuba viene utilizzata per propagandare l’ideologia capitalista e per denigrare il socialismo, invece la sua esperienza dovrebbe essere valutata in maniere del tutto indipendente, tenendo conto di tutto quanto concorre a definire il benessere delle persone che sicuramente non sono solo i beni di consumo ed il libero mercato. Un buon metro per misurare questo potrebbe essere quello di confrontare l’espressione del volto degli occidentali con i loro abiti firmati e le loro auto ultimo modello, con quello dei cubani che girano con vecchie auto degli anni ’50 o biciclette tenute assieme in qualche modo. Io ritengo che la Rivoluzione cubana sia stata un evento straordinario per la liberazione di quel popolo dalla sottomissione, che il socialismo sia l’unica soluzione che permetta alle classi più povere un tenore di vita decente e che il superamento di tale sistema non debba essere imposto da nessuno ma deciso nei tempi e nei modi esclusivamente dai cubani che non hanno assolutamente bisogno dei nostri consigli “interessati” (Dio li salvi dagli importatori di democrazia). Il tanto disprezzato Fidel Castro e il Governo cubano godono ben altra considerazione da parte di intellettuali onesti e dagli studiosi del continente latino-americano (tra questi Frei Betto, Mempo Giardinelli, Dante Liano, Luis Sepulveda, Gennaro Carotenuto, Adolfo Perez Esquivel, Eduardo Galeano, Gabriel Garcìa Marquez, Giulio Girardi, Emir Sader, Lisandro Otero, Leonardo Boff, e tanti altri) e da centinaia di milioni di poveri di quei Paesi, che vedono l’esperienza di Cuba come l’unica speranza per uscire dalle loro condizioni di disperazione e di disumana miseria. A quei Paesi, che hanno cercato di costituire il Mercosur, si cerca invece di imporre l’Alca, un patto economico di completa sottomissione agli interessi nordamericani. Dopo la conquista democratica del potere da parte di Hugo Chavez in Venezuela, osteggiata con tutti i mezzi dagli USA, Cuba e Venezuela hanno risposto con l’Alba, l’Alternativa Bolivariana per le Americhe, un trattato di vera cooperazione tra i due Paesi che vuole difendere esclusivamente l’interesse dei loro popoli (mentre Lupi racconta barzellette su Bolivar e Martì). Proprio in questi giorni Hugo Chavez è stato in Italia. La visita di un Capo di Stato democraticamente eletto è stata praticamente ignorata dai nostri “democratici” organi di informazione, se non per dipingerlo come una macchietta. Viene invece dato molto risalto a quei Capi di Stato, loro sì veri dittatori, che massacrano e saccheggiano i loro popoli e svendono i loro Paesi agli interessi delle multinazionali. Parlare delle atrocità commesse da questi criminali sarebbe facile ma si preferisce scrivere stupidaggini su Cuba come fa Gordiano Lupi. Per approfondire questi temi consiglio di leggere gli scritti delle personalità libere ed intellettualmente oneste che sopra ho citato, oppure quanto dice il grande intellettuale nordamericano Noam Chomsky nel suo ultimo libro: Egemonia o sopravvivenza (sul sito http://www.arcoiris.tv/ si possono vedere alcuni filmati di sue conferenze).
Mi sorprende che la redazione de ‘l Gazetin, di cui io sono stato fedele lettore quando vivevo in quel di Morbegno, si compiaccia e si senta soddisfatta di avere pubblicato quanto scritto da Lupi, senza porsi un minimo di dubbi sul contenuto dell’articolo che denota chiaramente il poco spessore e la disonestà intellettuale dell’autore.
Già il fatto di pretendere di raccontare “il vero volto di Cuba” denota scarsa conoscenza dei propri limiti. Io conosco da anni l’isola, conosco molti cubani e i loro stili di vita, ma non riesco nemmeno ad immaginare di poter descrivere il vero volto di Cuba! La realtà cubana è talmente complessa e in continua evoluzione che soltanto personaggi velleitari dotati di eccessiva sopravvalutazione dei propri mezzi possono pensare di spiegare con un articolo. Se poi uno per spandere merda sul Governo cubano decide di andare a vivere “tra maiali vaganti, capre, mucche al pascolo, galline, mosche e zanzare”, la dice lunga sulle sue intenzioni.... Passare qualche giorno in casa di un campesino è sicuramente un’esperienza, ma a Cuba ci sono anche altre situazioni interessanti. Per esempio vedere come vengono gestiti gli stupendi parchi naturali, voluti dal Che, ed invidiati da tutto il mondo. O farsi un giro per l’isola per scoprire come vengono sfruttate le energie alternative. Oppure passare qualche serata nei locali dove viene suonata la musica che tutto il mondo invidia. Oppure partecipare alle innumerevoli iniziative culturali, iniziative di tale spessore che non è facile incontrare in altri luoghi. Oppure altre mille cose che quando sei a Cuba il tempo non ti basta mai. Questo non vuol dire che bisogna chiudere gli occhi sui problemi che affliggono gli abitanti dell’isola. Ma quale Paese non ne ha? Basterebbe paragonare le condizioni di vita dei cubani con quelli degli altri Paesi del Terzo Mondo.... E sarebbe utile riflettere sul perché esistono Paesi del Terzo Mondo!! E per incontrare condizioni di vita peggiori di quelle dei cubani a volte basta visitare i Paesi ricchi, magari il Paese più ricco del mondo dove milioni di esseri umani vivono, ma sopratutto muoiono, in condizioni pietose! Cuba è un Paese povero, e che nei Paesi poveri ci sia la povertà lo si sapeva anche prima che lo dicesse Lupi. Ma tra tutti i Paesi poveri, Cuba è l’unico dove non esiste la miseria e dove ogni cittadino ha condizioni di vita dignitose! Con tutte le critiche che si possano fare al Governo cubano, non ho ancora visto nessun Governo di un Paese del Terzo Mondo fare qualcosa di meglio.
Lupi scrive: “Cuba resta per me un luogo dell’anima, un posto dove tornare per ricordare il passato e programmare il futuro, una pausa alla frenetica vita italiana, un momento di sosta per tirare il fiato”. Forse sarà la mancanza di paranoie esistenziali ma io non provo nessuna di tutte queste sensazioni pseudo-intellettualistiche. Semplicemente quando vado a Cuba la vivo così com’è e non mi passa nemmeno per la testa di insegnare ai cubani la strada per raggiungere la libertà. Anche perché conosco tanti cubani dotati di enormi capacità che se decidessero di venire a vivere nei nostri Paesi “liberi” farebbero sicuramente fortuna, hanno girato il mondo ma sostengono che preferiscono vivere a Cuba perché lo ritengono il posto più libero del mondo. Come si vede il concetto di libertà è molto soggettivo e il punto di vista di Lupi non mi sembra dei migliori.
Per me che amo Cuba e il suo meraviglioso popolo pur non avendo mai, nemmeno in gioventù quando andava di moda, idealizzato la Rivoluzione cubana, a leggere simili amenità provo un profondo senso di avvilimento e non riesco a capire il motivo di tanto accanimento se non nell’intolleranza ideologica e nella stupidità. Come può parlare di libertà chi si presta a tali mistificazioni della realtà? Come pretende di sfatare i luoghi comuni chi scrive un articolo pieno dei più volgari luoghi comuni?
Lupi dice che contrariamente a Gianni Minà e ai comunisti italiani, quando torna in Italia nessuno gli dice cosa deve riferire. Questo non gli dà il diritto di scrivere un mucchio di sciocchezze per screditare un Governo che, per malvagio che sia, non può essersi dedicato esclusivamente a martirizzare il suo popolo. Chi conosce i cubani sa benissimo che il livello medio di cultura di quel popolo non ha rivali in nessun’altra parte del mondo, che la sanità, contrariamente a quanto lui scrive, è di altissimo livello. Lo testimonia il fatto che prima della Rivoluzione gli abitanti dell’isola non raggiungevano i cinque milioni mentre ora, malgrado le coppie facciano pochi figli, sono quasi dodici milioni. Quattro bambini su cinque morivano prima di compiere i cinque anni di età, la speranza di vita era di circa cinquant’anni mentre ora è tra le più alte del mondo. Nel nostro paese ci sono parecchi cubani che vivono onestamente e non si dedicano alla criminalità, alla prostituzione o quant’altro, e questo è sintomo di un popolo con altissimi valori morali. Insomma un popolo che ha riconquistato una sua dignità che pochi, anche tra i Paesi del mondo ricco, possono vantare. Lupi dimostra invece di essere ideologicamente molto ma molto più condizionato di Minà e dei comunisti italiani. Anche perché generalizzare sui comunisti italiani mi sembra un’altra enorme stupidaggine, frutto di ignoranza ed arroganza. Lupi sicuramente non ha approfittato dei suoi viaggi a Cuba per apprendere la modestia....
Quando poi scrive “Non ho mai avuto nei confronti dei cubani un comportamento da burino saccente che si sente un uomo civile in mezzo ai selvaggi” mi fa rabbrividire. Il solo fatto di pensare questo, dimostra di avere un concetto di superiorità. Una cosa del genere è ignobile! A me certi pensieri non attraversano nemmeno il cervello!
Per smentire tutte le stupidaggini contenute nell’articolo di Lupi servirebbero parecchie pagine, per questo mi limito solo ad alcune considerazioni.
Contrariamente a Lupi quando arrivo in uno degli aeroporti cubani, non mi sento “come un pericoloso imperialista in attesa del giudizio di ammissione nell’ultimo paradiso comunista” ma come in qualsiasi parte del mondo mi metto in fila ed esplico le formalità dettate dalle leggi del Paese che mi ospita. A Cuba non vengo trattenuto quattro ore ma solo il tempo necessario per sbrigare le formalità doganali. Come negli altri Paesi. Quanto ai cubani, quando arrivano dall’estero devono dichiarare cosa trasportano e se hanno con loro merci soggette al pagamento di un dazio, lo devono pagare come in tutti i Paesi del mondo. Sicuramente qualcuno cercherà di aggirare l’ostacolo corrompendo i funzionari ma anche questo avviene in tutto il mondo e ci scommetto che se facessimo una classifica troveremo delle belle sorprese... Sostenere poi che i cubani che rientrano vengano considerati “imperialisti di ritorno e vermi traditori della patria” è veramente disgustoso. Solo questo basta a qualificare il livello di intolleranza del personaggio Gordiano Lupi.
Un’altra volgarità è quella di sostenere che l’illegalità sia il sistema di vita dei cubani. Salvo poi sostenere, paradossalmente, che la polizia cubana è spietatamente repressiva. Sicuramente anche a Cuba esiste l’illegalità. Come dappertutto! Se lo sostiene un italiano poi.... Se Lupi sognava di trovare il paradiso in terra ed è rimasto deluso sono affari suoi. Che Cuba sia un “paradiso comunista” non lo hanno mai sostenuto nemmeno Gianni Minà e i comunisti italiani! E’ un’altra invenzione della nostra “libera informazione” per denigrare quel Paese e chi ne difende i valori. Qualsiasi cosa succeda a Cuba diventa un pretesto per sostenere che lì c’è una spietata dittatura. Se la stessa cosa succede da noi, al contrario, è un esempio do democrazia! A proposito di Gianni Minà, perché non pubblicate un suo articolo su questi argomenti? Fareste un’opera di giustizia e i lettori si renderebbero conto chi è più ideologicamente orientato nei propri giudizi su Cuba. E potrebbero notare la differenza di spessore tra Lupi e Minà!
