Fidel Castro: Concetto di Rivoluzione

Revolución
Es sentido del momento histórico;
es cambiar todo lo que debe ser cambiado;
es igualdad y libertad plenas;
es ser tratado y tratar a los demás como seres humanos;
es emanciparnos por nosotros mismos y con nuestros propios esfuerzos;
es desafiar poderosas fuerzas dominantes dentro y fuera del ámbito social y nacional;
es defender valores en los que se cree al precio de cualquier sacrificio;
es modestia, desinterés, altruismo, solidaridad y heroísmo;
es luchar con audacia, inteligencia y realismo;
es no mentir jamás ni violar principios éticos;
es convicción profunda de que no existe fuerza en el mundo capaz de aplastar la fuerza de la verdad y las ideas.
Revolución es unidad, es independencia, es luchar por nuestros sueños de justicia para Cuba y para el mundo, que es la base de nuestro patriotismo, nuestro socialismo y nuestro internacionalismo.

Fidel Castro Ruz (1ro de mayo del 2000)

30.5.09

Europee: Sinistra e Libertà

Continuo la pubblicazione dei programmi dei partiti di sinistra per le prossime elezioni europee. Ecco quello di sinistra e Libertà.

SINISTRA E LIBERTA’ - PROGRAMMA ELETTORALE
Elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo 6/7 giugno 2009
UNA BREVE PREMESSA
Un voto utile per cambiare l’Europa
La costruzione dell'Unione Europea è stata la scelta più importante compiuta nel nostro continente dal dopoguerra: ha preso vita una nuova realtà, prima solo pensata da personalità illuminate. Una storia lunga e antica di Stati spesso in guerra tra loro è diventata un progetto di unità culturale, politica ed economica, capace di esprimere anche un Parlamento Europeo eletto a suffragio universale. Dal Manifesto di Ventotene del 1941, stilato da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, ad oggi è stata compiuta molta strada, ma molto ancora dobbiamo fare per un’Europa davvero democratica e federalista. Sinora abbiamo visto soprattutto un’Europa economica, basata su di un mercato comune; è giunto il momento, proprio di fronte alla gravissima crisi mondiale in atto, che l’Europa faccia un decisivo passo in avanti, che diventi cioè un’Europa dei cittadini a tutti gli effetti, capace di iniziative di pace e di solidarietà a livello mondiale. Per questo occorre una Costituzione europea con il coinvolgimento diretto dei popoli che valorizzi le culture e le diverse identità, affinché non venga perduta la parte migliore della lunga storia del nostro continente. La democratizzazione dell’Unione Europea (UE) è decisiva perché l’Europa politica sia autorevole e davvero utile ai cittadini.
Il Parlamento Europeo è un'istituzione dotata già oggi di reali poteri,in grado di prendere decisioni che pesano nella vita dei cittadini. Purtroppo però anche il Parlamento Europeo viene percepito dai cittadini come lontano ed estraneo, e c’è il pericolo che la partecipazione al voto per l’unico organo veramente democratico della UE sia troppo scarsa. I candidati di SINISTRA e LIBERTA' s'impegnano per un’Europa utile, solidale, democratica e ecologica, che é possibile, ma che ancora non c’é.
L’Unione Europea di fronte alla crisi globale
La gravissima crisi economica mondiale in atto segna il fallimento dell’ideologia neoliberista. Per
uscrirne bisogna cambiare questo disastroso modello economico promuovendo un cambiamento
epocale e di civiltà. Questa è anche l’occasione per valorizzare e cambiare il ruolo della Ue. Infatti c’è bisogno di nuove e coraggiose politiche sociali ed economiche che mettano al primo posto le
cittadine e i cittadini. Per questo è necessario determinare una maggioranza democratica nel PE,
dove invece oggi il gruppo più forte è quello di centrodestra dei Popolari, a cui appartengono gli
europarlamentari di Berlusconi. La prevalenza di governi di destra nei paesi dell’Unione Europea ha provocato negli ultimi anni una maggioranza conservatrice nella Commissione Europea e nel
Consiglio Europeo, gli organi esecutivi della UE. Se non si cambia diventa più forte il rischio di una vera e propria crisi del progetto europeo, perché le destre sono in realtà nemiche dell’Europa, predicano un falso federalismo e vogliono istituzioni “deboli” per favorire i poteri economici forti. Noi vogliamo rafforzare la partecipazione e la decisione democratica, solo così si potrà cambiare un sistema economico, politico e mediatico controllato da grandi gruppi economici e da pochi individui. In caso contrario siamo condannati ad una triste deriva verso un populismo oligarchico e sempre meno trasparente, già ben visibile in Italia, anche con leggi elettorali che mirano a provocare un bipartitismo artificiale ben diverso dal pluralismo che c’è sempre stato nel Parlamento Europeo.
La ricetta economica liberista perseguita dalle destre, al servizio degli interessi di pochi. all’insegna dell'ognuno per sé, trascurando la democrazia, l’integrazione sociale, il lavoro, l’ambiente, ha provocato la crisi economica, esaltata poi dalla bolla finanziaria. La realizzazione dell'euro, pur con i problemi che vi sono stati al momento della sua introduzione, in particolare per il mancato controllo sui prezzi al dettaglio, ha contribuito a ridurre i danni della crisi. Questa crisi economica, ambientale, sociale, democratica e morale dimostra quanto fosse illusorio affidare alla volontà dei singoli governi e ai mercati senza regole gli obiettivi sociali della Strategia di Lisbona del 2000.
E’ giunta l'ora di cambiare. La grande prospettiva della Costituzione democratica si è infranta in
questi anni per mancanza di determinazione nel difendere i valori dell'Europa: pace, disarmo,
democrazia, lavoro, ambiente, diritti civili e sociali. Noi non rinunceremo a questi valori e ci
impegneremo per rilanciare il progetto costituzionale attraverso un percorso che renda protagonisti i popoli, i soggetti sociali, le intellettualità. E' dunque decisivo che nel Parlamento Europeo siano presenti i deputati della lista "SINISTRA e LIBERTA'" che vogliono questo cambiamento e che hanno già dimostrato di saper lavorare per questo obiettivo.
L’attività dei parlamentari europei che aderiscono a Sinistra e Libertà
La nostra esperienza in questi anni ha dimostrato la possibilità e l’utilità di lavorare insieme e sugli stessi obiettivi pur partendo da gruppi diversi: Socialisti, Verdi, Sinistra Unitaria. Tutti i momenti importanti della legislatura che si conclude hanno visto protagonisti i parlamentari che ora fanno parte di SINISTRA e LIBERTA': dal “pacchetto clima” alla direttiva REACH sulle sostanze chimiche; dal 7° programma quadro sulla ricerca e la tecnologia all’opposizione alle 65 ore di lavoro settimanali; dalla battaglia contro la proposta della destra di liberalizzazione estrema dei servizi (Bolkestein) alle leggi sull'immigrazione e la protezione dei dati; dalla mobilitazione contro la pena di morte e per la chiusura di Guantanamo alla verità sui voli illegali della Cia di Bush e a un indirizzo di pace in Medio Oriente. Con una presenza costante ai lavori parlamentari e un "gioco di squadra" che si é rivelato vincente, è stato possibile orientare l'atteggiamento dell'UE nei confronti dell'Italia a favore delle politiche migratorie e contro le discriminazioni, sulla concentrazione dei media, sulla gestione dei rifiuti e controbattere le bugie del governo a proposito dei costi del pacchetto energia. Abbiamo anche contribuito a fare del Parlamento Europeo la casa degli europei,
aprendolo a centinaia di militanti e membri di associazioni. Abbiamo usato il Parlamento Europeo come uno strumento al servizio dei cittadini, raccogliendo le istanze di gruppi e comitati e portando all'attenzione dell'UE situazioni di illegalità e sperpero di denaro pubblico che hanno condotto all’avvio dei controlli e all'apertura di procedure di infrazione. Ci siamo battuti per una riduzione dei costi della politica, ottenendo innanzitutto la riduzione degli stipendi degli europarlamentari italiani equiparandoli a quelli degli altri paesi.
LE NOSTRE IDEE E I NOSTRI IMPEGNI PER LA PROSSIMA LEGISLATURA
EUROPEA
A. Combattere la crisi con un nuovo sviluppo e la riforma ecologica dell’economia
A1) L’Unione Europea non sta affatto affrontando in modo efficace la crisi. Quando dispone di
poteri e competenze reali, come é stato nel caso della legislazione sui cambiamenti climatici
(pacchetto energia) l'UE ha dimostrato di sapere agire prima degli altri e in modo coeso. Sulla crisi finanziaria ed economica non é cosi: per diverse ragioni. Ha influito negativamente la politica seguita dalla Banca centrale europea che, fino a poco tempo fa, ha prodotto innalzamenti del costo del danaro, inseguendo l'unico obiettivo del contenimento di un'inflazione peraltro già bassa; quando poi è passata alla riduzione dei tassi la crisi aveva già invertito le tendenze economiche volgendo verso la recessione. Ha pesato la mancanza di strumenti europei che obblighino i governi a trovare un accordo su interventi comuni e coordinati di politica economica; ha pesato la scelta di fare ognuno per sé, anche per cercare un facile consenso con misure elettoralistiche e tendenzialmente protezionistiche. I piani che si sfornano continuamente e in modo scoordinato non riescono ad avere un impatto reale né sui mercati finanziari, né sulla fiducia degli investitori, né tantomeno sull’economia reale. La Commissione Barroso, che in questi anni si è sempre opposta a misure legislative per regolare i mercati finanziari e favorire il credito alle imprese “virtuose”, oggi non sa gestire né guidare la risposta alla crisi. Una strada europea di rilancio è indispensabile. Per questo la UE deve diventare un soggetto politico capace di decisioni efficaci, sia per quanto riguarda la situazione interna sia per quanto riguarda la sua proiezione internazionale.
