E’ da quando sono prematuramente scomparsi
Hugo Chàvez e Nestor Kirchner che ci si domanda quale sarà il
futuro dell’America Latina progressista ed integrazionista che
tante speranze in un futuro migliore ha generato in tutto il
continente e tra gli strati più progressisti dell’intero pianeta.
Le difficoltà in cui si trovano ad operare i governi di Brasile e
Venezuela ed il risultato delle elezioni in Argentina, dove il
candidato a continuare il lavoro del kirchnerismo è costretto al
ballottaggio con poche speranze di successo, sembrano indicare che si
sia vicini alla chiusura di questo ciclo progressista che negli
ultimi decenni ha messo in scacco il neoliberismo dominante e che sia
ormai prossimo il ritorno al potere delle oligarchie reazionarie.
Il progetto politico dei governi progressisti
della regione ha mostrato tutti i suoi limiti dovuti in maggior parte
al fatto di non essere stati in grado di sconfiggere, se non a
parole, il potere dei grandi capitali. Dopo Chàvez, solo Evo Morales
in Bolivia ed in parte Rafael Correa in Ecuador, sono riusciti a
scalfire i poteri oligarchici ed a contrapporre la presenza dello
stato come organo che controlla e dirige le attività economiche e
sociali del paese.
Negli anni del dominio delle dittature e dei
successivi governi apparentemente democratici, si sono visti
diminuire rapidamente i ruoli degli stati per lasciare campo aperto
agli interessi dei grandi capitali in mano alle oligarchie, questo ha
portato a conseguenze drammatiche con aumento della
povertà, dissesto economico, violenza, criminalità, corruzione,
sfruttamento indiscriminato dell'ambiente ed aumento dei conflitti
sociali controllati solo mediante la repressione violenta. Le
esperienze dei governi progressisti che ne sono seguiti hanno portato
sicuramente dei grandi vantaggi in tutti questi campi ma proprio il
non aver aperto un vero conflitto con gli interessi dei grandi
capitali ha fatto sì che i processi di cambiamento non abbiano
inciso in maniera profonda mostrando i loro limiti, permettendo così
ai potenti mezzi di dis-informazione delle destre reazionarie di
creare un clima di insoddisfazione che sta mettendo in crisi i
processi di cambiamento in corso. Un ruolo importante in tutto questo
lo ha avuto anche il fallimento del tentativo di costruire un sistema
educativo in grado di formare una cultura umanista capace di fare
argine all'invasione della cultura dei consumi come valore
alternativo ai dritti sociali.
Rispondere all'interrogativo di
cosa succederà dopo la fine del kirchnerismo in Argentina, del
bolivarismo in Venezuela, dell'esperienza di Lula in Brasile e della
meteora di Pepe Mujica in Uruguay, non è cosa facile. Sicuramente
sembra allontanarsi la possibilità del ritorno di governi che
possano governare escludendo totalmente le masse popolari come
avvenne dopo la caduta delle dittature, però il ritorno al potere
delle destre neoliberali sicuramente metterà fine alla speranza di
integrazione regionale, la sola che avrebbe potuto fare uscire
definitivamente l'America Latina dalla dipendenza dagli interessi
nordamericani ed europei. Ed anche alla speranza che in altre parti
del mondo, Europa compresa, si possa guardare ad un futuro dove gli
interessi dei popoli prevalgano su quelli dei grandi capitali.
All'interno degli attuali sistemi
democratici è pressoché impossibile che sorgano dei leader in grado
di guidare i popoli verso l'emancipazione e la distruzione dei grandi
potentati economici, competendo dentro questi sistemi non si potrà
andare oltre semplici cambiamenti di facciata, vedasi l'esperienza
europea e quella di Obama negli USA. Diventa quindi necessario
pensare a soluzioni diverse, creare opposizioni vere ed efficaci in
grado di denunciare e combattere il potere di pochi sulle moltitudini
silenziate e schiavizzate dal consumismo becero e disumanizzante che
caratterizza la “globalizzazione” del dominio dei capitali sui
bisogni dell'umanità.
In questo intento bisognerà tener
conto che le classi popolari hanno in gran parte smobilitato evitando
di compromettersi veramente con i processi di cambiamento,
accontentandosi di avere accesso alla società dei consumi dalla
quale vennero sempre escluse. Senza il compromesso delle classi
popolari è impensabile avviare processi in grado di abbattere lo
strapotere dei grandi capitali, è questo dunque il problema da
affrontare per poter mettere in atto strategie che possano essere
vincenti, coinvolgere e convincere il maggior numero di persone che
conquistare e difendere i diritti è molto più importante che avere
un auto dell'ultimo modello e che leggere un libro è meglio che
seguire un talk show o avere un cellulare dotato di intelligenza
artificiale.
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