Quanto alle crudeli carceri cubane piene di oppositori politici e giornalisti dissenzienti, avrei una bella storia da raccontare in proposito ma richiederebbe troppo spazio. Consiglio comunque a Lupi di informarsi meglio, poi fare un paragone con le nostre carceri e magari con quelle americane. Per non parlare della vergogna di Guantanamo. Ma come si fà a raccontare certe cose? Un giornalista si ritiene libero solo perché sa raccontare balle?
Proprio oggi ho ricevuto una mail da Mayra, una amica cubana che si trova in Messico in visita al figlio che vive in quel paese. Dice che non ne può più di vivere lì e non vede l’ora che arrivi Natale quando tornerà nel suo amato Paese “que lo quiere mucho”. Altri amici cubani sono stati in Florida, o in altri Stati degli Usa, a trovare dei parenti. Non è che al ritorno morissero di nostalgia per quei posti e per quel sistema. A proposito vorrei spendere qualche parola sul fatto dei cubani che scappano in Florida. Contrariamente a quanto propagandato, qualsiasi cubano può andarci quando vuole. Tra i governi dei due Paesi c’è un accordo che stabilisce che gli USA si impegnano a concedere l’immigrazione di ventimila cubani all’anno. Ma non lo rispettano, concedono solo poche centinaia di visti, e a caro prezzo! Se invece un cubano arriva su un gommone, viene accolto, gli viene data una casa, un bel gruzzolo di denaro ed un lavoro. Bush ha persino reso difficile il ritorno a Cuba ai cubani residenti negli USA. Migliaia di loro aspettano da anni di rientrare a Cuba per trovare i famigliari. E ai loro famigliari viene difficilmente concesso il visto per entrare negli USA. Anche di questa vergogna ovviamente non se ne parla sulla nostra stampa “democratica” così ben disposta a pubblicare scemenze propagandistiche.
Lupi definisce i giornalisti del Granma e i commentatori di Cubavision “scimmiette addestrate a suonare la grancassa del regime”. Anche questo detto da un italiano.... Così come sostenere che a Cuba le tasse sono molto alte! Ma dove vive il nostro? E le jineteras paragonate alle prostitute dei tempi di Batista? Ci vuole un bel fegato! Ai tempi di Batista, Cuba era ridotta al porcilaio degli USA, ora la prostituzione è inferiore a quella di qualsiasi altro paese del mondo, anche se qualche turista, in questo gli italiani sono in testa, ci va solo per quello.
Lupi confonde l’illegalità cubana con la sua illegalità. Io quando vado a cena in un paladar o dormo in una casa particular, pago tutto regolarmente. Se faccio qualcosa di illegale, il responsabile sono io e non il Governo cubano!
Parlare di stipendi ridicoli che vanno dai 9 ai 35 dollari per dimostrare quanto il tenore di vita dei cubani sia basso, è un altro luogo comune. Si può vivere decentemente con un dollaro se con questo posso avere una casa, l’acqua potabile, il gas, l’energia elettrica, riesco a mandare i figli a scuola, ad essere curato, ecc. Può diventare più difficile se lo stipendio è di 2 000 dollari e per avere lo stesso minimo indispensabile ne servono 4 000! Chiedetelo a quaranta milioni di cittadini USA! E anche a molti degli abitanti dei ricchi Paesi europei!
Sostenere che i medici cubani vadano in Venezuela per “spedizioni propagandistiche” è davvero una grande vigliaccata che solo una persona priva di un minimo di moralità può sostenere. Stiamo assistendo all’esportazione della nostra “democrazia” con le più infernali macchine da guerra che la storia dell’umanità abbia mai conosciuto, le nostre truppe sono in giro per il mondo armate fino ai denti “in missione di pace” e con chi ce la prendiamo? Con i medici cubani!!! Vergogna! vergogna! vergogna! Conosco alcuni medici cubani che operano in Venezuela o in altre parti del mondo, persone dotate di straordinarie capacità e umanità che fanno questo animati da nobili sentimenti di solidarietà umana che da noi è ormai impossibile trovare. Tutte persone che nel nostro sistema farebbero un sacco di quattrini ma che preferiscono continuare ad offrire il loro aiuto a chi altrimenti verrebbe abbandonato al proprio destino. Questo è il modo dei cubani di esportare “la loro democrazia”: medici, insegnanti, sportivi, ecc. che offrono la loro umanità e professionalità per aiutare chi invece verrebbe abbandonato al suo triste destino. Esportano quello che a Cuba viene considerata la loro più grande ricchezza: il valore umano! Come noi esportiamo “la nostra democrazia” è sotto gli occhi di tutti....
Lupi poi sostiene che a Cuba tutte le case sono di proprietà del governo. Niente di più falso, molti cubani hanno la casa di proprietà. Il Governo cubano ha invece la pretesa di dare una casa ad ogni cittadino. E c’è riuscito! “Santità, questa notte milioni di bambini non hanno un tetto sotto il quale dormire, nessuno di loro è cubano” ha detto Fidel Castro davanti alle televisioni di tutto il mondo in occasione della storica visita di Giovanni Paolo II sull’isola. Anche se non piace a Lupi, nessun altro lo può sostenere, nemmeno i capi dei Paesi ricchi, dove aumenta sempre di più la ricchezza di pochi e la povertà di molti. Che ci siano ancora campesinos che vivono in case di legno con il pavimento di terra è vero. Però è anche vero che sono loro che vogliono vivere in quelle case. Chi voleva una casa in mattoni con il bagno ce l’ha. Se qualche campesinos preferisce fare i suoi bisogni tra “foglie di palma e canne di bambù” ne avrà ben il diritto se questa è una sua scelta. Consiglio a Lupi di fare un paragone tra le condizioni igienico abitative dei cubani e quelle degli altri Paesi del Terzo Mondo. Si accorgerà dell’enorme differenza.
Quanto agli apagones, vorrei ricordare che li abbiamo pure noi. E anche gli USA, vedi quello che è successo a Los Angeles qualche tempo fa ed ancora a New York, ecc. Se questo succede nel Paese più ricco del mondo, figuriamoci in un Paese del Terzo Mondo. Se poi viene sottoposto da cinquant’anni ad un vergognoso embargo condannato da tutte le persone dotate di buon senso....
Lupi dice che quando manca l’energia elettrica di solito viene sospesa pure l’erogazione di acqua e gas. Ha scoperto l’acqua calda! Non sa che acqua e gas vengono distribuiti con elettropompe che non funzionano se non c’è l’energia elettrica? La realtà è che a differenza di quanto avviene praticamente in tutto il mondo, a Cuba i servizi di base vengono dati a tutti e non solo ai privilegiati. E sono servizi democratici: o ce n’è per tutti o per nessuno. Unici privilegiati sono i servizi pubblici. Magari anche in Italia....
Quanto alla “libreta”, anziché definirla ridicola, Lupi farebbe meglio a ricordare che ha permesso la sopravvivenza di milioni di cubani. Quando non c’era, molti cubani morivano veramente di fame!!!
Per Lupi le tavole rotonde trasmesse dalla televisione cubana sono buffe e vedono quasi sempre Fidel ospite d’onore. A me sembrano invece molto interessanti e quando posso le vedo anche in Italia via satellite. Fidel appare pochissimo e solo in occasioni particolari. Magari Berlusconi apparisse tanto quanto Fidel.... E io non ho mai visto niente di tanto buffo quanto le apparizioni di Berlusconi. Le mesas redondas cubane permettono invece di avere una visione del mondo da un punto di vista diverso, altro rispetto al conformismo della nostra informazione. Io sono convinto che senza ombra di dubbio la televisione cubana sia filogovernativa, ma penso anche che se quanto dice venisse ascoltato da tutti, specialmente dalle persone intellettualmente oneste e dai più poveri, capiremmo molto di più su quanto sta accadendo nel mondo e su chi sono i veri responsabili delle miserie che affliggono l’umanità. Chi definisce i giornalisti cubani di essere “presunti giornalisti e dei servi sciocchi del potere” dovrebbe preoccuparsi prima di tutto del suo modo di fare informazione.
Lupi sostiene che nelle mesas redondas si parla solo dell’imperialismo nordamericano, dell’estradizione di Posada Carilles (un terrorista finanziato e protetto dagli USA) di Guantanamo (un pezzo dell’isola sottratta illegalmente dagli USA ed utilizzata come prigione dove vengono commesse le più vergognose atrocità) di diritti umani violati, della guerra in Irak e dei cinque cubani (illegalmente) imprigionati negli USA. Anche se fosse vero non sarebbero temi da poco! Comunque assicuro che si parla di tutto, Fidel Castro non interviene quasi mai, si confrontano diversi punti di vista e vengono ospitate personalità di ben altro spessore che il nostro Lupi. Quanto alla stampa, a Cuba non ci sono solo Granma, Joventud Rebelde e Trabajadores (che non sono poi così ridicoli come li descrive Lupi). Affrontare questo argomento porterebbe lontano, voglio solamente ricordare che anche da noi le pubblicazioni devono essere autorizzate. Provate a pubblicare qualcosa contro il nostro “ordinamento democratico” e vedrete che fine fa la nostra libertà di stampa. Quanto al detto che i giornali cubani sono “papel para limpiarse el siete” riporto il commento di alcuni cubani ai quali ho fatto leggere l’articolo di Lupi: “Es un come mierda”....
Di quanto Lupi riferisce dei suoi discorsi con i cubani non ritengo sia il caso di soffermarsi più di tanto. I cubani sono abilissimi nel dire quello che uno vuole sentirsi dire. Se uno straniero è favorevole al Governo cubano dicono di essere dei “supercastristi”, il contrario se lo straniero la pensa diversamente. Ma Lupi, così bravo nel capire il vero volto di Cuba, sembra che non se ne sia accorto.... A Cuba la stragrande maggioranza dei cubani che conosco sono favorevoli al Governo, altri sono contrari e ne parlano liberamente. E, senza finire in prigione! Forse che da noi non si dice “piove governo ladro?” Quel che è certo è che quasi nessuno parla male della Revoluciòn. Io ritengo che siano state fatte molte cose buone e altre meno buone, ma è solo un mio punto di vista. Concordo comunque con chi dice che Cuba ha fatto meno di quanto voleva ma ha fatto tutto quanto ha potuto.
Concludendo, Lupi mi sembra un personaggio presuntuoso, superbo, sprezzante ed aggressivo, un atteggiamento classico di chi pensa che nessuno al mondo sia meglio di lui e ritiene di essere il detentore della Verità. Il mio giudizio sull’articolo di Gordiano Lupi é di totale disaccordo, sia sul contenuto che sullo stile. Lo ritengo un atto di premeditato attentato alla verità che spesso oltrepassa il limite della decenza fino ad arrivare alla volgarità. Per questo mi permetto di concludere volgarmente: a leggere simili sciocchezze non posso provare altro desiderio che fare ciò che fanno i campesinos tra “foglie di palma e canne di bambù”....
Saluti.
Elio Bonomi