L’Unione Europea deve farsi sostenitrice della convocazione in ambito Onu di una conferenza
mondiale sui problemi economici, monetari e finanziari, al fine di costruire un sistema di cambi
regolati tra le monete; di assumere misure contro la speculazione finanziaria mondiale, come
l’istituzione di una tassa, con aliquota bassa, sulle transazioni di capitale a scopo puramente
speculativo (la Tobin tax); di combattere i paradisi fiscali e tutte le forme di evasione fiscale; di
limitare drasticamente la creazione e la circolazione dei titoli derivati; di riformare il ruolo delle
istituzioni internazionali nate dall’accordo di Bretton Woods del 1944, quali la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Occorre riportare le funzioni di governo del commercio mondiale all’interno delle competenze dell’Onu, visto la clamorosa crisi del WTO, riproporre il rilancio dell’economia mondiale su basi di convergenza fra i vari paesi e per combattere concretamente i cambiamenti climatici, il fenomeno della fame e della povertà.
A2) Il Patto di stabilità e di crescita di Maastricht è legato al passato, ad una situazione economica e politica che la attuale crisi ha completamente superato. Infatti, i vincoli di bilancio in esso contenuti vengono continuamente violati dai paesi più forti che hanno bisogno di rilanciare le loro economie. Tutta l’Europa, in particolare i paesi di nuovo ingresso e quelli del Mezzogiorno d’Europa, hanno bisogno di una politica economica espansiva che si fondi su nuovi modelli di sviluppo e di consumo. Per questo vanno ridiscussi criteri e vincoli del Patto, introducendo parametri occupazionali e ambientali. La stessa funzione della Banca Centrale Europea (BCE) va ripensata. La sua missione non può essere limitata a quella del contenimento dell’inflazione, che, a causa della grave recessione economica in atto, è naturalmente su valori bassi. Al contrario deve prevalere il ruolo di finanziamento dell'economia reale, in particolare in settori innovativi dove vi è bisogno di intensificare gli investimenti. Tra il Parlamento Europeo e la BCE deve intercorrere una relazione nella quale il primo traccia le linee di fondo della politica economica e la seconda, nella piena autonomia delle proprie scelte specifiche, concorre alla realizzazione di quegli obiettivi. In questo quadro, deve avere maggiore importanza la relazione annuale del presidente della BCE al Parlamento Europeo e il conseguente dibattito parlamentare deve assumere un ruolo di indirizzo per l’istituto finanziario. Il mercato finanziario europeo può essere messo al servizio degli interessi pubblici, anche attraverso nuove forme di finanziamento quali gli Eurobond, per evitare di peggiorare la situazione del debito nazionale dei vari paesi. Nel 2010 comincerà la difficile discussione per la riforma del bilancio comunitario e dobbiamo evitare che si arrivi all'ennesimo indebolimento del quadro europeo di sostegno finanziario.
A3) Va incrementata la quota di investimenti pubblici destinati alla formazione, alla ricerca, alla
innovazione. Questa è la terapia d’urto per competere nel mercato mondiale sulla qualità, non certo sul costo del lavoro o sulla distruzione dell’ambiente. Queste scelte devono guidare una nuova politica industriale dell’Europa. Conseguentemente vanno scartate ipotesi di ritorno a forme autarchiche che pure, di fronte alla crisi, si affacciano con sempre maggiore insistenza. L'attuale pesante recessione ha le sue radici non solo nelle distorsioni della finanza dei derivati, ma anche in un regime di bassi salari e di precarizzazione del mercato del lavoro, di disuguaglianza nella distribuzione del reddito fra i vari paesi e le regioni, che hanno compresso la domanda interna. Si può uscire solo solo puntando su un "green deal" mondiale, un nuovo corso economico ecologicamente e socialmente sostenibile a livello planetario. A questo "green deal" la UE può e deve dare un contributo decisivo. In particolare la Unione Europea deve tenere fede agli impegni assunti, al proprio interno e nelle sedi internazionali, rafforzando il protocollo di Kyoto con gli ulteriori obiettivi europei di riduzione di CO2, puntando con decisione e assoluta priorità sulle energie rinnovabili, che possono dare sviluppo a un nuovo tipo di politica industriale. Tutto questo richiede una semplificazione burocratica del modo di funzionare del mercato interno della Ue. Va preservato e valorizzato il ruolo del sistema delle piccole e medie imprese sostenendo la loro proiezione sul mercato mondiale globalizzato. La costruzione di moderne infrastrutture, di trasporti e comunicazioni sia fisiche che telematiche (internet veloce di seconda generazione), è strategica per la crescita civile, oltre che economica, delle società europee, ma, proprio per questo, deve essere condivisa dalle popolazioni locali.
B) Un nuovo modello sociale, ambientale, tecnologico
B1) Il cuore di una nuova politica economica e sociale europea deve essere la tutela del lavoro,
della sua stabilità e continuità. Per questo proponiamo un Patto europeo per l’Occupazione e un uso mirato delle risorse del Fondo sociale europeo. Poiché bassi salari e precarizzazione del lavoro sono le cause di fondo della attuale crisi, la Ue deve promuovere una politica di piena occupazione e di elevazione della qualità del lavoro; sostenere la convergenza dei salari e delle retribuzioni europee per eliminare le differenze di retribuzione per lo stesso lavoro fra zona e zona, e tra i sessi, anche grazie alla determinazione di un salario minimo orario europeo. Occorre favorire gli accordi tra le parti sociali che si propongono di evitare e di mettere in mora i licenziamenti e combattere la precarizzazione del rapporto di lavoro, riportando la flessibilità entro confini fisiologici in base al principio che la forma normale e prevalente del rapporto di lavoro deve essere a tempo indeterminato. Vanno estese le forme di protezione del reddito, introducendo forme di salario sociale ai disoccupati di lungo periodo e agli inoccupati per favorire la ricerca di nuovi posti di lavoro. Va promossa l’estensione dei diritti nel mondo del lavoro secondo criteri universalistici e paritari e garantire l’esercizio pieno e libero dell’attività sindacale e del diritto di sciopero. Va ripreso il percorso verso una riduzione dell’orario di lavoro, in particolare nel settore manifatturiero, per liberare nuovi posti di lavoro e aumentare il tempo da destinare alla vita sociale. Bisogna prevedere che il sistema degli aiuti alle imprese contenga vincoli, per chi li riceve, in modo che non possa licenziare e sia spinto ad innovare nel senso della sostenibilità ambientale e della sua responsabilità sociale.
B2) Dopo l’approvazione del pacchetto energia, è ora necessario dirigere gli investimenti pubblici
europei e nazionali verso "l’economia verde"; in particolare nella riqualificazione energetica delle
costruzioni e nella vivibilità delle città, nel risparmio energetico, nelle energie rinnovabili, nei trasporti pubblici, nell'informatica e nel telelavoro. Questo avrà un triplo vantaggio: ridurrà la nostra dipendenza energetica, diminuirà le emissioni e rilancerà l’industria europea verso una nuova rivoluzione ecologica. L’Europa è leader nel settore dell’energia rinnovabile e dell’economia verde. Secondo stime della Commissione Europea, ci sono già 3,5 milioni di lavoratori impegnati nella green economy in Europa. Con un piano di investimenti coordinato, che tocchi i settori dell'edilizia, della produzione energetica e dei trasporti, si possono creare milioni di posti di lavoro qualificati che, dato il loro forte legame con il territorio, non sono delocalizzabili.
B3) In questo contesto, il ritorno dell'energia nucleare in Italia e la volontà di usare fondi europei
per finanziare nuove centrali - da aggiungere a quelli ingenti che già oggi finanziano sicurezza e ricerca- rappresentano una scelta profondamente sbagliata. L'energia nucleare non é la soluzione per i cambiamenti climatici. L'industria nucleare negli ultimi 30 anni non ha risolto né il problema della sicurezza, né quello delle scorie radioattive, né quello della proliferazione dal nucleare civile a quello militare. Imbarcarsi nella costruzione di centrali nucleari di terza generazione, già vecchie oggi, significa rinunciare a investire in energia pulita. Significa compiere un errore economico oltre che sul versante della sicurezza e dell’ambiente. Perché non ci sono le risorse per fare tutte e due le cose, né in Europa né in Italia. O si investe subito in rinnovabili e risparmio energetico, creando centinaia di migliaia di lavori e imprese verdi; o si punta su poche centrali nucleari fra venti anni, affidate a grosse imprese in realtà assistite dal denaro pubblico. La scelta da fare é per noi chiara. In ogni caso è indispensabile che l’Europa si doti di una rete di sicurezza comune capace di tenere sotto controllo le centrali nucleari già esistenti.
B4) Il modello sociale europeo è stato attaccato dalle destre per farlo assomigliare sempre più a
quello americano, ora la nuova amministrazione statunitense punta oggi alla costruzione di un
sistema sanitario pubblico. In questo grave momento di crisi e insicurezza, é necessario difendere ed estendere lo spazio pubblico europeo, lo stato sociale, investendo per assicurare il reddito di
