22.10.13
IL CALIBRO SOVIETICO
Per chi non lo sapesse il calibro è uno strumento che permette di effettuare misure di precisione con tolleranze prossime al centesimo di millimetro, tutte le officine meccaniche ne possiedono almeno uno, inoltre lo conservano gelosamente tutte quelle persone che si dedicano a dei passatempi che hanno a che fare con la meccanica.
Il mio primo calibro è un ricordo molto caro e lontano nel tempo, l’ho costruito personalmente quando frequentavo l’Istituto Professionale a Tirano, specialità Aggiustatore Meccanico. Costruire un calibro da un pezzo di acciao, a quei tempi in cui la manualità era ancora prevalente e ci rendeva più umani, era una soddisfazione non da poco, soprattutto quando il professore, si chiamava ancora così, ne controllava la precisione prima di metterlo in controluce, strizzare l’occhio e verificare che tra le due ganasce non filtrasse nemmeno un filo di luce. Quel giorno avevo consegnato il mio lavoro sicuro che sarebbe stato apprezzato e quando ho visto il sorriso di soddisfazione del professore ho capito che era fatta. Nove! Quando ho visto che scriveva il voto sul registro ho provato una gioia immensa, nove! Mi aveva dato un voto tanto alto proprio lui che sapevamo essere di manica stretta, un voto che premiava la mia voglia di apprendere, il mio desiderio di imparare un mestiere che mi avrebbe riscattato dalla povertà, quella povertà regalataci da vent’anni di fascismo e di stupide avventure belliche. Un voto che mi permise di dimostrare ai miei genitori che il loro sacrificio di mandarmi a studiare non era vano, era vero che a volte li deludevo, marinavo la scuola o portavo a casa una nota di sospensione, ma era altrettanto vero che avevo una voglia immensa di apprendere, imparare il mestiere e farmi onore. Senza queste motivazioni mica mi sarei svegliato tutte le mattine, sabato compreso, alle cinque e venti, fare colazione, camminare a piedi per mezz’ora fino alla stazione di Tresivio, prendere il treno che impiegava quasi un’ora per percorrere i venti chilometri che ci separavano da Tirano, per questo lo chiamavamo “cif ciuf”, affrontare la scuola mattina e pomeriggio, fare il percorso inverso e rincasare alle otto della notte. E non era finita, prima di andare a dormire bisognava ancora fare i compiti e spesso finivo a mezzanotte.
Avevo quindici anni quando costruii quel calibro che dopo cinquant’anni ancora svolge la sua funzione nel mio piccolo laboratorio di meccanica e falegnameria dove, quando sono in Italia, passo parte del mio tempo di pensionato derubato di una pensione decente dall’avidità del capitalismo criminale che sta distruggendo l’umanità ed il pianeta che ci ospita. E’ anche grazie a questa rapina che dopo quarantanove anni di lavoro e cinquantacinque di contribuzione mi costringe a vivere con una pensione da fame, che ho deciso di venire a vivere a Cuba, uno degli ultimi paesi che resistono all’aggressione del capitalismo imperialista.
Anche quì a Cuba sto costruendo il mio piccolo laboratorio, i cubani lo chiamano “taller”, ed ovviamente non ci può mancare il calibro. Ora ce ne sono di tutti i tipi, dai più economici ai più costosi, li fanno perfino di plastica e costano poco. Ma chi mi ci vede, proprio io che a quindici anni già avevo costruito un calibro che aveva meritato il nove del professore dalle maniche strette, con un calibro di plastica? Visto che non ho gli strumenti necessari, e forse nemmeno più lo spirito, per costruirne un altro che valga almeno quanto il primo, non mi resta che rivolgermi al mercato. Il maledetto mercato, quello che domina tutto e per le cui doti abbiamo abbandonato i valori umani, il socialismo, distrutto il PCI, il Muro di Berlino e l’Unione Sovietica per ritornare ad essere schiavi dei padroni. Quel mercato che anche qui a Cuba sta facendo capolino, si dice che sia necessario per salvare il socialismo. Mahhhhh!!!!!!!!! Speriamo non si facciano prendere la mano, una cosa è migliorare la quantità e la qualità dei beni, un’altra diventare vittime del mercato.