19.5.06

L'America Latina secondo il Corriere della Sera



Pubblico questo lucido articolo di Gennaro Carotenuto che dimostra come la nostra stampa interessata cerchi di alterare la realtà.

L’anatema del globalista
Corriere della Sera, lancio pesante in prima pagina di domenica 14 maggio e intero primo paginone di cultura per un pezzo intitolato “Da Castro a Chávez, l’Europa sedotta dai leader populisti”. L’articolo è firmato da Ian Buruma, un professore olandese specializzato nel Giappone, editorialista del New York Times, e paladino della globalizzazione.
Tema dell’argomentare di Buruma è, guarda caso, il pericolo Chávez che starebbe facendo proseliti tra gli intellettuali europei per i quali va bene tutto pur che sia antiamericano. L'incipit è offensivo oltre che banale. Gli intellettuali europei, sono una categoria quanto mai sfuggente, e oltretutto, chi scrive se ne occupa di mestiere, la maggior parte degli intellettuali europei non sono per niente sedotti da Chávez, e molto meno appaiono sedotti da esperienze di cambiamento ancora più profonde, come quella che ha portato alla presidenza Morales in Bolivia. Quello del Corsera è allora semmai un avvertimento: non lasciatevi sedurre da Chávez.
Semmai tra l'intellettualità progressista e liberale europea è il pregiudizio antichavista ad allignare e le rotte del pensiero mainstream restano dominanti. Non solo a destra. Buona parte della sinistra postmarxista, postcomunista o neocomunista infatti, ha sempre visto come il fumo negli occhi ogni percorso alternativo a quelli europei. Questi, per definizione, rivendicano per se stessi la primogenitura di tutto. E infatti il "terzomondismo" è sempre più considerato un peccato gravissimo, anche se "terzomondismo", come "populismo", non significa poi molto.
E' una storia lunga e credo che la foto che meglio rappresenti la nostra contemporaneità rispetto all'America Latina, resti ancora quella che vede, nei primi anni '50, andare sottobraccio l'Ambasciatore statunitense a Buenos Aires con il segretario del Partito Comunista in Argentina (il più stalinista al mondo e che inizialmente approvò perfino il golpe Videla) in occasione di una manifestazione antiperonista.
Se si capisce a fondo quella foto si capisce anche l'estrema solitudine dell'America Latina, l'asprezza della rivoluzione cubana, la sostanziale complicità del mondo intero verso i colpi di stato fondomonetaristi, la rapina ignorata del neoliberismo che ha fatto i morti per fame perfino nelle terre più fertili del mondo. E si capisce perché continua ad essere sostanzialmente sola anche la nuova America Latina, che con percorsi originali tenta di allontanarsi da quel neoliberismo.
I capi di stato europei riuniti l'altro giorno a Vienna con i loro omologhi latinoamericani, hanno continuato a dispensare paternalisti consigli. Ma sono tutti consigli interessati e nessuno sa spiegare ad un esponente di un popolo originario ecuadoriano perché deve farsi strappare le terre dove vive perché altrimenti gli indici di borsa dell'ENI ne risentirebbero.
L'incomprensione è il tratto caratteristico delle relazioni Europa-America Latina. In un continente dove vivono 400 milioni di contadini, quasi tutti senza terra, ogni volta che qualcuno, come Evo Morales, o Joao Pedro Stedile, parla di riforma agraria, viene bollato come irresponsabile e... chissà perché, "antiamericano"! E' un'automatismo grave e negativo per gli stessi interessi degli Stati Uniti. Questi scelgono di trasformare in conflitto politico ogni conflitto commerciale ed è chiaro che se tutto quello che non è espressione del fallimentare neoliberismo viene automaticamente bollato di antiamericanismo, alla fine l'antiamericanismo non potrà non tracimare.
IL COLMO DELL'ANTIAMERICANISMO Nelle settimane scorse si è giunti al massimo dell'ipocrisia. Il TLC tra Stati Uniti e Colombia ha messo fuori mercato la soia boliviana in Colombia. Nessuno se n'è preoccupato, ma migliaia di contadini poveri sarebbero stati ridotti all'inedia. Tra l'altro, ma è incidentale, la soia statunitense è transgenica, quella boliviana no. Pochi giorni dopo, un accordo firmato nell'ambito dell'ALBA -l'associazione tra Bolivia, Venezuela e Cuba- ha letteralmente salvato la vita ai produttori di soia boliviana, offendo uno sbocco ai loro prodotti a prezzi equi sui mercati dei paesi associati. Ebbene sulla stampa europea è stato definito un accordo "antiamericano". Ovviamente, se qualcuno avesse definito il TLC tra Stati Uniti e Colombia come "antiboliviano", sarebbe stato ridicolizzato. Non avviene il contrario e autorevoli commentatori possono definire come "antiamericana" l'ALBA. E' che tutto gira sempre intorno all'occidente e il commercio Sud-Sud è visto sempre con sospetto. Per non essere stigmatizzati come "antiamericani" dal Buruma di turno, che si vanta di essere esperto di diritti umani, ma da questi omette il diritto ad alimentarsi, i produttori di soia boliviani avrebbero dovuto lasciarsi morire di fame. Questo è il livello interpretativo su quello che succede in America Latina. Sempre più scadente, sempre più fazioso.
Fateci caso: finché la rivoluzione cubana è stata filosovietica si poteva essere pro o contro. Da quando l'URSS non c'è più, si può essere solo contro. Perché Cuba interessava agli europei solo all’interno del dibattito politico interno. Oggi, nessun dibattito su Cuba è possibile, e il solo voler discutere di Cuba ti fa bollare di castrismo impenitente. E oggi, la sopravvivenza e la fine dell'isolamento di Cuba, diventano per l'intellettualità ed i media europei innanzitutto inspiegabili.
In un contesto diverso abbiamo visto le stesse idiosincrasie eurocentriche rispetto ai fori sociali. Quando è stato chiaro che fossero i movimenti del terzo mondo a fare da guida e ad esprimere la forza e le idee originali e non fossero invece quelli europei (che esprimevano idee balzane come la Tobin Tax, della quale si è riso amaramente dal Pakistan alla Patagonia) a essere l'avanguardia del movimento, in Europa c'è stato immediatamente il riflusso. Un europeo, per quanto progressista e di buon cuore, difficilmente accetta di ricevere e non dispensare consigli.
Tornando a Buruma, questi insinua il dubbio che essendo impossibile appoggiare Chávez ed essere contemporaneamente onesti, alcuni intellettuali -fa una vera lista nera- sarebbero corrotti da opportuni inviti e viaggi pagati. Sarebbe fin troppo facile obiettare che un invito, una consulenza, una serie di conferenze, una cattedra, delle rubriche su prestigiosi media liberali strapagate migliaia di dollari per stare nel coro della messa cantata neoliberale, non scandalizzano per nulla Buruma. Basta guardare il curriculum dello stesso. E' noto che un grandissimo intellettuale di sinistra messicano, fin'allora fustigatore indefesso del neoliberismo, moderò i suoi toni fino a zittire quando gli fu offerta una rubrichina fissa per un settimanale patinato femminile al prezzo, totalmente fuori mercato e sicuramente non pagato dal settimanale, di 5.000 dollari la settimana. E' il libero mercato, no?
Consiglio, solo per cominciare a rendersi edotti sull'argomento, l'importante saggio di Francis Stonor Saunders, La guerra fredda culturale. La CIA e il mondo delle lettere e delle arti, Fazi, 2004, per capire come va il mondo almeno dalla fine della seconda guerra mondiale. Collaborazioni, comparsate, rubriche strapagate, anticipi milionari per libri che poi venderanno poche copie, ma creeranno il "guru liberale" o il "chicago boy" o il "prestigioso intellettuale". Questo ovviamente non scandalizza Ian Buruma, che di questa trafila di prebende è egli stesso gran beneficiario. E' normale che chi tiene il turibolo alla classe dirigente del pianeta sia da questa ricompensato e cooptato. E’ invece preoccupatissimo per il fatto che l’intellettuale britannico Tariq Alì sia stato nominato consulente di Telesur, la televisione pubblica multistatale latinoamericana. Chávez, il terzomondista ricco, spariglia scandalosamente i giochi. Secondo Buruma il compenso –eventuale- della consulenza di Tariq Alì dimostra che Chávez sia un corruttore di coscienze, ma non nomina i suoi ricchi cachet come conferenziere o consulente o editorialista liberale che invece sono guadagnati onestamente. Patetico.
IL DEMONIO CHAVEZ Lo strepitare antichavista di questi giorni è ciclico. Infatti ogni volta che il presidente Chávez viene in Italia viene accolto meglio, con più rispetto e considerazione. Chávez vuole inserire il Venezuela e l'America Latina nel mercato mondiale in maniera equa, cosa impensabile per chi ha rapinato il continente per decenni spacciando tale rapina per libero mercato. Anche il brasiliano Lula vuole la stessa cosa, e lo stesso vuole l'argentino Kirchner. La loro relazione è totalmente sinergica, ma si preferisce raccontarli l'un contro l'altro armati anche se, nel solo 2005, ci sono stati ben 42 vertici a due o a tre. Tutti vogliono un'equa inserzione dei loro paesi nel mercato capitalista e ad alcune penne questo inquieta. Ci sono capitalisti che vogliono continuare a rapinare, tra questi c'è l'ENI, e capitalisti che vogliono fare affari. Questi ultimi fanno la fila per firmare contratti in Venezuela, un paese che sta costruendo migliaia di ospedali, scuole, autostrade, ferrovie, metropolitane.