base, la formazione e i servizi per i giovani, i disoccupati e i lavoratori precari; garantire il diritto
alla pensione, ai servizi sociali via via integrati verso l'alto. In questo senso riteniamo un delitto il
dirottamento dei Fondi europei per le aree sottoutilizzate (FAS) verso il finanziamento di grandi
infrastrutture inutili o non prioritarie come il Ponte sullo Stretto, recentemente decise dal governo italiano. La crescita e il miglioramento della società civile europea, a partire dai paesi e dalle regioni (come il Mezzogiorno d’Italia) che più ne hanno bisogno, può e deve diventare un potente volano per l’economia nel suo complesso, sia quella pubblica che quella privata, rivoluzionando il principio di indicatori dello sviluppo qualitativo e non solo quantitativo come il PIL.
B5) L'UE non può prescindere dall'obiettivo di costruire una "Società della Conoscenza" dove il
libero accesso al sapere venga tutelato e il diritto alla formazione riconosciuto come diritto
fondamentale di ogni essere umano. Vanno impegnate maggiori risorse nel triangolo 'Formazione, Ricerca, Innovazione' e va costruita una politica comune e condivisa su grandi scelte: dalla ricerca scientifica, alla formazione, dalla scuola pubblica di qualità, all'universalità di accesso a strumenti ormai indispensabili come internet. L’Europa deve guadagnare terreno e diventare protagonista, mettendo in campo formazione continua per tutta la vita, scuola pubblica di qualità, ricerca e università adeguatamente finanziate prioritariamente con denaro pubblico. Non possiamo accettare la “riforma Gelmini” della scuola e dell’università che taglia arbitrariamente risorse portando l’Italia fuori dall’Europa; Allo stesso modo è sempre l'Europa che deve costruire le condizioni per una grande riforma del diritto allo studio, avendo l'obiettivo di garantire a tutti i soggetti in formazione, a prescindere dalle condizioni sociali di partenza, il reale e autonomo accesso ai percorsi formativi. Per questa ragione vanno individuati parametri europei che stabiliscano i servizi di welfare minimi (casa, trasporti, sussidi) rivolti agli studenti e le studentesse in tutti gli Stati membri. Sempre con tali obiettivi è necessaria una riforma dei parametri di valutazione della qualità dell'istruzione pubblica che metta al centro non più soltanto la conoscenza come risorsa economica, ma innanzitutto il sapere e l'apprendimento come risorsa sociale e civile, invertendo i processi di mercificazione e privatizzazione in atto. Al tempo stesso dovrà valorizzare la capacità e il merito, le competenze migliori degli insegnanti, ponendo fine ai clientelismi accademici e alle discriminazioni per origine familiare.
B6) I servizi pubblici ed i beni comuni sono parte indispensabile del modello sociale europeo,
perchè garantiscono accesso uguale e universale ai diritti; le associazioni dei cittadini devono avere voce, perché i servizi siano adeguati e di qualità e ne sia garantito il valore sociale e pubblico. Un esempio importante in questo senso é l'acqua, che deve essere diritto universale e non una merce così come l'energia, la salute, l'istruzione o la mobilità. La difesa e l’allargamento dello spazio pubblico europeo richiede quindi il protagonismo dei cittadini e dei soggetti sociali, quindi un potenziamento della democrazia anche nelle decisioni di politica economica. L'applicazione della direttiva "Servizi" non deve reintrodurre ciò che il Parlamento, anche grazie a noi, ha bocciato. Ribadiamo con forza il nostro impegno a riportare all'ordine del giorno della UE una direttiva sui servizi pubblici, come chiesto dalla petizione della Confederazione Europea dei Sindacati (CES), che la Commissione Barroso ha sempre rifiutato di presentare.
B7) La politica europea dei trasporti e i criteri di finanziamento europeo delle infrastrutture non
hanno ancora portato ad un deciso passaggio dalla gomma alla ferrovia; la priorità sarà allora
lavorare perché vengano valorizzati il trasporto pubblico urbano e le reti ferroviarie, nell’ottica di integrare meglio trasporto ferroviario a lunga distanza con reti urbane e locali, di togliere traffico
pesante dalle strade, investendo anche sui porti e sulle autostrade del mare.
B8) Per rilanciare gli investimenti nella green economy e per una nuova politica industriale é
necessario mettere fine ai paradisi fiscali, alle pratiche di elusione fiscale e all’evasione, e
incrementare la lotta contro il riciclaggio di denaro, sia nell’Unione Europea che a livello
internazionale, così che tutti gli attori del mercato paghino la loro giusta quota di imposte nei Paesi nei quali operano e per sottomettere il potere delle istituzioni finanziarie al controllo democratico. E’ necessario avviare in modo deciso un processo di armonizzazione fiscale nel contesto europeo tale da non penalizzare il lavoro a favore della rendita; la generalizzazione di criteri di prelievo fiscale improntati alla progressività, sgravando contemporaneamente i redditi più bassi.
B9) La necessità di concentrare gli sforzi contro la recessione, di potenziare la capacità di spesa
pubblica senza appesantire i deficit di bilancio o aggravare il prelievo fiscale sui redditi da lavoro,
rendono necessaria la introduzione di forme di tassazione dei grandi patrimoni, tutelando invece il risparmio; in sostanza di una tassa sulle grandi ricchezze , che tenga conto delle forme moderne in cui queste oggi si articolano, in modo da fare contribuire in modo più rilevante i ceti privilegiati alla necessaria ricostruzione economica.
B10) Una parte molto importante della discussione sulla riforma del bilancio dell'UE verterà sulla Politica Agricola Comune (PAC). L'anno prossimo inizieranno le discussioni sulla sua riforma: noi
non pensiamo che sia necessario ridurre la spesa per la politica agricola, ma sicuramente é
indispensabile qualificarla e riorientarla, favorendo la qualità dei prodotti e il lavoro agricolo anche e soprattutto nelle sue forme di produzione biologica; diffondendo la pratica del ciclo corto e della stagionalità, per ridurne i costi economici e ambientali; abbattendo il ricorso ai pesticidi;
escludendo in qualsiasi forma l'uso di Organismi geneticamente modificati (OGM) in agricoltura. Il tutto all'interno di un sistema agricolo che abolisca la rendita parassitaria sui fondi comunitari, che dovrebbero, invece, essere attribuiti solo a chi trae il suo reddito dall'attività agricola in sé.
Insomma, un'agricoltura di qualità, che contribuisce alla lotta ai cambiamenti climatici, salvaguarda il territorio e il reddito dei lavoratori agricoli e sia libera da OGM. Una scelta questa innanzitutto economica, a favore dell’agricoltura italiana ed europea di qualità, che non preclude la libertà di ricerca scientifica in ambiente protetto e in sicurezza. L’Europa, infine, deve riconoscere e promuovere il benessere e i diritti degli animali.
C. Un’Europa più giusta: democrazia, diritti civili e diritti sociali
C1) Diritti sociali e diritti di cittadinanza sono inscindibili perché insieme garantiscono giustizia
sociale e libertà individuale. L’estensione dei diritti anche fuori dei confini europei è lo strumento
più utile a contrastare il dumping sociale e le tentazioni protezionistiche. Dobbiamo andare verso
una vera cittadinanza europea. La libera circolazione delle persone, delle merci e dei servizi è alla base della costruzione europea, ma senza diritti comuni e condivisi questa crollerebbe. Occorre
abbattere tutti gli ostacoli che impediscono ai cittadini di spostarsi facilmente e liberamente in tutta l’Unione per studiare, esercitare una professione, curarsi o per altri motivi. Vogliamo per questo riscrivere la direttiva sulla mobilità dei lavoratori europei, perché sia stabilito, una volta per tutte, che i contratti di lavoro e le condizioni salariali e di sicurezza non sono aggirabili con il distacco dei lavoratori da un paese UE all’altro. Questo spazio comune di circolazione è anche la migliore garanzia di sicurezza, che oggi non è più assicurata da anacronistici confini, ma dall’unità dello spazio giuridico e dal coordinamento tra le forze di polizia. La cittadinanza europea sarà anche il definitivo riconoscimento storico del contributo dell’emigrazione italiana alla costruzione
dell’Europa, così come garantirà l’integrazione dei nuovi cittadini dei Paesi dell’Europa orientale a cui la UE si è recentemente allargata.
C2) Sosteniamo parità e libertà per tutti i cittadini e i residenti dell’UE. Vogliamo un'Europa laica e perciò rispettosa di ogni credo religioso e della libertà di non averne nessuno. Proseguiremo nella nostra azione affinché sia approvata la Direttiva europea orizzontale contro ogni forma di
discriminazione in ragione del sesso, della razza, della religione, dell’età, dell’handicap,
