Fidel Castro: Concetto di Rivoluzione

Revolución
Es sentido del momento histórico;
es cambiar todo lo que debe ser cambiado;
es igualdad y libertad plenas;
es ser tratado y tratar a los demás como seres humanos;
es emanciparnos por nosotros mismos y con nuestros propios esfuerzos;
es desafiar poderosas fuerzas dominantes dentro y fuera del ámbito social y nacional;
es defender valores en los que se cree al precio de cualquier sacrificio;
es modestia, desinterés, altruismo, solidaridad y heroísmo;
es luchar con audacia, inteligencia y realismo;
es no mentir jamás ni violar principios éticos;
es convicción profunda de que no existe fuerza en el mundo capaz de aplastar la fuerza de la verdad y las ideas.
Revolución es unidad, es independencia, es luchar por nuestros sueños de justicia para Cuba y para el mundo, que es la base de nuestro patriotismo, nuestro socialismo y nuestro internacionalismo.

Fidel Castro Ruz (1ro de mayo del 2000)

14.11.12

HA VINTO OBAMA, E LA CORPOROCRAZIA

Seppure molti delusi pensavano il contrario, la rielezione di Barak Obama alla presidenza degli Stati Uniti non è stata una sorpresa per gli osservatori più attenti. Malgrado il suo primo mandato sia stato tutt’altro che brillante in quanto non ha saputo mantenere le promesse di cambiamento e non sia riuscito a portare il paese fuori dalla crisi, la campagna elettorale del candidato democratico ha trovato un forte alleato nel suo impreparato e vanitoso antagonista e nel conflitto interno al partito repubblicano. Il presidente uscente ha invece saputo sfruttare al massimo le debolezze del suo avversario e soprattutto ha saputo mettere in campo una minuziosa campagna propagandistica curata fin nei minimi particolari, ha intensificato gli sforzi negli stati chiave dove si sarebbe deciso l’esito finale lasciando a Mitt Romney gli stati dove i repubblicani avrebbero comunque sicuramente vinto ed ha cercato di attirare a se la maggioranza dei voti degli afrodiscendenti, dei latini, dei giovani e delle donne. Con o senza sorpresa, finalmente la più lunga e costosa campagna elettorale della storia è terminata, non se ne poteva più, soprattutto non ne potevano pù coloro che sanno bene che questo ridicolo spettacolo non sarebbe servito a niente. Barak Obama governerà per altri quattro anni il paese più ricco e più genocida della storia ma per quanto ha dimostrato nel precedente mandato non c’è di che rallegrarsi e tantomeno sperare che venga qualcosa di buono, soprattutto riguardo alla politica estera dove ha domostrato assoluta continuità con i suoi predecessori. E merita un prossimo commento specifico il capitolo riguardante la politica aggressiva e genocida verso Cuba che contrariamente alle promesse di cambiare rotta ha addirittura rincrudescito. Proprio oggi alle Nazioni Uniti il Cancelliere cubano, Bruno Rodriguez Parrilla ha scaldato gli animi con una relazione impeccabile che illustra senza possibilità di smentite la politica crudele, illegale e genocida che Obama ha condotto in questo suoi primi quattro anni tutt’altro che gloriosi. Tornando al risultato delle elezioni presidenziali, il primo presidente nero ha vinto anche se ha deluso ed ha spento la luce che aveva acceso nella campagna del 2008, ha vinto perchè ha saputo mantenere un delicato equilibrio tra le forze che cercano di recuperare il potere industriale ed i settori della finanza che vogliono incrementare il loro dominio sulle ricchezze del pianeta. Per raggiungere questo obbiettivo non ha esitato a riversare fiumi di denaro nelle casse delle banche che hanno il compito di finanziare le operazioni dei primi ed ha rinforzato ulteriormente l’enorme apparato militare che garantisce le pretese dei secondi. Tutto questo a discapito della stragrande maggioranza della popolazione del paese, ancora per poco, più ricco del mondo. A questo punto verrebbe da chiedersi perché malgrado la delusione la maggioranza degli elettori statunitensi che si sono recati alle urne ha votato ancora per lui. Lo hanno votato semplicemente perché Obama rappresenta il male