Perfino la visita in Vaticano con Benedetto XVI è andata bene per il governo bolivariano. Per confutare tale dato di fatto, sempre il Corriere di un paio di giorni fa, ha riesumato quel gran democratico del cardinal Castillo Lara di Caracas, un reazionario della più bell’acqua che non ebbe alcun dubbio nel benedire il colpo di stato dell’11 d’aprile 2002 e che adesso dice papale papale che Ratzinger si sarebbe dovuto rifiutare di ricevere il demonio Chávez. Ovviamente l'opinione di un vecchio cardinale ultrareazionario e con le mani sporche di sangue, se serve a denigrare Chávez, può essere fatta prevalere sul Corsera perfino su quella di Ratzinger che lo riceve normalmente.
L’articolo di Buruma è l’ennesima occasione per mettere Chávez nella stessa barca con Mao (sic!) e l’immancabile Ahmadinejad, per considerarlo null’altro che un burattino di Fidel Castro, e paragonarlo al povero Perón, del quale si continuano a 32 anni dalla morte a scrivere falsità. Nella stampa europea, il povero Perón viene SEMPRE stigmatizzato come “dittatore argentino”. Giova ricordare che dittatore non fu mai, governò sempre in democrazia ed anzi fu fatto cadere dal colpo di stato fondomonetarista del 1955. E' facile approfittare della cattiva memoria dell'opinione pubblica.
IL RITORNO DI PERON Giova ricordare che tutti i dittatori argentini, quelli sì dittatori nei decenni più tristi della storia del paese, furono tutti ferventi amici della Casa Bianca e furono innanzitutto antiperonisti. O meglio furono amici della Casa Bianca innanzitutto perché antiperonisti, mentre nel paese il popolo argentino scriveva la storia dei 18 anni di resistenza che permise il ritorno del vecchio (e a quel punto reazionario, ma non dittatore) Perón.
Un paio d’anni fa, Furio Colombo, da direttore dell’Unità, arrivò a scrivere testualmente -in un editoriale in prima pagina- che Perón fosse stato un dittatore clericale. Non era né dittatore né clericale. Al contrario, i peronisti –che erano mezzi anarchici- bruciavano le chiese e la chiesa cattolica argentina fu sempre la prima nemica del peronismo, tanto da celebrare il colpo di stato antiperonista e da benedire quei militari che torturavano e assassinavano i peronisti, tra i quali sì, si trovavano molti cattolici di base e centinaia di sacerdoti del “movimento per il terzo mondo”. Siamo abituati a pensare che la damnatio memoriae, in epoca contemporanea, sia stata un'esclusiva del più bieco stalinismo sovietico e invece la scopriamo appartenere al mondo liberal dei Buruma e dei Furio Colombo. Basta avere memoria.
Buruma, nel suo crescendo antichavista, arriva all'iperbole di scrivere che i famigerati "intellettuali europei", pur di schierarsi contro gli Stati Uniti, siano pronti a tessere le lodi del dittatore nordcoreano Kim Jong Il. Ma quando mai! Ma dove li ha visti? E' in grado Buruma di elencare qualche nome? A Buruma tutto fa brodo: chi critica gli Stati Uniti allora è dalla parte di Kim Jong Il... e di Chávez. Sono argomenti così stantii –chi non ricorda che chi era contro la guerra era amico di Saddam Hussein?- che sorprende che il Corriere della Sera giustizi centinaia di alberi per dedicare una pagina a tali banalità.
E IL CARACAZO? Forse per captare la benevolenza del lettore, Buruma tenta un iperbolico paragone tra Chávez e Berlusconi, anche se ovviamente salva il secondo per stigmatizzare il primo. Va avanti per una paginata intera con tutti i luoghi comuni antichavisti senza mai neanche per sbaglio ammettere che la democrazia venezuelana fosse solo un simulacro quando apparve Chávez. Ricorda il tentativo di colpo di stato del trentenne Chávez del 1992, ma gliene sfugge l'essenza. Chávez e i suoi erano i militari che tre anni prima si erano sottratti alla furibonda repressione del popolo -il Caracazo- che fece migliaia di morti. Chávez si rivolta perché l'esercito fu usato dal bipartitismo liberale contro il popolo. Chávez e i suoi erano i militari che si erano rifiutati di sparare sulla gente affamata di Caracas. Colpa grave per Buruma ed i suoi, per i quali quelle migliaia di morti non contano nulla. Il fatto che proprio da quell'episodio così cruento germinasse il nuovo Venezuela bolivariano nel quale mai più l'esercito è stato usato per massacrare il popolo, lo lascia indifferente.
E IL COLPO DI STATO? Buruma non sa, o fa finta di non sapere, che in Venezuela l’11 aprile 2002 andò in onda il primo colpo di stato della storia condotto dalla televisione, tutta nelle mani dell’opposizione. Non sa che anche dopo la riforma chavista del 2004 del sistema radiotelevisivo venezuelano questo resta all'80% in mano dell'opposizione. Eppure Buruma è terrorizzato da una censura inesistente. Si lamenta Buruma della riforma della corte suprema in Venezuela? Fa finta di non ricordare che la corte suprema è stata l'unico organo nel paese e nel mondo a sostenere che in Venezuela non ci fu un colpo di stato l'11 aprile del 2002.
Povero Aznar, povero FMI, povero Bush; riconobbero un governo golpista di un golpe mai esistito. Non ricorda Buruma, che mette al terzo posto tra i cattivoni latinoamericani l'argentino Nestor Kirchner, che anche questo ha riformato la corte suprema in Argentina dopo che questa era rimasto l'ultimo inattaccabile bunker del menemismo che teneva in ostaggio la giustizia in un paese di 37 milioni di abitanti?
IL NODO DEL PRESIDENZIALISMO Su di un punto ha ragione Ian Buruma. I presidenti del continente americano hanno troppo potere. Ovviamente Buruma teme il potere dei presidenti sudamericani mentre è più accondiscendente con quello ancora più grande dei nordamericani, ma ha ragione. Eppure Buruma dovrebbe sapere perché in tutto il continente americano furono imposti modelli presidenzialisti laddove in Europa non ne esiste neanche uno. Il sistema presidenziale supplisce monocraticamente alla difettosità della rappresentanza da parte dei diversi soggetti della società civile, che molto meglio sintetizzano le democrazie parlamentari europee.
Ma da quando il vecchio James Monroe stabilì che il continente intero fosse il cortile di casa degli Stati Uniti, nessuna democrazia si è potuta mai sviluppare in maniera armonica fino a darsi un'altra forma più matura, quella parlamentare che rappresentasse le diverse istanze della società. Ma il presidenzialismo latinoamericano è stato sempre funzionale al mantenimento al potere delle oligarchie conservatrici, e dei potentati economici sempre alleati degli Stati Uniti.
Ogni volta che la società civile latinoamericana ha avuto la forza di cercare equilibri più avanzati, è stata castigata dalle oligarchie appoggiate dagli Stati Uniti. Un sistema presidenziale è semplice ed efficace da controllare: il presidente può essere amico o nemico e se è nemico può essere boicottato, denigrato, schernito, gli si può organizzare contro un colpo di stato.
La sinistra latinoamericana, tra i molti deficit storici, ha sempre avuto quello di non mettere al centro dei propri programmi la riforma in senso democratico dello stato, facilmente identificabile con l'abbandono del presidenzialismo. Sforzo titanico: i governi popolari, presenti e passati arrivano al governo sulla base di istanze storiche, di fami ataviche e di ingiustizie da sanare. E' purtroppo impensabile che un presidente progressista arrivi al governo e come primo atto limiti il proprio potere in favore di migliore e maggiore rappresentanza. Eppure le cose stanno cambiando anche in questo senso.
Proprio la costituzione partecipativa che si è data la Repubblica Bolivariana del Venezuela rappresenta il più avanzato modello di democratizzazione della partecipazione politica nella storia del continente. Lo seguirà a breve il processo costituente boliviano già convocato. E' una primavera dei popoli e dell'allargamento della rappresentanza quello che sta vivendo l'America Latina. E' un cammino lungo e difficile, ma è in corso.
Il Buruma di turno è scandalizzato dai processi elettorali venezuelani. Ma è scandalizzato perché vince Chávez e non quell'opposizione che si autodenomina "alta società civile". Fa finta di non conoscere che l'indice IDE delle Nazioni Unite, che parametra il diritto di voto, la trasparenza e la libertà di voto e la varietà e sostenibilità degli incarichi elettivi, attribuisce alle elezioni in Venezuela un indice di 0,99 su 1.00 che è il massimo. Per fare un paragone calzante il Cile, identificato come il modello dei modelli positivi da Buruma, ha un indice di appena 0,75 e il sistema elettorale pinochetista, che la democrazia liberale si guarda bene dal cambiare, è uno dei meno democratici al mondo. Ovvero le elezioni che hanno eletto la beniamina dei liberali Michelle Bachelet sono molto più preoccupanti per le Nazioni Unite rispetto a quelle che hanno eletto in questi anni Hugo Chávez. Ci vogliamo domandare seriamente perché di questo non si parla?
Gennaro Carotenuto http://www.gennarocarotenuto.it/dblog/storico.asp