dell’orientamento sessuale e identità di genere. Poiché le famiglie europee sono sempre più spesso composte da cittadini di stati diversi della UE, è necessario lavorare ad una legge che imponga il riconoscimento dei matrimoni, delle unioni civili e dei diritti parentali legalmente riconosciuti in un altro stato membro, e anche a un diritto europeo in materia di divorzio e di adozione. Continueremo a lavorare. Continueremo a lavorare per la fine di ogni forma di omofobia e di transfobia, affinché le persone gay, lesbiche, trans, possano veder riconosciuti in tutti gli stati europei lo status di cittadini con pari diritti e pari doveri; per il superamento di politiche proibizioniste che anziché rafforzare il principio di responsabilità lo indeboliscono con pratiche repressive; per il riconoscimento delle libere scelte delle persone in materia di cura, contraccezione, salute sessuale e riproduttiva; per la libertà di ricerca scientifica, inclusa quelle sulle cellule staminali; per il diritto di morire nella dignità. Sosteniamo il riconoscimento e l’incoraggiamento della diversità linguistica e culturale dell’Europa, sia quella storica, legata alle tradizioni regionali, sia quella nata dalle novità portate dalle migrazioni e dalla globalizzazione: questa diversità di lingue e culture, anche religiose, è stata, è e sarà la nostra più grande risorsa, purché si coniughi con il rispetto e il riconoscimento dei diritti individuali di tutti.
C3) Vogliamo un Patto Europeo per il progresso sociale, che stabilisca obiettivi e standard comuni per le politiche sociali, sanitarie ed educative nazionali, così come si sono stabiliti per le politiche di bilancio. Questo deve valere anche per le politiche di inclusione dei migranti e per un sistema comune di asilo europeo per i rifugiati e i profughi che chiedono protezione da guerre, dittature o disastri ambientali. Vogliamo un’Europa in cui i milioni di persone attive nel mondo del volontariato, del non-profit, del terzo settore e della società civile abbiano sempre più influenza sulle decisioni pubbliche, perché la solidarietà diventi predominante nelle politiche europee.
C4) In Europa vivono e lavorano già oggi milioni di migranti. Negli anni scorsi si è concentrata
l’attenzione sui problemi legati all’ingresso e al soggiorno, come se quello dell’immigrazione fosse
un problema passeggero. Al contrario, si tratta di un fenomeno permanente, che richiede standard comuni per l’immigrazione legale nei paesi dell’Unione Europea, sulla base di eguali diritti e responsabilità e sul mutuo rispetto. Vogliamo una politica d’inclusione che preveda diritti di cittadinanza e di espressione, oltre che pari diritti tra migranti e cittadini della UE nei luoghi di
lavoro o di studio. L’Europa non può, e quindi non deve, chiudere i confini ai migranti, che sono un elemento necessario dell’economia globale e di un mondo sempre più interconnesso. Se saranno garantite opportunità di accesso e di inclusione, sarà anche più agevole la necessaria politica di governo dell’immigrazione e di deciso contrasto del traffico di esseri umani. In ogni caso i diritti umani fondamentali, a partire da quello alla salute e alla tutela dei minori, vanno garantiti anche ai migranti non regolari. Siamo a favore del diritto di voto nelle elezioni locali dei cittadini extracomunitari residenti, sull’esempio di altri paesi europei. La lotta al razzismo e il principio di non discriminazione etnica e religiosa sono pilastri della UE. Occorre lavorare per consolidarli anche in Italia dove le manifestazioni di razzismo negli ultimi anni sono diventate sempre più frequenti e allarmanti.
C5) L’Unione Europea ha avuto un ruolo importante nel promuovere la parità tra i sessi e la libertà delle donne. Le donne devono poter essere libere di decidere di sé e del proprio corpo:
l’autodeterminazione femminile resta per noi un principio fondante. La crisi, tuttavia, potrebbe
costringere le donne ad arretrare sia rispetto all’inserimento nel mondo del lavoro, sia rispetto alla partecipazione ai luoghi di decisione politica ed economica, riconducendole ad un esclusivo ruolo familiare. SINISTRA e LIBERTA' si impegna perché ciò non accada e le donne siano libere di decidere di sé e del proprio corpo. Sosterremo le azioni positive, le pari opportunità, l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione, a partire dalla parità salariale e di reddito previdenziale tra lavoratori e lavoratrici. Ci impegneremo per garantire alle donne l’accesso al lavoro e alla progressione nelle carriere; per la democrazia paritaria a tutti i livelli istituzionali; per combattere la violenza nelle sue diverse forme , a partire da quella domestica, inclusa la lotta al traffico di esseri umani che riguarda in prevalenza donne e minori . Contrasteremo le politiche di falsa parità, come quelle che vogliono parificare l’età di pensionamento di donne e uomini, senza alcun riconoscimento sociale del lavoro di cura.
C6) Per la prima volta in Europa i giovani hanno di fronte a loro la prospttiva di stare peggio dei
loro padri. Occorre ribaltare questa prospttiva con politiche capaci di valorizzare le giovani
generazioni minacciate dal precariato nuove tutele e diritti. I giovani devono essere i protagonisti della nuova Europa, perciò va favorita la loro educazione “europea”, estendendo programmi come Erasmu anche ai giovani lavoratori; va sostenuta la loro autonomia, attraverso il potenziamento di borse di studio e altre forme di reddito; va favorita la loro mobilità all’interno dell’Unione e la loro creatività scientifica e artistica attraverso programmi di scambio di esperienze culturali e lavorative.
C7) L’Europa sta invecchiando; l’attesa di vita, grazie ai sistemi di protezione sociale è aumentata, ma i giovani sono limitati nell’esercizio della loro indipendenza, persino nei progetti di paternità e maternità, dall’incertezza sul futuro. L’invecchiamento della popolazione non si affronta riducendo la spesa previdenziale pubblica (ridurre le risorse per una popolazione che aumenta equivale a programmarne l’impoverimento) né aumentando l’età di pensionamento, senza considerare la differenza tra i diversi percorsi lavorativi più o meno usuranti. In una società che invecchia non sarà possibile sostenere i giovani senza aumentare la produttività sociale degli anziani e valorizzare l’enorme esperienza accumulata dai cittadini e cittadine senior. E’ necessaria una politica che aiuti i giovani ad affrontare le responsabilità familiari e gli anziani a mantenere una vita dignitosa e attiva.
Perciò proponiamo che venga istituito e accresciuto il diritto al congedo di maternità e paternità in tutta Europa secondo gli standard più alti, per garantire l’accesso ai servizi per l’infanzia; che si incentivi la creazione di reti di servizi per gli anziani; che si progettino programmi internazionali di scambi e volontariato per gli over 60; che si confermi la necessità di garantire pensioni pubbliche dignitose.
D. L’Europa nel mondo.
D1) Per combattere la crisi serve più democrazia e partecipazione. L'Europa deve darsi questo
obiettivo. Deve farsi promotrice di una riforma di tutte le strutture globali. Va riformato l'ONU
come perno di un possibile nuovo spazio pubblico mondiale. Il che richiede il superamento degli
anacronistici criteri di funzionamento delle Nazioni Unite e soprattutto del Consiglio di sicurezza.
Siamo favorevoli ad un seggio per l’Unione Europea in un Consiglio di sicurezza riformato. Come
per il clima occorrono strutture ONU per l'economia, riportando quindi al suo interno le funzioni di governo del commercio mondiale finora delegate al WTO. La democrazia è la grande questione aperta come ci dicono i movimenti mondiali e di cui ci parla anche l'esperienza della nuova
America Latina. L’Unione europea ha grandi responsabilità per un mondo più giusto, per la pace, il disarmo e la sicurezza, ma pochi strumenti a disposizione per realizzarle. Il nostro impegno é a
favore di una politica estera comune della UE, coerente con i suoi valori fondanti.
D2) E' prioritario il rafforzamento della dimensione politica euromediterranea; l'integrazione dei
Balcani; la cooperazione economica con Russia, Cina e India. Questo rafforza il ruolo di pace
dell’Europa nel contesto mondiale. La soluzione del conflitto israelo-palestinese è fondamentale per l'affermazione della pace e lo sviluppo delle relazioni in tutto il bacino del Mediterraneo e può
ottenersi soltanto con il conseguimento dell'obiettivo dei "due popoli due stati", per raggiungere il quale la UE deve assumere un ruolo più attivo, coerente e tempestivo.
D3) E' poi da rafforzare la cooperazione di polizia, giudiziaria e dei servizi di sicurezza nel
combattere, nel rigoroso rispetto dei diritti umani e della legalità, il traffico di droga, la corruzione, le mafie e il terrorismo. Proponiamo di rafforzare su scala europea la lotta alla criminalità organizzata, estendendo l’uso di misure e strumenti come la confisca e l’obbligo dell’uso sociale dei beni sottratti alla mafia.
D4) La UE deve sostenere il sistema di commercio multilaterale ed orientarlo a beneficio dei Paesi in via di sviluppo. Vanno quindi regolate le ragioni di scambio su basi di reciprocità e di parità; bisogna evitare la speculazione sui prezzi delle derrate alimentari; garantire che tutti gli accordi commerciali stipulati dall’UE prevedano clausole appropriate a favore dei diritti umani, sociali e ambientali. Lavoreremo per promuovere la diffusione del commercio equo e solidale in Europa. Alla UE spetta un grande ruolo nella lotta contro la fame, la povertà e per lo sviluppo della cooperazione internazionale. Gli obiettivi di sviluppo del Millennio fissati dall’ONU possono e devono essere integrati dalla strategia europea di uscita dalla crisi, nella realizzazione di un nuovo corso economico verde mondiale e con più intense relazioni con i paesi del grande continente africano. In questo quadro ribadiamo la necessità che la politica di cooperazione sia finanziata almeno con lo 0,7% del prodotto interno lordo. Siamo per un impulso al processo di disarmo mondiale, per liberare risorse oggi assurdamente destinate alla produzione di armamenti, riconvertendo la produzione bellica in produzione di pace.