minore, perché se avesse vinto Romney ed i repubblicani sarebbe stato ancora peggio. Tutto questo dimostra l’assoluta mancanza di alternative in un paese costruito apposta per i furfanti assetati di potere e per un popolo formato in maggioranza da stupidi illusi dove la possibilità di prendere coscienza della tragica realtà viene annichilità o relegata a impotenti minoranze. Un paese che continua a voler far credere di essere l’unica vera democrazia mentre in realtà non concede nessuna possibiltà di alternativa al dominio delle corporazioni. Non di democrazia si tratta dunque ma di CORPOROCRAZIA, quella stessa che sta ormai imperando in quella parte del mondo che ipocritamente si continua a chiamare “libero e democratico”. Questo sistema ipocrita si è ormai irrimediabilmente involuto in un circolo vizioso senza fine che ha portato verso avventure belliche catastrofiche ed ha ridotto enormemente il benessere dei cittadini. Piuttosto che soffermarci sul ridicolo, arcaico e fraudolento sistema elettorale che questa campagna ha ancora una volta messo in evidenza, vale la pena cercare di capire se ci sono delle posibilità che la decadente potenza nordamericana ed i suoi alleati possano o meno uscire dal baratro in cui si sono cacciati per difendere gli interessi di pochi. Non se ne uscirà se si continuerà a coltivare il culto del mercato e del consumo, se si insisterà ad investire in avventure militari disastrose sotto tutti i punti di vista e si continuerà a rimanere in balia delle corporazioni. I paesi ricchi, o ex tali, si salveranno solo se metteranno in atto quello che hanno sempre combattuto, cioè se diveteranno delle vere democrazie, se gli stati ed i governi torneranno in mano ai cittadini ed opereranno veramente per tutelare i diritti di tutti e sapranno guidare l’economia verso l’interesse dell’intera collettività. Per mettere fine al culto del mercato e del consumo ed alla corporocrazia servono vere democrazie popolari che non possono che assumere forme socialiste. Forse i tempi non sono ancora maturi, forse le potenti propagande mediatiche riusciranno ancora per molto tempo a tenere i popoli all’oscuro, ma questo non potrà durare all’infinito anche perché nel frattempo altre potenze con ben altre culture ed obbiettivi si stanno facendo largo nel panorama internazionale. La Cina, seconda potenza economica mondiale, non investe un centisimo in avventure belliche e proprio in questi giorni sta celebrando il Congresso del Partito Comunista che mette all’ordine del giorno la crescita economica nel rispetto dell’ambiente e prevede il raddoppio del potere d’acquisto dei cittadini da qui al 2020. L’egemonia USA è irrimediabilmente avviata verso il declino ed il mondo unipoplare creatosi dopo l’implosione dell’Unione Sovietica è già storia di ieri, a Barak Obama non resta che scegliere tra due alternative: continuare come ha fatto fino ad ora e passare alla storia come un presidente assolutamente ininfluente, oppure prendere coscienza della drammatica condizione in cui si trova il suo paese e delle conseguenze catastrofiche a cui è destinato se non ci sarà una svolta sostanziale sia in politica interna che in politica estera. La svolta necessaria richiede però un coraggio che fino ad oggi Obama ha dimostrato di non avere, richiede l’ardire di sapere dire basta all’egemonia delle corporazioni e dell’enorme apparato militare e poliziesco che dominano incontrastate il paese praticamente dalla sua nascita. Se è vero che se uno il coraggio non ce l’ha non se lo può dare, la scelta di Obama è già segnata e quello che ci attende saranno altri quattro anni di assoluta continuità delle politiche scellerate a cui siamo abituati, continuità che non potrà che portare al collasso economico, politico e sociale di quello che per tanto tempo ci è sato presentato come “il sogno americano”. Peccato che il sogno da troppo tempo si è trasformato in un drammatico incubo, e non solo per i cittadini statunitensi ma bensì per gli abitanti dell’intero pianeta.

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