17.5.06

La Rivoluzione arancione


L'Ucraina di Lushenko sta attraversando una lunga crisi iniziata lo scorso anno dopo che alcuni organi di stampa avevano denunciato corruzione e soprusi. In quell'occasione scrissi queste ironiche e tristi considerazioni

La rivoluzione arancione
Ricordate la rivoluzione arancione? Magari ve la siete già dimenticata! E magari vi ricordate ancora di quella cubana. Vi ricordate di Ernesto “Che” Guevara, Camilo Cinfuegos e di quel dittatore comunista di Fidel Castro e vi siete già scordati di Lushenko?
Allora vi rinfresco la memoria. In Ucraina, malgrado il crollo del comunismo e la dissoluzione dell’Unione Sovietica, governava ancora un Presidente che voleva garantire a tutti i cittadini dei diritti minimi quali la casa, la scuola, la sanità, ecc. ostacolando lo sviluppo del capitalismo a la possibilità ai cittadini di arricchirsi , di avere delle lussuose villa con piscina al posto di una, magari carina, ma semplice casa, college all’americana dove far studiare i propri figli al posto della scuola statale, favolose cliniche private al posto della sanità pubblica, Mercedes, Porshe e Ferrari al posto del trasporto pubblico.
Bene, questo Presidente ha vinto le elezioni malgrado i sostanziosi aiuti delle democrazie occidentali a sostegno del democratico Lushenko. Per fortuna che gli ucraini non sono mica scemi! Dopo avere votato per il vecchio Presidente, alcune decine di loro, ripresi da tutti i media occidentali, sono scesi in piazza a protestare, Lushenko ha tenuto dei memorabili comizi che gli hanno insegnato in occidente e che al confronto i discorsi del Che, Fidel e Camilo all’Avana liberata fanno ridere, e quasi per miracolo, qui ci deve essere la mano divina, sono apparse bandiere arancione e tutti i vari gadged che nei paesi democratici non possono mancare. Tutti ovviamente di colore arancione, perché questo è il colore che ha sempre accompagnato le grandi rivolte popolari contro i tiranni e gli sfruttatori. Altro che quegli stracci rossi….
Alla fine “grazie a Dio” anche in Ucraina la democrazia ha trionfato! Il Presidente eletto è stato estromesso, Lushenko ha indetto “libere elezioni” e la stampa “libera” questa volta è stata finanziata con maggiori capitali provenienti dai Paesi democratici. E gli stupidi ucraini che avevano eletto il vecchio Presidente, istruiti dalla “libera informazione”, sono diventati intelligenti e hanno eletto Lushenko.
Da quel giorno in Ucraina è iniziato un futuro di prosperità, molto simile a quello italiano dopo l’avvento del governo Berlusconi…. Infatti il figlio ventenne di Luscenko, secondo la stampa, possiede un’auto da 250 000 dollari, un telefonino satellitare da 5 000 dollari, cena tutte le sere nei migliori ristoranti e sicuramente, tra cene, telefonate, spostamenti in auto, ecc., quando ha tempo frequenterà qualche moderno college.
Ieri il neo Presidente democratico ha parlato in televisione. Un grande discorso che ha rassicurato il popolo ucraino. Il loro meraviglioso futuro non sarà messo in pericolo da un branco di giornalisti killer!!!
Magari a costo di rinunciare a qualche privilegio come casa, scuola, sanità, ecc. l’avvenire dell’Ucraina sarà assicurato dal capitalismo e dal capo della rivoluzione arancione….