22.5.09

Europee: Comunisti Italiani

Continuo la presentazione dei programmi dei partiti della sinistra relativi alle prossime elezioni per il Parlamento Europeo. Dopo Rifondazione Comunista, ecco i Comunisti Italiani. Ovviamente, visto che si presentano uniti, il programma è il medesimo.


UN'ALTRA EUROPA E' POSSIBILE

Diamo vita ad una lista anticapitalista che unisce in una proposta politica per l’Europa il PRC, il PDCI, Socialismo 2000 e i Consumatori Uniti. Lo facciamo insieme ad esponenti della sinistra, del mondo del lavoro e sindacale, del movimento femminista e ambientalista, del movimento lgbtq e pacifista. La lista lavora per un’uscita dalla crisi fondata sulla democrazia economica, sulla giustizia sociale e sulla solidarietà.
Siamo di fronte ad una crisi di carattere sistemico, non solo economica e finanziaria, ma sociale, alimentare, energetica, ambientale, che sta scuotendo l’intero pianeta. La crisi del capitalismo globalizzato. Ci opponiamo all’Europa liberista e tecnocratica e al governo di “grande coalizione” composto da socialisti, popolari e liberaldemocratici europei che ha fin qui dettato l’agenda della costruzione dell’Unione. Lottiamo con i movimenti sociali e le forze politiche di trasformazione di tutto il continente per UN’ALTRA EUROPA. Una lista che fa sue le ragioni di chi in questi anni e in questi mesi sta lottando, nella scuola e nei luoghi di lavoro, per la giustizia sociale e contro la precarietà, per la libertà femminile, che si oppone al razzismo e all’offensiva oscurantista e clericale delle gerarchie ecclesiastiche. Che si batte per un intervento pubblico finalizzato alla riconversione sociale e ambientale dell’economia, per la redistribuzione del reddito, contro la guerra e per il disarmo. Siamo convinti che la questione morale abbia un valore universale, in Italia come in Europa. L’intreccio perverso tra politica e affari e l’uso clientelare delle risorse pubbliche sono fattori di degenerazione della democrazia, come intuì Enrico Berlinguer. La lista appartiene interamente al campo del GUE-NGL, il Gruppo parlamentare della Sinistra Unitaria Europea – Sinistra Verde Nordica che unisce partiti comunisti, anticapitalisti, socialisti di sinistra ed ecologisti e al cui interno si colloca il Partito della Sinistra Europea. Le forze che danno vita alla lista si impegnano a continuare il coordinamento della loro iniziativa politica anche dopo le elezioni europee. La crisi e come uscirne Questa crisi non nasce per caso. E’ un prodotto strutturale dell’attuale capitalismo finanziario-speculativo Questa crisi è figlia delle politiche neoliberiste dell’ultimo ventennio. Politiche alle quali un contributo determinante è stato dato da questa Unione Europea, fondata sul dominio degli interessi del capitale finanziario e delle multinazionali. Politiche che hanno animato un capitalismo d’azzardo e che sono state rese possibili da un consenso fra governi di centro destra e centro sinistra, da una grande coalizione formata da liberali, popolari e socialisti europei che ha condiviso i principi liberisti e la demolizione dello stato sociale portata avanti in questi anni in nome della deregolamentazione e del primato della libera concorrenza sulla società. Noi proponiamo una rifondazione dell’Europa. L’Europa di Maastricht, dei Trattati liberisti e a democratici come quello di Lisbona, della tecnocrazia e della subalternità alla NATO, è stata bocciata da referendum popolari in ogni paese dove si è votato. Noi siamo in favore di un’Europa dei popoli, per un processo costituente democratico e sovrano, di un’Europa della pace e del disarmo. Ci battiamo per cambiare le fondamenta di questa Europa. Il Patto di stabilità va sostituito con un patto per la piena occupazione e la riconversione sociale ed ambientale dell’economia. Va ridefinito lo statuto e la missione della Banca centrale , che va sottoposta ad un controllo democratico. Ci battiamo per la socializzazione del sistema finanziario e bancario, attraverso il controllo pubblico del credito e la nazionalizzazione delle banche. Siamo per la costruzione di uno stato sociale europeo. Il sistema fiscale europeo va armonizzato, fondandolo sul principio della progressività delle imposte. Le politiche economiche e sociali che sono la causa principale di questa crisi vanno rovesciate. Ci battiamo per ripubblicizzare quanto privatizzato, a partire dai beni comuni e dai servizi pubblici essenziali, come l’educazione e la conoscenza, la salute, l’acqua, l’energia. Ci battiamo per tassare i capitali speculativi, attraverso l’introduzione della Tobin Tax e l’abolizione dei paradisi fiscali. Per un’ Europa delle lavoratrici e dei lavoratori, della piena e buona occupazione Ad oltre 15 anni dal Trattato di Maastricht, le condizioni di vita e lavorative della maggioranza della popolazione europea sono rapidamente peggiorate: orari di lavoro più lunghi, salari insufficienti, aumento della durata della vita lavorativa, aumento della disoccupazione giovanile e della disoccupazione a lungo termine, lavori brevi, impieghi temporanei e stage non retribuiti costituiscono una scandalosa realtà. Una realtà che in Italia produce la vergogna dell’aumento dei morti sul lavoro. I profitti sono aumentati vertiginosamente: i manager ricevono stipendi astronomici, indipendentemente dai loro risultati. I ricchi diventano più ricchi e i poveri più poveri. Non sono i lavoratori e le lavoratrici a dover pagare la crisi, mentre le banche e la finanza speculativa che l’hanno causata vengono salvate. La logica sottostante ai piani di intervento sin qui approvati sono la privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite. La politica dei bassi salari e del lavoro precario è il cuore del problema. Quello che serve, in Europa, è un piano per la piena occupazione, attraverso la creazione di un fondo che sia finanziato attraverso la tassazione della speculazione finanziaria e della rendita. L’attuale politica di bassi salari, il dumping ambientale e sociale e l’estensione della precarietà, vanno fermati. L’aumento di salari e pensioni è non solo doveroso per ridistribuire la ricchezza, ma essenziale, per uscire dalla crisi e per un nuovo modello economico. Le sentenze della Corte Europea di Giustizia, cosi come la direttiva Bolkestein, costituiscono un attacco diretto ai contratti collettivi e ai diritti dei lavoratori. Noi ci battiamo, in Italia e in Europa, per difendere e rafforzare i contratti collettivi ed i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Ci battiamo per l’abolizione della direttiva Bolkestein, della direttiva che estende l’orario di lavoro oltre le 65 ore settimanali e di quella per l’innalzamento dell’età pensionabile per le donne. I regolamenti sull’orario di lavoro devono ammettere un massimo di 40 ore settimanali. Chiediamo un salario minimo europeo per evitare il dumping sociale, che rappresenti almeno il 60% della media dei salari nazionali e che non sostituisca i contratti collettivi nazionali. Un reddito minimo per i disoccupati, così come una pensione minima vincolata al salario minimo e automaticamente legata all’aumento del costo della vita sono strumenti indispensabili per garantire una vita dignitosa a tutti e tutte. Per un’ Europa della pace e del disarmo Il mondo che viviamo assiste ad una corsa preoccupante e senza precedenti al riarmo. Riarmo di tutti i tipi, incluso quello nucleare. In Italia, la legge 185 è sotto attacco e ci si appresta a spendere 14 miliardi di euro per 131 nuovi cacciabombardieri. Questa è l’eredità di dieci anni di guerre preventive e umanitarie, in cui si è applicata una politica dei due pesi e delle due misure e con cui si sono scientificamente scardinati i principi del diritto internazionale e il sistema della Nazioni Unite. La responsabilità di quanto accaduto non è solo di Bush e della stagione dei neoconservatori, ma anche della subalternità dell’Europa a questa politica di guerra. L’Europa deve diventare protagonista della ricostruzione di un nuovo equilibrio globale multipolare, attraverso il rilancio delle Nazioni Unite e dei principi della sua carta, per mettere fine alla lunga stagione dell’unilateralismo imperialistico degli USA, perseguito in maniera particolare dall’amministrazione Bush. Come dimostra anche la recente tragedia di Gaza, l’Europa legata alla Nato non è capace di giocare un ruolo autonomo nella politica internazionale, al contrario, rimane prigioniera e complice di guerre e aggressioni. Crediamo che invece l’Europa debba battersi per un processo globale di disarmo, liberando risorse oggi usate per gli armamenti e per finanziare le guerre a favore delle politiche sociali. Le guerre e le occupazioni di Afghanistan ed Iraq devono terminare. I paesi europei ancora coinvolti in questi paesi con proprie truppe devono ritirare i propri contingenti. Ci opponiamo ad ogni ipotesi di una nuova guerra nei confronti dell’Iran. l’Europa deve costruire una soluzione politico diplomatica al contenzioso sul nucleare, lavorando per un Medio Oriente ed un mediterraneo libero da armi di distruzione di massa e da quelle nucleari. Vi è la necessità per l’Europa di rilanciare una cooperazione politico-economica che coinvolga l’intero Mediterraneo come area di sviluppo per il futuro prossimo. Cosi attraverso un Mediterraneo, mare di pace e collaborazione, l’Europa deve aprire una relazione paritaria ed equa con i popoli africani in modo da dare una risposta positiva alle legittime aspettative e bisogni dei popoli europei, mediterranei ed africani. Il Mediterraneo e l’Africa sono il futuro dell’Europa. L’Europa lavori per la soluzione politica e diplomatica dei conflitti, a partire da quello mediorientale, e si impegni per il pieno riconoscimento del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione e ad avere il suo stato, come previsto dalle risoluzioni internazionali disattese da Israele da decenni, nei confini del 67 e con Gerusalemme est come sua capitale. Per porre fine all’occupazione militare dei territori palestinesi e all’embargo su Gaza, alla continua annessione di territori attraverso la costruzione del Muro dell’apartheid e l’espansione delle colonie, l’Europa deve sospendere gli accordi commerciali e di cooperazione militare con Israele. Inoltre, l’Europa non può che sostenere il diritto al ritorno sancito dalla risoluzione ONU 194 per i rifugiati palestinesi e lavorare per una sua applicazione. L’Europa deve impegnarsi per il diritto della popolazione Saharawi all’auto-determinazione sulla base delle esistenti Risoluzioni dell’ONU 1754 e 1783, cosi come alla soluzione politica della questione kurda, chiedendo alla Turchia di porre fine alla repressione militare e di avviare un reale processo negoziale. Dopo la caduta dei due blocchi contrapposti Est-Ovest, la NATO è rimasta e si è sviluppata sempre di più come uno strumento funzionale delle amministrazioni statunitensi per le sue strategie egemoniche. L’allargamento della NATO ad Est risponde a questa