Sta di fatto che ora anche qui molte cose si vendono non solo nei negozi statali ma anche in quelli che i cubani chiamano “timbirichi”, piccoli negozi improvvisati, a volte ambulanti, dove trovi quello che nei negozi statali non c’è più. Perché il “timbirichi”, magistralmente cantato da Tony Avila nell’omonima canzone, funziona in perfetto stile capitalista massimizzando il profitto. Funziona così: si comprano presso i negozi statali, quando non si rubano o “desviano”, determinati oggetti fino a farli sparire dal mercato per poi riapparire nei “timbirichi” a prezzi raddoppiati o triplicati. Ovviamente non è solo così, spesso il “timbirichi” svolge una funzione onesta e ti permette di trovare cose che altrimenti non incontreresti mai, oppure di trovare oggetti impensati, come il calibro sovietico. Sì, perché il calibro a Cuba l’ho comprato proprio in un “timbirichi” vicino casa, nei negozi statali li stanno vendendo, di buona qualità, a meno di venti dollari ma ancora non mi ero deciso a comprarlo, ci sono necessità più urgenti da soddisfare ed il calibro può aspettare. Per uno scherzo del destino, l’altro giorno esco a comprare il giornale e, come sempre, mi fermo a curiosare presso un “timbirichi”, a volte vedi qualcosa che ti serve e te lo compri. Quel giorno vedo un contenitore di plastica nero, dalla forma capisco che lì dentro ci deve essere un calibro, lo apro e me ne appare uno bellissimo, un po’ più grande del normale e costruito con acciaio di altissima qualità. CCCP! C’è scritto proprio così, al posto della marca c’è scritto CCCP che tradotto, per chi se lo fosse dimenticato, significa Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, un ricordo dei tempi quando i sovietici a Cuba erano di casa. Chiedo quanto costa, “dieci dollari” mi risponde il giovane proprietario del “timbirichi”. Non ho con me i soldi sufficienti e decido di tornare il giorno seguente. Quando il giorno dopo mi avvicino all’oggetto del desiderio, chiedo quasi per scherzo, vista la volatilità dei prezzi: “oggi quanto vale il calibro”? Il giovanotto non afferra l’ironia e mi risponde un po’ contrariato: “otto dollari, come gli tutti i giorni”. Mi viene da ridere ripensando che il giorno prima me ne aveva chiesti dieci, ma non perdo altro tempo e me lo compro, quello strumento vale molto di più ed inoltre rappresenta storie e valori che non hanno prezzo.
Quel bellissimo oggetto tra le mie mani mi riporta con il pensiero al mio calibro, alla mia giovinezza, ai miei valori mai abbandonati ed a quella esperienza straordinaria che fu l’Unione Sovietica, quella che ovviamente la propaganda della menzogna ci ha sempre descritto come un inferno ma che in realtà è stata una delle esperienze più straordinarie della storia dell’umanità. La Rivoluzione Sovietica in pochi decenni ha portato il paese più povero del mondo, dove la ricchezza era in mano a pochi ed il popolo veniva trattato peggio delle bestie senza alcun dirittto, ad essere la seconda potenza del pianeta, ha tolto miliono di esseri umani dall’analfabetismo regalandogli gratuitamente la culura necessaria ad essere uomini liberi ed ha insegnato al mondo che a liberarsi dei padroni ci si guadagna. Malgrado ciò continuano a raccontarci che è stato un fallimento economico, magari a tutti i paesi poveri del mondo toccasse un simile fallimento e diventassero la seconda potenza del pianeta! Quel paese che a costo di enormi sacrifici ha sconfitto il nazismo regalando al mondo la libertà, ci è stato descritto come una feroce dittatura mentre gli Stati Uniti, nati dalla distruzione culturale e fisica dei nativi e che dal primo giorno che sono diventati nazione hanno iniziato a sottomettere i paesi vicini per poi allargarsi con violenze e atrocità inaudite in ogni angolo del pianeta, ci vengono dipinti come una grande democrazia. Lo stesso Presidente russo Putin, uno dei massimi beneficiari della distruzione dell’URSS che ha comportato il passaggio dei beni pubblici dalle mani dello stato a quelle avide dei grandi capitalisti, ha più volte dichiarato che la distruzione dell’URSS è stata una tragedia, non solo per i paesi che ne facevano parte ma anche per il resto mondo.