Elio Bonomi
14 Agosto 2005

16.5.06

HABANA LIBRE

Questa foto è del 1999 mentre passeggio in Calle Obispo all'Avana, città affascinante che amo profondamente e che spero di frequentare molto di più in futuro. Pochi ci crederanno ma all'Avana si respira ARIA DI LIBERTA' malgrado quello che scrivono quasi tutti i nostri "liberi" giornalisti lautamente stipendiati dai loro padroni. E ovviamente molti di loro l'Avana non l'hanno mai vista o al massimo sono transitati all'aereoporto....

12.5.06

La Chiesa e la democrazia


Pubblico la relazione di Roberto Scarpinato procuratore aggiunto di Palermo, intervenuto al Convegno di Roma- 24- 26 febbraio 2006- sul tema: legalità, questione morale, cultura e giustizia: il ruolo del cattolicesimo italiano , promosso da Adista, Libera, Micromega, Narcomafie, Segno. Su Adista n. 26, 1 aprile 2006.

Il dio dei mafiosi e dei dittatori
Affronterò i temi oggetto del dibattito a partire da una breve nota autobiografica.
Sino all'età di quarant'anni circa, il mio rapporto con la religione ed il cattolicesimo è stato quello tipico dell'italiano medio, cioè assolutamente non proble­matico. In Italia, tranne poche minoranze, si è cattolici non per scelta ma per destino culturale. Si nasce e si muore senza interrogarsi quasi mai sui temi della religione. Si attraversa un'esistenza scandita dal suc­cedersi di riti - battesimi, matrimoni, comunioni, funerali - dei quali si è smarrito il senso. Riti che in fondo sembrano servire a tenerci compagnia, a non sentirci soli nella vita.
Ho preso a riflettere su questi temi quando, ap­punto verso i quarant'anni, ho iniziato a frequentare per motivi professionali gli assassini. Quando a volte mi chiedono: "chi frequenti"? lo sono solito rispon­dere: "frequento assassini e complici di assassini". Perché in realtà in questi ultimi quindici anni è stato molto di più il tempo che ho trascorso con loro, a interrogarli nelle carceri, a leggere le loro dichiarazioni, ad ascoltare le intercettazioni delle loro conversazioni, che il tempo che ho passato con i miei familiari e con le persone normali.
Frequentare gli assassini per me è stato illuminante, perché è stato come frequentare a lungo la morte, lo scandalo della morte. Mors magistra vitae: entrare in confidenza con la morte a volte ti consente di entrare in confidenza con alcuni segreti della vita.
Questa premessa è finalizzata a spiegare come e perché io abbia iniziato a riflettere su Dio, sulla fede, sull'etica cattolica, sul ruolo della Chiesa in Italia. Non per un innamoramento intellettuale, ma direi quasi costretto dalla dura realtà con la quale devo misurarmi ogni giorno, una realtà che quasi ti afferra per il bavero e ti costringe a porti delle domande e a darti delle risposte.
La prima volta che nella mia lunga frequentazione degli assassini mi accadde di dovermi confrontare col problema di Dio fu in occasione dell'interrogatorio di un collaboratore. Si chiamava Francesco Marino Mannoia, era un trafficante internazionale di droga, un killer specializzato. Un mese dopo che aveva iniziato a collaborare con la giustizia, nell'ottobre dell'89, la ma­fia per ritorsione gli assassinò contemporaneamente la madre, la sorella e la zia. Mi trovai a interrogarlo qual­che giorno dopo. Era distratto. A un certo punto mi disse: "signor giudice, mia madre, mia sorella, mia zia non vengono più ad abitare i miei sogni. Non si fanno sognare da me. E io so perché: Dio mi punisce. Mi punisce perché io ho tradito".
Il caso volle che qualche tempo dopo mi trovai a interrogare un altro mafioso, divenuto pure collabo­ratore, che era stato uno dei componenti del com­mando che aveva partecipato all' omicidio della madre, della sorella e della zia di Marino Mannoia. Era un giovane distinto, componente del gruppo di fuoco ai diretti comandi della cupola di Cosa nostra. Questo ragazzo mi disse che lui aveva ricevuto un' educazione cattolica e che tutti i giorni, sin da quando era bam­bino, la sera diceva le preghiere. E recitava le preghiere anche quando tornava a casa dopo avere eseguito degli omicidi.
La cosa cominciava a complicarsi. Ma una spie­gazione mi sembrò arrivare da un altro mafioso, si chiamava Mutolo, anche lui trafficante di droga, anche lui con una cinquantina di omicidi sulle spalle. Una volta andai a interrogarlo con la mia segretaria. E lui aveva un atteggiamento diverso. Poco prima di iniziare il racconto dell'esecuzione dell'omicidio si rivolgeva alla mia segretaria e esordiva: "chiedo scusa, si­gnora.. .", dopodiché raccontava. Quando fini questo interrogatorio, io stavo riordinando le mie carte, lui d'improvviso si rivolse alla mia segretaria e le disse: "signora, mi dica una cosa, ma se lo Stato italiano entrasse in guerra con uno Stato straniero, ad esempio la Jugoslavia, e un soldato italiano uccidesse cento, mille nemici, lei lo considererebbe un assassino, o un eroe di guerra?". La mia segretaria rimase perplessa, lui non le diede neanche il tempo di rispondere perché aggiunse: "ecco, vede? lo mi sentivo come il soldato di uno Stato. Non mi interessava affatto il giudizio del popolo italiano. Come a un italiano che è in guerra con la Jugoslavia non interessa il giudizio del popolo jugoslavo. A me interessava il giudizio del mio popolo, e io mi sentivo in pace con la mia coscienza e con Dio".
Potrei citare tanti casi analoghi, che sono noti alla stampa, come quello di un famoso capomafia, Aglieri, che durante la latitanza riceveva un frate che celebrava messa; così come potrei raccontare le tante esperienze di perquisizioni, eseguite subito dopo arresti di latitanti e la mia sorpresa nel vedere queste abitazioni le cui pareti erano quasi tappezzate da immagini religiose.
La questione per me si complica ulteriormente quando comincia la stagione degli assassini con il colletto bianco. Mi riferisco alla mafia borghese, alla mafia bianca. Cioè quelli che non sparano in prima persona, ma che proteggono gli assassini, li aiutano a evitare le condanne, fanno con loro affari lucrosi, e a volte chiedono agli specialisti della violenza materiale di eliminare qualche ostacolo che si trova lungo la stra­da e che non può essere eliminato per vie incruente. Il loro motto è: "Dio sa che sono loro che vogliono farsi ammazzare". Mi è capitato di sentirlo più volte nel corso delle intercettazioni. E così mi accadde di cono­scere anche questi sepolcri imbiancati, questi esponenti della borghesia mafiosa.
Ricordo uno dei più rinomati medici di Palermo, che diventò collaboratore e confessò di essere un capomafia. Lui frequentava la Chiesa e mi raccontava che suo zio, che pure era un capomafia, si recava a pregare sulle tombe di coloro che "era stato costretto ad abbattere".
E poi venne la stagione degli uomini politici. Uo­mini politici potenti, importantissimi, anche di rilievo nazionale. E quale la sorpresa nel dovere constatare che questi uomini politici che avevano l'abitudine di recarsi ogni mattina a messa, negli intervalli di tempo partecipavano a summit con capimafia in occasione dei quali si decideva l'omicidio di altri uomini politici!
A questo punto sono stato costretto a pormi una domanda: ma come è possibile che carnefici e vittime preghino lo stesso Dio e che ciascuno di loro sia in pace con sé stesso? Ma poi ho chiesto a me stesso: ma di che cosa mi sto meravigliando?
A volte le cose sono davanti al nostro sguardo, ma noi siamo ciechi e non abbiamo occhi per vederle. Il mondo è pieno di assassini, ben più feroci di quelli da me conosciuti nella mia esperienza palermitana, che credono in Dio, sono cattolici praticanti, sono in pace con sé stessi e che muoiono nel proprio letto, convinti di avere bene operato, confermati in tale convinzione da preti e vescovi che mai li hanno criticati in vita e li hanno benedetti in morte.
Basterà qualche esempio: che dire del dittatore Pinochet, il quale ha sempre dichiarato di essere un buon cattolico, di essere in pace con sé stesso e con Dio, e di aver operato per il bene della patria? E che dire dei generali argentini, che condannarono a morte migliaia e migliaia di giovani? Nel corso di alcuni processi alcuni di questi militari per esibire la loro patente di cattolicità raccontarono come loro avessero seguito le indicazioni del clero. E i giudici chiesero: in che senso? E i militari spiegarono: uno dei modi che veniva praticato per uccidere i dissidenti, per esempio i giovani che venivano prelevati all'uscita dalla scuola, era il cosiddetto vuelo. Si prendevano questi giovani, si caricavano su un aereo e poi si buttavano giù nell'Atlantico. Ma alcuni lati prelati ci dissero - ag­giunsero gli stessi militari - che questo era anticristiano, non si potevano buttare giù queste persone così. Ci consigliarono di narcotizzarle, e noi le narcotizzammo.
Ma attenzione, il problema dei dittatori latino­americani non può essere minimizzato, ridimensiona­ndolo alla follia morale di alcune persone particolar­mente efferate. Perché la storia insegna che le giunte militari argentine, brasiliane e cilene furono il braccio armato di borghesie latino americane che non hanno esitato a fare ricorso al genocidio di massa per di­fendere il sistema di privilegi che veniva messo in pericolo dalle rivendicazioni popolari. Borghesie di milioni di cattolici, praticanti, che ancora oggi consi­derano Pinochet, Videla e gli altri militari degli eroi della Patria: per questo motivo non è stato possibile processarli prima ed è difficile processarli oggi, perché processare loro è come processare un'intera parte della società latino americana.
Dunque, ritornando alle mie ben più modeste frequentazioni con gli assassini, di che cosa mi me­ravigliavo?!
Il quesito iniziale, ovvero com'è possibile che vit­time e carnefici preghino lo stesso Dio e siano in pace con se stessi, non riguardava più soltanto Palermo e la realtà mafiosa, ma si dilatava nello spazio e nel tempo diventando universale. Ed è un quesito che almeno per me esigeva una risposta.