logica. Un esempio sono gli accordi bilaterali tra gli Stati Uniti e diversi paesi europei, quale quello con l’Italia per la base militare statunitense di Vicenza, quello con la Polonia e la Repubblica Ceca per il dispie-gamento dei sistemi di difesa missilistici e quelli con la Bulgaria e la Romania sulle nuove basi. Siamo a fianco dei movimenti contro le nuove basi militari, a partire da Vicenza, e contro l’istallazione dello scudo missilistico nell’est europeo. Crediamo che sia venuto il tempo per lo scioglimento della Nato. Ora più che mai, la sicurezza in Europa deve fondarsi sui principi della pace e la sicurezza, del disarmo e della impossibilità di effettuare attacchi offensivi, sulla soluzione politica e civile dei conflitti, all’interno del sistema OSCE, in conformità al diritto internazionale e ai principi di Nazioni Unite riformate e democratizzate. Per un’Europa dell’ambiente, della sovranità alimentare e delle generazioni future Per noi le questioni climatiche e sociali sono correlate. Per questo motivo l’attuale crisi finanziaria ed economica non può essere scissa dalle sfide poste dal cambiamento climatico e all’esigenza di modificare il nostro modello produttivo e consumistico. La risposta alla crisi è anche in un nuovo intervento pubblico in economia finalizzato alla riconversione ecologica del sistema produttivo. La crisi ecologica determinata dal modello di sviluppo capitalistico rischia di minare il diritto delle generazioni future alla biodiversità e di poter usufruire delle risorse primarie e ambientali. Siamo a favore di uno sviluppo immediato e consistente di un nuovo trattato internazionale in accordo con il 4° Report prodotto dal Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico. Chiediamo una piena implementazione degli obblighi firmati e promessi dall’UE in tutti i settori relativi alle politiche climatiche ed energetiche. I seguenti compromessi costituiscono i punti minimi da applicare per poter realizzare gli impegni già assunti: • Ridurre le emissioni globali del 30% entro il 2020 sulla base dei livelli del 1990 e di alme-no l’80% entro il 2050. • Aumentare l’utilizzo di energie rinnovabili di almeno il 25% entro 2020 • Ridurre il consumo totale di energia primaria del 25% entro il 2020 e aumentare l’efficienza energetica del 2% annualmente includendo un limite al consumo pro capite. • Introdurre l’obbligo di efficienza per l’industria e per i produttori di beni ad alto consumo di energia. • Limitare il quadro dei sussidi della UE conseguentemente al settore dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili. Siamo contro la riduzione del protocollo di Kyoto ad un sistema di mercato delle quote di emissione. Occorre invece, per arrivare alla stipula di Kyoto 2 una nuova strategia complessiva che consenta di ridurre le emissioni rendendo più equo e sobrio lo sviluppo. E’ necessario un nuovo paradigma fondato non sulla competizione, ma sulla cooperazione, a partire dal trasferimento tecnologico ai paesi in via di sviluppo, dal finanziamento delle tecnologie pulite e dalle politiche di aggiustamento dei cambiamenti climatici. L’acqua è un diritto fondamentale dell’umanità, un bene universale e l’accesso ad essa deve essere garantito ed inteso come diritto umano e non come una merce. Siamo contro ogni ipotesi di privatizzazione o mercificazione. L’acqua deve essere un bene pubblico. La sovranità, la qualità e la sicurezza alimentari, la multifunzionalità dell’agricoltura devono essere considerati obiettivi strategici di un nuovo modello agricolo europeo finalizzato sempre di più alla tutela dei consumatori, alla valorizzazione dell’agricoltura biologica e dei prodotti tipici, al rifiuto degli OGM, alla salvaguardia della biodiversità, del territorio e del paesaggio, al contrasto del fenomeno di abbandono delle aree agricole e montane, al risparmio delle risorse idriche e al sostegno dello sviluppo rurale. Per un’Europa dei diritti, delle libertà e della laicità Uno dei grandi limiti della costruzione europea è stato il suo carattere ademocratico. Il sistema intergovernativo ha impedito qualsiasi partecipazione dal basso alla decisioni dell’Unione. Una separatezza che rischia di far crescere delusione e scetticismo. E’ necessaria una Unione Europea nella quale tutte le sue istituzioni siano democraticamente legittimate. Deve essere garantita la partecipazione diretta nei processi decisionali europei, con referendum a livello nazionale ed europeo sulle questioni relative alle pietre miliari della stessa UE. Il Parlamento deve avere pieno potere legislativo. Le istituzioni europee (Consiglio, Commissione e Parlamento) devono essere aperte alla partecipazione delle società civili, con la possibilità di esercitare un controllo sulle loro decisioni. Vogliamo un rafforzamento dei diritti individuali e delle libertà così come dei i diritti politici e sociali fondamentali di tutti coloro che vivono nell’UE. L’UE deve sottoscrivere la Convenzione Europea per la Protezione dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali. L’Unione Europea deve proteggere e promuovere i diritti di coloro che sono discriminati a causa della loro origine etnica, orientamento sessuale e identità di genere, di religione, ideologica, disabili, di età, rimuovendo tutti gli impedimenti per una piena uguaglianza, ad iniziare da quelli economici. Vogliamo un’Europa cosmopolita e aperta. Non vogliamo un Europa fortezza. C’è bisogno di una politica comune europea sulle migrazioni e i richiedenti asilo in accordo con la Convenzione di Ginevra. Le persone che fuggono dalle persecuzioni a causa delle loro convinzioni politiche, ideologiche, religiose o dell’ orientamento sessuale, devono trovare protezione ed asilo in Europa. Chiediamo che le persecuzioni basate sul genere e l’orientamento sessuale costituiscano ragione per richiedere asilo e va garantita una protezione specifica per i bambini rifugiati. Per questo, rifiutiamo l’attuale sistema FRONTEX di controllo delle frontiere e chiediamo l’annullamento dei piani relativi alla realizzazione e implementazione della “Direttiva del Ritorno”. I centri di detenzione devono essere chiusi. La libera circolazione in Europa non può essere solo dei capitali, delle merci e dei servizi, ma anche e soprattutto delle persone, considerando le migrazioni – interne ed esterne – come un diritto umano inalienabile e illimitabile, per la ricerca di migliori o comunque diverse condizioni di vita, di lavoro e di sviluppo personale, professionale e sociale, lottando contro ogni tipo di sfruttamento, di dumping sociale o di "guerra tra poveri". L’educazione è un diritto non mercificabile. Va difeso il carattere pubblico e laico della scuola e dell’università, cosi come quello della ricerca culturale e scientifica , svincolata dalle logiche mercantili. Per questo va contrastato il processo di Bologna, che produce una progressiva privatizzazione del settore della conoscenza. Sosteniamo i movimenti studenteschi e degli insegnanti che, in Italia come nel resto d’Europa, sono mobilitati per difendere il carattere pubblico dell’educazione. L’Unione Europea deve rispettare e garantire il principio di eguaglianza dei cittadini rispettando le loro differenze e diversità. Il diritto all'uguaglianza di genere nelle relazioni e alla libertà di orientamento sessuale, va garantito non solo in quanto diritto individuale, ma come una libertà, garantita e difesa dalle Istituzioni europee e dei singoli stati. Tutte le istituzioni pubbliche devono garantire la libertà delle donne e impegnarsi contro tutte le forme di patriarcato. Ogni donna, in ogni paese, deve poter decidere liberamente del proprio corpo, poter esercitare il diritto all'aborto, alla contraccezione, ad una maternità consapevole e all’accesso alle tecniche di riproduzione artificiale. Un' Europa democratica e aperta è una Europa che afferma la laicità come valore irrinunciabile delle sue istituzioni pubbliche. Un’altra Europa per un altro mondo Questa crisi è una crisi globale, non solo europea. L’Europa può dare un contributo alla ridefinizione dei rapporti politici ed economici globali, contribuendo alla costruzione di un modello di sviluppo alternativo di relazioni fra i popoli e gi stati basato sulla giustizia, sulla solidarietà, e non sulla competizione. Mentre in Europa prevale la paura e le destre cavalcano la xenofobia e il razzismo, alimentando la guerra fra poveri, nel mondo e in special modo nel continente latinoamericano, assistiamo ad una primavera della sinistra e della democrazia, ad una affermazione in tutto il continente, dal Brasile del presidente Lula al Venezuela di Chavez, passando per la Bolivia dell’indio Morales al Paraguay del teologo della Liberazione Lugo e all’Ecuador dell’economista Correa, solo per fare pochi esempi, di forze progressiste, comuniste, cattoliche di base e anti liberiste, che costituiscono un laboratorio per un’uscita da sinistra dalla crisi. L’Europa sappia istaurare un rapporto nuovo con questo laboratorio. Un laboratorio possibile anche grazie all’esperienza cubana, che subisce dal 1961 un blocco immorale e illegittimo da parte degli Stati Uniti, condannato quasi all’unanimità per 17 volte dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e che, come già chiesto da tutti gli stati latinoamericani, con Lula in testa, va rimosso immediatamente. Ciò che accade in America latina dimostra che cambiare è possibile e che lo sviluppo della democrazia costituisce per tutti i paesi del sub continente un valore irrinunciabile. E’ in quel continente inoltre che più è cresciuto il movimento altermondialista e dei forum sociali, di cui siamo parte e di cui sosteniamo le rivendicazioni per una radicale riforma degli organismi sopranazionali, come l’FMI, la Banca Mondiale e l’OMC che hanno imposto le riforme strutturali e le condizioni per l’espansione di un sistema economico globale che ha aumentato disuguaglianze fra stati e all’interno di questi. Ci batteremo affinché l’Europa cambi la natura e il merito degli accordi commerciali proposti con l’america latina come con il resto del mondo, specialmente l’Africa, in quanto ispirati a criteri neoliberali, asimmetrici ed iniqui di scambio e che produrranno solo altra ingiustizia e povertà. Oggi più che mai torna attuale la questione di un nuovo paradigma per le nostre società. Il capitalismo mostra tutti i suoi limiti: sociali, ambientali, democratici. La domanda sul cosa, come e perché produrre rimette a tema per il futuro la questione del socialismo del XXI secolo. Questi sono i punti programmatici, le idee e i valori che ci uniscono. Una unità sui contenuti che qualifica la nostra lista come l’unica proposta realmente di sinistra e di cambiamento in queste elezioni europee. Il voto a questa lista è un voto contro la destra italiana e alternativo al PD. Il voto a questa lista è un voto per un’altra Europa: dell’uguaglianza e del lavoro, della pace, della giustizia sociale ed ambientale, dei diritti e delle libertà.