Che c’entra il calibro con la storia dell’URSS e con la mia storia? C’entra, eccome che c’entra! Quel calibro è il simbolo della tenacia di un popolo che si è ribellato alla fame, alla miseria, ai soprusi e che ha saputo costruire con il lavoro quotidiano, l’impegno ed il rispetto dei valori comuni, la propria ricchezza ed il proprio futuro. Come il mio calibro che ha significato l’impegno per uscire dalla povertà per costruire il mio futuro, quello dei miei figli, nipoti e di tutto il pase che ha saputo rinascere dalle miserie del fascismo. Allo stesso modo del calibro sovietico, simbolo del lavoro e tradito da politici cialtroni e funzionari corrotti, anche il calibro che avevo costruito per liberarmi dalla povertà, è stato tradito. Tradito dalla stupidità e dall’avidità dei dirigenti di quello che era diventato il più prestigioso Partito Comunista dell’Occidente, quel PCI che senza mai stare al potere aveva costruito in un paese capitalista una straordinaria esperienza di socialismo dove lo stato, tra le ruberie dei potenti e dei democristiani che li rappresentavano, era costretto anche a fare gli interessi del popolo, dove le grandi imprese venivano controllate dal pubblico e producevano le risorse necessarie a garantire quei servizi sociali che tutto il mondo ci invidiava. Quel calibro che era diventato il simbolo della mia indipendenza economica, del lavoro autonomo senza padroni, ora accompagna la mia vita di pensionato ricacciato nella povertà da governi reazionari che hanno riportato l’Italia al medioevo con la collaborazione di finti governi progressisti che si comportano allo stesso modo di quelli rezionari distruggendo lo stato sociale, rubandoci salari e pensioni e regalando i beni pubblici costruiti con il sangue ed il sudore dei lavoratori, agli avventurieri finanziari della peggior borghesia cialtrona della nostra storia. In cambio i dirigenti di quella che una volta era la sinistra, se la spassano con barche a vela milionarie e milionari apppartamenti a New York. Fino a che glie lo permetteremo e non ci decideremo a presentare loro il conto delle rapine che hanno perpetrato ai nostri danni….
Anche l’Italia come tutti i paesi del mondo paga le conseguenze della distruzione dell’Unione Sovietica che, contrariamente a quanto ci vogliono far credere, non è stata vittima della “fallimentare economia socialista” ma bensì di un piano ben studiato e messo a punto nei minimi particolari da chi detiene il vero potere, come si può leggere nel libro “Arte dell’intelligenza” di Allen W. Dulles, ex dirigente della CIA che tra le altre sconvolgenti verità ci racconta dei piani messi in atto per distruggere l’Unione Sovietica: “….senza che venga percepito distruggeremo i loro valori e li sostitueremo con altri falsi e li obbligheremo a credere in essi. Troveremo i nostri correligionari nella stessa Russia…. approfittando della complicità di dirigenti corrotti ….” racconta Dulles nel suo libro. Come l’Unione Sovietica anche l’Italia è stata tradita da cialtroni ed idioti figli di papà arrivati ai vertici dei movimenti popolari che avevano alle spalle una gloriosa storia di lotte, battaglie e conquiste che permisero la cosruzione di quella cultura popolare progressista che sembrava indistruttibile. Nessuno avrebbe mai pensato che tutto questo poteva venire vanificato nell’unico modo possibile: l’autodistruzione. E così fu, gli stracci rosssi portati al collo e sventolati per decenni sono stati sostituiti da capelli verdi, blu, viola, anelli al naso, teste rapate ed odiosi tatuaggi che ricoprono corpi altrettanto odiosi e feroci, coperti da vestiti che non tali ma una truffa ai danni del buonsenso e del buongusto. Il tutto condito da manganelli neri che colpiscono lavoratori, studenti, rom, immigrati e qualche comunista ancora rimasto, in un orgia di falsa democrazia che nasconde una feroce dittatura che genera esseri mostruosi, schiavi incoscenti che si pensano liberi, i migliori per gli oppressori.