Il politeismo occulto della Chiesa e l'elemosina della corruzione
La risposta che ho tentato di darmi è questa: in realtà vittime e carnefici non pregano lo stesso Dio. Pregano un Dio diverso.
Questo miracolo della moltiplicazione di Dio, della coesistenza di più Dio nella stessa Chiesa, avviene grazie al fatto che nella Chiesa Cattolica il rapporto tra Dio e il fedele è gestito da un mediatore culturale: un sacerdote, un prelato. Ogni strato sociale, ogni seg­mento della società, ogni tribù sociale esprime dal proprio interno culturale, sociale, il proprio mediatore culturale con Dio, che dunque è portatore della stessa cultura, della stessa visione della vita dell'ambiente che lo ha espresso.
Esiste così un Dio dei potenti, e un Dio degli impotenti. Un Dio dei mafiosi, e un Dio degli an­timafiosi. Un Dio dei dittatori, e un Dio degli oppressi. Così in America Latina esistono prelati che siedono alla stessa mensa di dittatori genocidi e ne condividono le scelte, e quelli invece che stanno dalla parte degli oppressi, come monsignor Romero, e che si sono fatti ammazzare per tutelare le ragioni degli oppressi.
E in Sicilia c'è un padre Puglisi, ci sono sacerdoti come Nino Fasullo, pochi devo dire, e ci sono sa­cerdoti che invece condividono la cultura mafiosa, che celebrano messa in chiese affollate dal popolo di mafia e dalla borghesia mafiosa.
E poi ci sono i sacerdoti della cosiddetta palude, cioè quelli che non stanno né dalla parte della mafia, né dalla parte dell'antimafia, né con la destra, né con la sinistra, né col centro, ma che stanno solo dalla propria parte.
Ciascuno sceglie liberamente la propria Chiesa e il proprio Dio. Molto democraticamente.
Ci troviamo dinanzi ad un politeismo segreto ed occulto. Questo politeismo è segreto per l'occhio del mondo, ma è conosciuto dalle gerarchie ecclesiastiche che, tranne qualche eccezione, evitano accuratamente di scegliere e lasciano che i vari Dio convivano l'uno accanto all'altro.
A volte mi viene in mente la metafora del banco del casinò, che non perde mai perché punta su tutti i numeri: sul rosso e sul nero, e anche sullo zero. Que­sto non scegliere è possibile anche perché tranne poche eccezioni la predicazione evangelica ha un taglio generalista che consente a chiunque un approccio non problematico.
La predicazione nelle chiese, tranne delle eccezioni, è incentrata sul valore della famiglia, sulla morale sessuale, e su generici appelli alla solidarietà, all'amore per il prossimo, alla cosiddetta etica dell'intenzione, e a una carità comoda perché si traduce nella cultura del­l'elemosina. Così la signora bene della borghesia ma­fio sa, paramafiosa ed affarista, che con i soldi delle tangenti del marito compra borse griffate Vuitton a tremila euro l'una - mentre ottocento metri più sotto, nei quartieri popolari degradati c'è gente che non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena - si sente tanto buona perché regala vestiti dismessi griffati, pro­babilmente per fare posto ad altri acquisti, perché la sera organizza le serate della Croce rossa per racco­gliere fondi, e perché ha adottato dei bambini all'estero versando 50 euro. La stessa signora non si sente as­solutamente in colpa poi se non versa i contributi per la collaboratrice domestica.
I mariti, che evadono il fisco, che fanno soldi con la corruzione e con mille altri metodi illeciti, approprian­dosi a man bassa di soldi pubblici destinati agli ospe­dali, alle scuole, destinati a strappare a un destino di mafia migliaia di persone, ascoltano le omelie dome­nicali che predicano l'amore per il prossimo con serena coscienza, compiacendosi della propria bontà per avere staccato un assegno di ventimila euro per la parrocchia, additati dal prete celebrante ai fedeli come esempio di buona cristianità.
Poiché la realtà supera sempre l'immaginazione, vorrei raccontare un episodio emerso nel corso di un processo durante tangentopoli.
Un famoso uomo politico, già Ministro della Prima Repubblica, deve operarsi per un grave problema cardiaco: deve recarsi negli Stati Uniti e non si sa se questa operazione molto difficile andrà bene o male. Quindi fa un voto alla Madonna: se l'operazione andrà bene regalerà alla parrocchia cento milioni di vecchie lire. L'operazione va bene. Il politico ritorna, chiama un imprenditore e gli dice che deve dare cento milioni alla parrocchia. L'imprenditore obietta: "ma perché glieli devo dare io?". "Scusa - replica il politico - tu mi devi dare cento milioni di tangente? Invece di darli a me, li dai alla parrocchia, perché ho fatto un voto". L'elemosina finanziata con i soldi della corruzione, da buon cattolico.
La cultura dell'elemosina non costa nulla! E per­petua le catene della schiavitù economica e della sottomissione ai potenti. La cultura dell'elemosina lascia le cose come stanno, si traduce in una acquie­scenza all'esistente, in una complicità con l'ingiustizia sociale.
La cultura dei diritti e della legalità invece è sco­moda, perché costringe a prendere
concretamente posizione dinanzi ai potenti della Terra, quelli che occupano i vertici della piramide sociale, e che sono responsabili della ingiustizia sociale, della povertà e del degrado metropolitano, un moloch che costringe milioni di persone a sopravvivere in quartieri dormitorio che sono delle vere e proprie discariche sociali e dove a volte l'economia dell'illegalità (il contrabbando di tabacchi, la prostituzione, lo spaccio di stupefacenti) diventa un'economia della sussistenza.
Tantissimi trascorrono la propria esistenza in un continuo pendolarismo tra queste discariche sociali a cielo aperto e le carceri, altre discariche sociali al chiuso, assolutamente inumane ed anticristiane perché i detenuti sono costretti a vivere in celle sovraffollate, destinate a tre o quattro persone e dove si è invece costretti a stiparsi a volte anche in dodici, in condi­zioni di assoluta promiscuità.
Quali sono state, tranne poche eccezioni, le risposte delle gerarchie ecclesiastiche a tutto ciò? Silenzio dinanzi alla corruzione sistemica, grave peccato contro la solidarietà sociale. Silenzio dinanzi alla borghesia mafiosa e paramafiosa. Silenzio dinanzi all'illegalità di massa delle classi dirigenti che genera l'illegalità di massa delle classi popolari. Generici appelli ad una solidarietà che si traduce in una elemosina praticata con entusiasmo da queste stesse classi dirigenti: col denaro pubblico.
Chiesa e democrazia: due relativismi di segno opposto
Questo segreto ed occulto politeismo della Chiesa Cattolica produce a mio avviso un altro fenomeno segreto: il relativismo etico della Chiesa Cattolica. L'ac­cusa che in questi tempi viene rivolta alla cultura laica è quella di una deriva relativistica dei valori. E qui bisogna chiarire. La democrazia si fonda sulla libertà di coscienza di tutti i cittadini. E su questo si basa la sua superiorità rispetto ad altri regimi politici. La libertà di coscienza determina il pluralismo culturale e il plu­ralismo dei valori. Il relativismo dei valori quindi non significa nichilismo, disprezzo per i valori, ma al contrario il rispetto per i valori degli altri. Le istituzioni pubbliche sono il luogo nel quale i diversi relativismi si confrontano in modo trasparente. Per decidere quale relativismo deve prevalere su un altro, si adotta il principio della maggioranza. Ma per evitare che il principio della maggioranza si trasformi nella dittatura della maggioranza, e che quindi il relativismo della maggioranza diventi assolutismo, lo Stato democratico dei diritti prevede il frazionamento dei poteri, il loro reciproco bilanciamento e una serie di garanzie per le minoranze. La democrazia può essere quindi orgo­gliosa del proprio relativismo. Il relativismo della Chie­sa Cattolica invece a mio parere è occulto ed è tenuto segreto. Ed infatti mentre da un lato i vertici ecclesia­stici rivendicano di essere depositari di una verità senza se e senza ma (nel campo di un'etica che si incentra oggi come ieri soprattutto sul terreno della gestione della sessualità, e su temi quali l'aborto, la feconda­zione assistita, la contraccezione), e proprio sulla base di questa verità assoluta tentano di condizionare la legislazione statale, dall'altro lato, nelle chiese e nelle parrocchie di tutto il mondo Dio, la verità e l'etica cattolica si relativizzano, quasi balcanizzandosi. Perché sui temi che riguardano la quotidiana fatica del vivere, il dolore del vivere causato dalla prepotenza e dalle ingiustizie sociali, a ciascuno è dato di scegliere il pro­prio Dio, e quindi la propria etica. Questo relativismo etico produce a mio parere una vera e propria scri­stianizzazione, una diserzione del cristianesimo. In tan­te, in troppe chiese, per milioni di fedeli, Dio parla per bocca di preti che frequentano senza problemi i salotti della borghesia corrotta e di quella mafiosa o le stanze del potere dei dittatori, e che riducono Dio a guardiano dei comportamenti da tenersi in camera da letto.
Perché meravigliarsi dunque se nel corso del maxi processo, durante un confronto il capo di Cosa nostra, Salvatore Riina, rivolgendosi a Buscetta l'accusò di essere immorale, perché Buscetta era un fimminaro che frequentava le donne. Riina era sincero, perché per lui la morale era la morale sessuale, tout court. E perché meravigliarsi, se nel corso di un'intercettazione mi è capitato di ascoltare un dialogo di questo genere: un mafioso che si reca precipitosamente a casa della mo­glie di un capomafia latitante e le comunica la propria preoccupazione perché tizio, pure mafioso, è entrato in una profonda crisi interiore e c'è pericolo che colla­bori. Commento della moglie del mafioso: "se lui si deve pentire, si deve pentire dinanzi a Dio, e non dinanzi agli uomini, rovinando cosi dei padri di fa­miglia". Ecco l'etica dell'intenzione, la dissociazione fra la morale del pulpito e la morale del confessionale.
Questo non scegliere, alla base del relativismo di molte gerarchie cattoliche - naturalmente ci sono sempre delle eccezioni illuminanti - non sempre è praticabile. A volte la realtà ha costretto le gerarchie cattoliche a scegliere. Ma la lezione della storia dimo­stra che non sempre questa scelta è stata a favore degli ultimi e degli oppressi, i quali sono stati abbandonati al loro destino. In occasione di un viaggio di lavoro a Buenos Aires, ho incontrato le cosiddette madri corag­gio che da tanti anni protestano sfilando in silenzio dinanzi ai palazzi del potere, per chiedere giustizia per i loro cari. Mi capitò poi di leggere su una rivista la lettera di una di queste madri. Era il tempo in cui la Spagna chiedeva l'estradizione di Pinochet per pro­cessarlo. Il Vaticano espresse la propria contrarietà. Ho conservato questa lettera, di cui voglio leggere un brano: "Lui, il Papa, che avrebbe dovuto alzare una parola quando c'era la violenza, la disperazione, la strage nelle nostre famiglie, lui che avrebbe dovuto generare tutta la reazione internazionale perché sapeva cosa stava accadendo, lui ha taciuto, abbandonandoci nelle mani degli assassini e dei torturatori. Solo noi sudamericani sappiamo bene che cosa è la curia argen­tina, cilena, sudamericana. Ed ora che dopo tanti tentativi, tante speranze, pensavamo che si cominciasse finalmente ad ottenere qualche risposta internazionale alla nostra storia, al nostro dolore, ancora intatto, lui, finalmente dopo tanto silenzio, parla. Ma parla per sottrarre alla giustizia il capo dei nostri assassini, per dire no ad una condanna per i delitti aberranti, terribili che ci porteremo addosso per tutta la vita".
È vero, in America Latina c'è stato anche monsi­gnor Romero il quale è stato ucciso perché difendeva le ragioni dei campesinos. Ma mi pare che le gerarchie cattoliche non abbiano scelto monsignor Romero, se è vero, come è vero, che tutta la teologia della libera­zione è stata messa a tacere. Che tutte le cattedre sono state chiuse, e se è vero come è vero che la beatifi­cazione di monsignor Romero è rimasta bloccata per sette anni, mentre altre procedono molto velocemente (il risultato è che dai venti ai quaranta milioni di latino americani hanno abbandonato la Chiesa cattolica).