10.5.09

Europee: Rifondazione Comunista


Dopo la posizione di Sinistra Critica riguardo alle prossime elezioni per il Parlamento Europeo, continuo la presentazione di quella degli altri partiti della sinistra. Questa volta tocca a Rifondazione Comunista. Ecco la loro posizione così come scritta sul loro sito.




UN’ALTRA EUROPA E’ POSSIBILE. Il programma per le elezioni europee

Diamo vita ad una lista anticapitalista che unisce in una proposta politica per l’Europa il PRC, il PDCI, Socialismo 2000 e i Consumatori Uniti. Lo facciamo insieme ad esponenti della sinistra, del mondo del lavoro e sindacale, del movimento femminista e ambientalista, del movimento pacifista. La lista lavora per un’uscita dalla crisi fondata sulla democrazia economica, sulla giustizia sociale e sulla solidarietà.
Siamo di fronte ad una crisi di carattere sistemico , non solo economica e finanziaria, ma sociale, alimentare, energetica, ambientale, che sta scuotendo l’intero pianeta. La crisi del capitalismo globalizzato. Ci opponiamo all’Europa liberista e tecnocratica e al governo di “grande coalizione” composto da socialisti , popolari e liberaldemocratici europei che ha fin qui dettato l’agenda della costruzione dell’Unione. Lottiamo con i movimenti sociali e le forze politiche di trasformazione di tutto il continente per UN’ALTRA EUROPA.Una lista che fa sue le ragioni di chi in questi anni e in questi mesi sta lottando, nella scuola e nei luoghi di lavoro, per la giustizia sociale e contro la precarietà, per la libertà femminile, che si oppone al razzismo e all’offensiva oscurantista e clericale delle gerarchie ecclesiastiche. Che si batte per un intervento pubblico finalizzato alla riconversione sociale e ambientale dell’economia, per la redistribuzione del reddito, contro la guerra e per il disarmo. Siamo convinti che la questione morale abbia un valore universale, in Italia come in Europa. L’intreccio perverso tra politica e affari e l’uso clientelare delle risorse pubbliche sono fattori di degenerazione della democrazia, come intuì Enrico Berlinguer.La lista appartiene interamente al campo del GUE-NGL, il Gruppo parlamentare della Sinistra Unitaria Europea – Sinistra Verde Nordica che unisce partiti comunisti, anticapitalisti, socialisti di sinistra ed ecologisti e al cui interno si colloca il Partito della Sinistra Europea.Le forze che danno vita alla lista si impegnano a continuare il coordinamento della loro iniziativa politica anche dopo le elezioni europee. La crisi e come uscirneQuesta crisi non nasce per caso. E’ un prodotto strutturale dell’attuale capitalismo finanziario-speculativo Questa crisi è figlia delle politiche neoliberiste dell’ultimo ventennio. Politiche alle quali un contributo determinante è stato dato da questa Unione Europea, fondata sul dominio degli interessi del capitale finanziario e delle multinazionali. Politiche che hanno animato un capitalismo d’azzardo e che sono state rese possibili da un consenso fra governi di centro destra e centro sinistra, da una grande coalizione formata da liberali, popolari e socialisti europei che ha condiviso i principi liberisti e la demolizione dello stato sociale portata avanti in questi anni in nome della deregolamentazione e del primato della libera concorrenza sulla società.Noi proponiamo una rifondazione dell’Europa. L’Europa di Maastricht, dei Trattati liberisti e a democratici come quello di Lisbona, della tecnocrazia e della subalternità alla NATO, è stata bocciata da referendum popolari in ogni paese dove si è votato. Noi siamo in favore di un’Europa dei popoli, per un processo costituente democratico e sovrano, di un’Europa della pace e del disarmo. Ci battiamo per cambiare le fondamenta di questa Europa.Il Patto di stabilità va sostituito con un patto per la piena occupazione e la riconversione sociale ed ambientale dell’economia. Va ridefinito lo statuto e la missione della Banca centrale , che va sottoposta ad un controllo democratico. Ci battiamo per la socializzazione del sistema finanziario e bancario, attraverso il controllo pubblico del credito e la nazionalizzazione delle banche. Siamo per la costruzione di uno stato sociale europeo. Il sistema fiscale europeo va armonizzato, fondandolo sul principio della progressività delle imposteLe politiche economiche e sociali che sono la causa principale di questa crisi vanno rovesciate. Ci battiamo per ripubblicizzare quanto privatizzato, a partire dai beni comuni e dai servizi pubblici essenziali, come l’educazione e la conoscenza, la salute, l’acqua, l’energia. Ci battiamo per tassare i capitali speculativi, attraverso l’introduzione della Tobin Tax e l’abolizione dei paradisi fiscali. Per un’ Europa delle lavoratrici e dei lavoratori, della piena e buona occupazioneAd oltre 15 anni dal Trattato di Maastricht, le condizioni di vita e lavorative della maggioranza della popolazione europea sono rapidamente peggiorate: orari di lavoro più lunghi, salari insufficienti, aumento della durata della vita lavorativa, aumento della disoccupazione giovanile e della disoccupazione a lungo termine, lavori brevi, impieghi temporanei e stage non retribuiti costituiscono una scandalosa realtà. Una realtà che in Italia produce la vergogna dell’aumento dei morti sul lavoro. I profitti sono aumentati vertiginosamente: i manager ricevono stipendi astronomici, indipendentemente dai loro risultati. I ricchi diventano più ricchi e i poveri più poveri.Non sono i lavoratori e le lavoratrici a dover pagare la crisi, mentre le banche e la finanza speculativa che l’hanno causata vengono salvate. La logica sottostante ai piani di intervento sin qui approvati sono la privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite. La politica dei bassi salari e del lavoro precario è il cuore del problema.Quello che serve, in Europa, è un piano per la piena occupazione, attraverso la creazione di un fondo che sia finanziato attraverso la tassazione della speculazione finanziaria e della rendita.L’attuale politica di bassi salari, il dumping ambientale e sociale e l’estensione della precarietà, vanno fermati. L’aumento di salari e pensioni è non solo doveroso per ridistribuire la ricchezza , ma essenziale , per uscire dalla crisi e per un nuovo modello economico. Le sentenze della Corte Europea di Giustizia, cosi come la direttiva Bolkestein, costituiscono un attacco diretto ai contratti collettivi e ai diritti dei lavoratori. Noi ci battiamo , in Italia e in Europa, per difendere e rafforzare i contratti collettivi ed i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Ci battiamo per l’abolizione della direttiva Bolkestein, della direttiva che estende l’orario di lavoro oltre le 65 ore settimanali e di quella per l’innalzamento dell’età pensionabile per le donne. I regolamenti sull’orario di lavoro devono ammettere un massimo di 40 ore settimanali. Chiediamo un salario minimo europeo per evitare il dumping sociale, che rappresenti almeno il 60% della media dei salari nazionali e che non sostituisca i contratti collettivi nazionali. Un reddito minimo per i disoccupati, così come una pensione minima vincolata al salario minimo e automaticamente legata all’aumento del costo della vita sono strumenti indispensabili per garantire una vita dignitosa a tutti e tutte.Per un’ Europa della pace e del disarmoIl mondo che viviamo assiste ad una corsa preoccupante e senza precedenti al riarmo.Riarmo di tutti i tipi, incluso quello nucleare. In Italia, la legge 185 è sotto attacco e ci si appresta a spendere 14 miliardi di euro per 131 nuovi cacciabombardieri. Questa è l’eredità di dieci anni di guerre preventive e umanitarie, in cui si è applicata una politica dei due pesi e delle due misure e con cui si sono scientificamente scardinati i principi del diritto internazionale e il sistema della Nazioni Unite. La responsabilità di quanto accaduto non è solo di Bush e della stagione dei neoconservatori, ma anche della subalternità dell’Europa a questa politica di guerra. L’Europa deve diventare protagonista della ricostruzione di un nuovo equilibrio globale multipolare, attraverso il rilancio delle Nazioni Unite e dei principi della sua carta, per mettere fine alla lunga stagione dell’unilateralismo imperialistico degli USA, perseguito in maniera particolare dall’amministrazione Bush. Come dimostra anche la recente tragedia di Gaza, l’Europa legata alla Nato non è capace di giocare un ruolo autonomo nella politica internazionale, al contrario, rimane prigioniera e complice di guerre e aggressioni. Crediamo che invece l’Europa debba battersi per un processo globale di disarmo, liberando risorse oggi usate per gli armamenti e per finanziare le guerre a favore delle politiche sociali.. Le guerre e le occupazioni di Afghanistan ed Iraq devono terminare.I paesi europei ancora coinvolti in questi paesi con proprie truppe devono ritirare i propri contingentiCi opponiamo ad ogni ipotesi di una nuova guerra nei confronti dell’Iran. l’Europa deve costruire una soluzione politico diplomatica al contenzioso sul nucleare, lavorando per un Medio Oriente ed un mediterraneo libero da armi di distruzione di massa e da quelle nucleari. Vi è la necessità per l’Europa di rilanciare una cooperazione politico-economica che coinvolga l’intero Mediterraneo come area di sviluppo per il futuro prossimo. Cosi attraverso un Mediterraneo, mare di pace e collaborazione, l’Europa deve aprire una relazione paritaria ed equa con i popoli africani in modo da dare una risposta positiva alle