Tutto questo nessuno ce lo racconta, ci viene tenuto nascosto, ci raccontano piuttosto di malcapitati “paesi canaglia”, in realtà gli ultimi ancora liberi che di colpo finiscono sotto le luci della propaganda per poi finire sotto le bombe intelligenti buttate da democratici aerei senza pilota che distruggono culture millenarie ed ammazzano centinaia di migliaia di poveri innocenti colpevoli di vivere in luoghi strategici e di non consumare quello che i ricchi vogliono che si consumi. Ci raccontano di dissidenti cubani che non esistono se non nelle liste a pagamento della CIA, di comunisti che ancora mangiano bambini e di estremisti islamici diventati, a seconda delle necessità del momento, terroristi o vittime del terrorismo. E nessuno, dico nessuno dei giornalisti “democratici”, che faccia il lavoro per cui viene pagato, cioè informare. Ma questo ha la sua spiegazione logica, i padroni mica li pagano per informare, bensì per disinformare e fare propaganda contro chi ancora ha mantenuto la schiena dritta e si oppone alla tragicità dei nostri tempi che vedono i potentati economici impossessarsi anche della politica in maniera totalitaria, Altro che il “totalitarismo sovietico”, quello aveva liberato gli schiavi, questo ci riporta ai tempi più bui dello schiavismo . E se qualche giornalista volesse dissentire, carriera finita. Casi di dissenso ce ne sono ben pochi, la nostra classe giornalistica è una delle più vili che mente ricordi, nemmeno sui giornali “comunisti” si prova a raccontare un po’ di verità che non sia accondiscendente alla logica del profitto. Qualcuno si ricorda di Fulvio Grimaldi quando faceva l’inviato RAI accompagnato dal fedele cagnolino Nando? Lui ci aveva provato a dissentire, lo hanno subito messo a tacere, perfino sui giornali comunisti. Ora può dissentire solo sul suo blog, almeno fino a quando lo leggeranno in pochi perché in caso contrario anche quello gli verrà chiuso, nella nostra falsa democrazia uno mica può scrivere quello vuole senza pensarla come la pensano i padroni….
Ora tutto è stato messo al suo posto, o quasi, mancano solo pochi tasselli: la Siria, l’Iran, la Corea del Nord, Cuba e qualche paese latinoamericano sulla cattiva strada, poi bisognerà solo pensare a mantenere lo status quò. Ora a chi glie ne importa più del calibro? Provate a regalarne uno ai vostri figli, ve lo tirano in testa! Poi vi rubano i soldi per comprarsi l’ultimo modello di celluare o di hiPhon che, costruito con la rapina ai danni di coloro che costringiamo ad emigrare per poi affondarli al largo delle nostre coste, dopo pochi giorni già non è più l’ultimo. Ma io i miei due calibri, quello che ho costruito e quello sovietico, me li tengo ben stretti, visti i tempi tristi che viviamo è probabile che tutto quanto costruto in una vita di lavoro lo debba sacrificare per comprarmi cibo e medicine ed i due calibri saranno forse l’unica eredità che lascerò a figli e nipoti. Anche perché non ho mai imparato a costruire un cellulare od un hiPhon e non credo che ne esistano in commercio con la scritta CCCP al posto della marca…. Al massimo qualcuno made in Russia, costruito da un’azienda rubata allo stato che sfrutta dei giovani dipendenti con orecchini, teste rapate e tatuaggi. Giovani che non sanno che una volta esistevano le scuole e gli ospedali pubblici, la cassa mutua e la pensione, poveri cristi che si pensano liberi, inconsapevoli che gli hanno rubato pure la memoria e che ai tempi dell’URSS quelli come loro costruivano dei calibri di grande qualità nelle fabbriche dello stato, senza padroni. E chissà quali meraviglie evrebbero continuato a costruire se non fossero stati traditi da dei filibustieri senza scrupoli venduti agli interessi dei grandi capitali internazionali….
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1 commento:
ciao Elio bello il tuo articolo tutto vero quello che dici,anche da noi(croazia) oramai stanno distrugendo tutto quello che il socialismo aveva costruito e le giovani generazioni sono un disastro non tanto per colpa loro ma sopratutto dei loro governanti,educatori,giornali,TV
ti seguo sempre con piacere e seguo pure il bravo Fulvio
ciao Elio ti invidio che sei a Cuba
Gastone da Pola (Istria)
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