Il populismo mediatico delle oligarchie
Ma chi decide queste ed altre scelte? O chi decide le non scelte? Forse il popolo cattolico? Certamente no. E qui veniamo al nodo cruciale del rapporto tra democrazia e Chiesa. Credo che siamo tutti d'accordo su un punto (me ne sono convinto ancor di più leggendo proprio le riviste cattoliche): chiusa la breve parentesi conciliare, si è assistito ad una rivincita delle burocrazie dei vertici vaticani. La storia postconciliare sembra riconnettersi con assoluta continuità alla storia preconciliare. Alcuni parlano del canto del cigno del cattolicesimo medioevale. Siamo ritornati alla restau­razione di una monarchia assoluta che concentra tutto il potere all'interno della Chiesa in un ristrettissimo vertice. Tra questo vertice e il popolo di base non esi­ste una vera corrente, una vera osmosi. Esiste una frattura fra questa realtà di base e i vertici, che sem­brano sempre più autoreferenziali.
Mi pare che all'interno della Chiesa Cattolica si stia vivendo una vicenda analoga e parallela a quella che travagli a la storia del potere della laicità. Cioè una ristrutturazione oligarchica e verticistica del potere ed una gestione mediatica delle masse. A questi vertici sembra che il rapporto reale con la base non interessi. Il rapporto con la base invece di nutrirsi di una cor­rente ascensionale, di un continuo dibattito, sembra essere gestito mediante i media. Un cattolicesimo sempre più ridotto a immagine mediatica, a mira­colismo, a sceneggiati televisivi sulla vita dei santi. Vari minuti di Vaticano ogni giorno in Tv: dovrebbe far riflettere che i media di regime, che hanno silenziato chiunque si sia rivelato scomodo per il potere, che hanno censurato l'informazione sui fatti, che ignorano completamente le esperienze di base del popolo cat­tolico, invece fanno da megafono ai vertici vaticani.
Mi viene in mente una frase che una volta lessi: il vero nemico del cristianesimo non è stato Diocleziano, è stato Costantino. Gesù è stato ucciso democra­ticamente dal potere politico e religioso. Il processo a Gesù è emblematico: il popolo sceglie Barabba. Il popolo gestito demagogicamente dal potere. Gesù viene ucciso fisicamente dal potere ecclesiastico e politico e poi viene ucciso culturalmente dal costantinismo che lo fa diventare instrumentum regni.

La scelta
E allora il problema è quello di spezzare questo rapporto perverso tra fede e potere. Spezzare questo rapporto significa restituire la voce di Dio e di Cristo agli uomini perché nel corso della storia lo spazio tra l'uomo e Dio è stato troppo a lungo sequestrato dal potere. Credo che ciò sia compito soprattutto dei credenti. E credo che i credenti per assolvere a questo compito debbano solo essere coerenti con l'insegna­mento di Cristo, recuperare l'insegnamento antipotere di Cristo. A me pare che il nocciolo del messaggio di Gesù sia proprio la sfida ai potenti, affinché prendano atto della loro complicità nella sofferenza degli uomini. Solo i poveri sono innocenti, disse, solo i miserabili sono senza peccato, solo chi non ha pane è senza colpa. E a proposito del dovere di scegliere, io credo che l'etica laica e l'etica cristiana coincidano. Sartre disse: l'etica consiste nello scegliere, noi siamo le nostre scelte. E Gesù nel Vangelo (Luca, 12, 51) dice: voi pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, vi dico, ma piuttosto divisione. Quale divisione? La divisione di chi sceglie. E sceglie di stare dalla parte degli ultimi e degli oppressi. Una scelta che si traduce nella carità attiva, per la cultura dei diritti, per la liberazione dalle catene del bisogno, una scelta che condannò Gesù a morte e che sempre nel corso della storia ha condannato a morte chi ha osato schierarsi contro il potere. La lezione di Cristo dunque a me sembra esattamente opposta a quella curiale della non scelta o della scelta a favore del potere. A volte quando a Palermo mi capita di partecipare a cerimonie funebri, per commemorare le vittime di tanti omicidi mafiosi, mi guardo intorno e chiedo a me stesso: chissà quanti assassini, quanti sepolcri imbiancati ci sono qui, in questa Chiesa, accanto a me, in pace con sé stessi e con Dio. In quei momenti chiudo gli occhi; e mi piace immaginare che un giorno qualcuno scriva sulle facciate di tutte le chiese di Palermo la stessa frase che un grande vescovo brasiliano scrisse sulla facciata della sua cattedrale: il mondo si divide tra oppressori e oppressi.
Tu, cristiano, che stai per entrare, da che parte stai?