Fidel Castro: Concetto di Rivoluzione

Revolución
Es sentido del momento histórico;
es cambiar todo lo que debe ser cambiado;
es igualdad y libertad plenas;
es ser tratado y tratar a los demás como seres humanos;
es emanciparnos por nosotros mismos y con nuestros propios esfuerzos;
es desafiar poderosas fuerzas dominantes dentro y fuera del ámbito social y nacional;
es defender valores en los que se cree al precio de cualquier sacrificio;
es modestia, desinterés, altruismo, solidaridad y heroísmo;
es luchar con audacia, inteligencia y realismo;
es no mentir jamás ni violar principios éticos;
es convicción profunda de que no existe fuerza en el mundo capaz de aplastar la fuerza de la verdad y las ideas.
Revolución es unidad, es independencia, es luchar por nuestros sueños de justicia para Cuba y para el mundo, que es la base de nuestro patriotismo, nuestro socialismo y nuestro internacionalismo.

Fidel Castro Ruz (1ro de mayo del 2000)

1.11.15

DOVE VA L’AMERICA LATINA?

E’ da quando sono prematuramente scomparsi Hugo Chàvez e Nestor Kirchner che ci si domanda quale sarà il futuro dell’America Latina progressista ed integrazionista che tante speranze in un futuro migliore ha generato in tutto il continente e tra gli strati più progressisti dell’intero pianeta. Le difficoltà in cui si trovano ad operare i governi di Brasile e Venezuela ed il risultato delle elezioni in Argentina, dove il candidato a continuare il lavoro del kirchnerismo è costretto al ballottaggio con poche speranze di successo, sembrano indicare che si sia vicini alla chiusura di questo ciclo progressista che negli ultimi decenni ha messo in scacco il neoliberismo dominante e che sia ormai prossimo il ritorno al potere delle oligarchie reazionarie.
Il progetto politico dei governi progressisti della regione ha mostrato tutti i suoi limiti dovuti in maggior parte al fatto di non essere stati in grado di sconfiggere, se non a parole, il potere dei grandi capitali. Dopo Chàvez, solo Evo Morales in Bolivia ed in parte Rafael Correa in Ecuador, sono riusciti a scalfire i poteri oligarchici ed a contrapporre la presenza dello stato come organo che controlla e dirige le attività economiche e sociali del paese.
Negli anni del dominio delle dittature e dei successivi governi apparentemente democratici, si sono visti diminuire rapidamente i ruoli degli stati per lasciare campo aperto agli interessi dei grandi capitali in mano alle oligarchie, questo ha portato a conseguenze drammatiche con aumento della povertà, dissesto economico, violenza, criminalità, corruzione, sfruttamento indiscriminato dell'ambiente ed aumento dei conflitti sociali controllati solo mediante la repressione violenta. Le esperienze dei governi progressisti che ne sono seguiti hanno portato sicuramente dei grandi vantaggi in tutti questi campi ma proprio il non aver aperto un vero conflitto con gli interessi dei grandi capitali ha fatto sì che i processi di cambiamento non abbiano inciso in maniera profonda mostrando i loro limiti, permettendo così ai potenti mezzi di dis-informazione delle destre reazionarie di creare un clima di insoddisfazione che sta mettendo in crisi i processi di cambiamento in corso. Un ruolo importante in tutto questo lo ha avuto anche il fallimento del tentativo di costruire un sistema educativo in grado di formare una cultura umanista capace di fare argine all'invasione della cultura dei consumi come valore alternativo ai dritti sociali.
Rispondere all'interrogativo di cosa succederà dopo la fine del kirchnerismo in Argentina, del bolivarismo in Venezuela, dell'esperienza di Lula in Brasile e della meteora di Pepe Mujica in Uruguay, non è cosa facile. Sicuramente sembra allontanarsi la possibilità del ritorno di governi che possano governare escludendo totalmente le masse popolari come avvenne dopo la caduta delle dittature, però il ritorno al potere delle destre neoliberali sicuramente metterà fine alla speranza di integrazione regionale, la sola che avrebbe potuto fare uscire definitivamente l'America Latina dalla dipendenza dagli interessi nordamericani ed europei. Ed anche alla speranza che in altre parti del mondo, Europa compresa, si possa guardare ad un futuro dove gli interessi dei popoli prevalgano su quelli dei grandi capitali.
All'interno degli attuali sistemi democratici è pressoché impossibile che sorgano dei leader in grado di guidare i popoli verso l'emancipazione e la distruzione dei grandi potentati economici, competendo dentro questi sistemi non si potrà andare oltre semplici cambiamenti di facciata, vedasi l'esperienza europea e quella di Obama negli USA. Diventa quindi necessario pensare a soluzioni diverse, creare opposizioni vere ed efficaci in grado di denunciare e combattere il potere di pochi sulle moltitudini silenziate e schiavizzate dal consumismo becero e disumanizzante che caratterizza la “globalizzazione” del dominio dei capitali sui bisogni dell'umanità.

In questo intento bisognerà tener conto che le classi popolari hanno in gran parte smobilitato evitando di compromettersi veramente con i processi di cambiamento, accontentandosi di avere accesso alla società dei consumi dalla quale vennero sempre escluse. Senza il compromesso delle classi popolari è impensabile avviare processi in grado di abbattere lo strapotere dei grandi capitali, è questo dunque il problema da affrontare per poter mettere in atto strategie che possano essere vincenti, coinvolgere e convincere il maggior numero di persone che conquistare e difendere i diritti è molto più importante che avere un auto dell'ultimo modello e che leggere un libro è meglio che seguire un talk show o avere un cellulare dotato di intelligenza artificiale.

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