legittime aspettative e bisogni dei popoli europei, mediterranei ed africani.Il Mediterraneo e l’Africa sono il futuro dell’Europa. L’Europa lavori per la soluzione politica e diplomatica dei conflitti, a partire da quello mediorientale, e si impegni per il pieno riconoscimento del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione e ad avere il suo stato, come previsto dalle risoluzioni internazionali disattese da Israele da decenni, nei confini del 67 e con Gerusalemme est come sua capitale. Per porre fine all’occupazione militare dei territori palestinesi e all’embargo su Gaza, alla continua annessione di territori attraverso la costruzione del Muro dell’apartheid e l’espansione delle colonie, l’Europa deve sospendere gli accordi commerciali e di cooperazione militare con Israele. Inoltre, l’Europa non può che sostenere il diritto al ritorno sancito dalla risoluzione ONU 194 per i rifugiati palestinesi e lavorare per una sua applicazione.L’Europa deve impegnarsi per.il diritto della popolazione Saharawi all’auto-determinazione sulla base delle esistenti Risoluzioni dell’ONU 1754 e 1783, cosi come alla soluzione politica della questione kurda, chiedendo alla Turchia di porre fine alla repressione militare e di avviare un reale processo negoziale.Dopo la caduta dei due blocchi contrapposti Est-Ovest, la NATO è rimasta e si è sviluppata sempre di più come uno strumento funzionale delle amministrazioni statunitensi per le sue strategie egemoniche. L’allargamento della NATO ad Est risponde a questa logica. Un esempio sono gli accordi bilaterali tra gli Stati Uniti e diversi paesi europei, quale quello con l’Italia per la base militare statunitense di Vicenza, quello con la Polonia e la Repubblica Ceca per il dispie-gamento dei sistemi di difesa missilistici e quelli con la Bulgaria e la Romania sulle nuove basi. Siamo a fianco dei movimenti contro le nuove basi militari, a partire da Vicenza, e contro l’istallazione dello scudo missilistico nell’est europeo.Crediamo che sia venuto il tempo per lo scioglimento della Nato. Ora più che mai, la sicurezza in Europa deve fondarsi sui principi della pace e la sicurezza, del disarmo e della impossibilità di effettuare attacchi offensivi, sulla soluzione politica e civile dei conflitti, all’interno del sistema OSCE, in conformità al diritto internazionale e ai principi di Nazioni Unite riformate e democratizzate.Per un’Europa dell’ambiente, della sovranità alimentare e delle generazioni futurePer noi le questioni climatiche e sociali sono correlate. Per questo motivo l’attuale crisi finanziaria ed economica non può essere scissa dalle sfide poste dal cambiamento climatico e all’esigenza di modificare il nostro modello produttivo e consumistico. La risposta alla crisi è anche in un nuovo intervento pubblico in economia finalizzato alla riconversione ecologica del sistema produttivo. La crisi ecologica determinata dal modello di sviluppo capitalistico rischia di minare il diritto delle generazioni future alla biodiversità e di poter usufruire delle risorse primarie e ambientali.Siamo a favore di uno sviluppo immediato e consistente di un nuovo trattato internazionale in accordo con il 4° Report prodotto dal Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico. Chiediamo una piena implementazione degli obblighi firmati e promessi dall’UE in tutti i settori relativi alle politiche climatiche ed energetiche. I seguenti compromessi costituiscono i punti minimi da applicare per poter realizzare gli impegni già assunti: • Ridurre le emissioni globali del 30% entro il 2020 sulla base dei livelli del 1990 e di alme-no l’80% entro il 2050. • Aumentare l’utilizzo di energie rinnovabili di almeno il 25% entro 2020 • Ridurre il consumo totale di energia primaria del 25% entro il 2020 e aumentare l’efficienza energetica del 2% annualmente includendo un limite al consumo pro capite. • Introdurre l’obbligo di efficienza per l’industria e per i produttori di beni ad alto consumo di energia. • Limitare il quadro dei sussidi della UE conseguentemente al settore dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili. Siamo contro la riduzione del protocollo di Kyoto ad un sistema di mercato delle quote di emissione. Occorre invece, per arrivare alla stipula di Kyoto 2 una nuova strategia complessiva che consenta di ridurre le emissioni rendendo più equo e sobrio lo sviluppo. E’ necessario un nuovo paradigma fondato non sulla competizione, ma sulla cooperazione, a partire dal trasferimento tecnologico ai paesi in via di sviluppo, dal finanziamento delle tecnologie pulite e dalle politiche di aggiustamento dei cambiamenti climatici. L’acqua è un diritto fondamentale dell’umanità, un bene universale e l’accesso ad essa deve essere garantito ed inteso come diritto umano e non come una merce. Siamo contro ogni ipotesi di privatizzazione o mercificazione. L’acqua deve essere un bene pubblico.La sovranità, la qualità e la sicurezza alimentari, la multifunzionalità dell’agricoltura devono essere considerati obiettivi strategici di un nuovo modello agricolo europeo finalizzato sempre di più alla tutela dei consumatori, alla valorizzazione dell’agricoltura biologica e dei prodotti tipici, al rifiuto degli OGM, alla salvaguardia della biodiversità, del territorio e del paesaggio, al contrasto del fenomeno di abbandono delle aree agricole e montane, al risparmio delle risorse idriche e al sostegno dello sviluppo rurale.Per un’Europa dei diritti, delle libertà e della laicitàUno dei grandi limiti della costruzione europea è stato il suo carattere ademocratico. Il sistema intergovernativo ha impedito qualsiasi partecipazione dal basso alla decisioni dell’Unione. Una separatezza che rischia di far crescere delusione e scetticismo. E’ necessaria una Unione Europea nella quale tutte le sue istituzioni siano democraticamente legittimate.Deve essere garantita la partecipazione diretta nei processi decisionali europei, con referendum a livello nazionale ed europeo sulle questioni relative alle pietre miliari della stessa UE. Il Parlamento deve avere pieno potere legislativo. Le istituzioni europee (Consiglio, Commissione e Parlamento) devono essere aperte alla partecipazione delle società civili, con la possibilità di esercitare un controllo sulle loro decisioni. Vogliamo un rafforzamento dei diritti individuali e delle libertà così come dei i diritti politici e sociali fondamentali di tutti coloro che vivono nell’UE. L’UE deve sottoscrivere la Convenzione Europea per la Protezione dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali. L’Unione Europea deve proteggere e promuovere i diritti di coloro che sono discriminati a causa della loro origine etnica, orientamento sessuale e identità di genere, di religione, ideologica, disabili, di età, rimuovendo tutti gli impedimenti per una piena uguaglianza , ad iniziare da quelli economici. Vogliamo un’ Europa cosmopolita e aperta. Non vogliamo un Europa fortezza. C’è bisogno di una politica comune europea sulle migrazioni e i richiedenti asilo in accordo con la Convenzione di Ginevra . Le persone che fuggono dalle persecuzioni a causa delle loro convinzioni politiche, ideologiche, religiose o dell’ orientamento sessuale, devono trovare protezione ed asilo in Europa. Chiediamo che le persecuzioni basate sul genere e l’orientamento sessuale costituiscano ragione per richiedere asilo e va garantita una protezione specifica per i bambini rifugiati. Per questo, rifiutiamo l’attuale sistema FRONTEX di controllo delle frontiere e chiediamo l’annullamento dei piani relativi alla realizzazione e implementazione della “Direttiva del Ritorno”. I centri di detenzione devono essere chiusi. La libera circolazione in Europa non può essere solo dei capitali, delle merci e dei servizi, ma anche e soprattutto delle persone, considerando le migrazioni – interne ed esterne – come un diritto umano inalienabile e illimitabile, per la ricerca di migliori o comunque diverse condizioni di vita, di lavoro e di sviluppo personale, professionale e sociale, lottando contro ogni tipo di sfruttamento, di dumping sociale o di "guerra tra poveri".L’educazione è un diritto non mercificabile. Va difeso il carattere pubblico e laico della scuola e dell’università, cosi come quello della ricerca culturale e scientifica , svincolata dalle logiche mercantili. Per questo va contrastato il processo di Bologna, che produce una progressiva privatizzazione del settore della conoscenza. Sosteniamo i movimenti studenteschi e degli insegnanti che, in Italia come nel resto d’Europa, sono mobilitati per difendere il carattere pubblico dell’educazione.L’Unione Europea deve rispettare e garantire il principio di eguaglianza dei cittadini rispettando le loro differenze e diversità. Il diritto all'uguaglianza di genere nelle relazioni e alla libertà di orientamento sessuale, va garantito non solo in quanto diritto individuale , ma come una libertà , garantita e difesa dalle Istituzioni europee e dei singoli stati. Tutte le istituzioni pubbliche devono garantire la libertà delle donne e impegnarsi contro tutte le forme di patriarcato. Ogni donna, in ogni paese, deve poter decidere liberamente del proprio corpo, poter esercitare il diritto all'aborto, alla contraccezione, ad una maternità consapevole e all’accesso alle tecniche di riproduzione artificiale. Un' Europa democratica e aperta è una Europa che afferma la laicità come valore irrinunciabile delle sue istituzioni pubbliche.Un’altra Europa per un altro mondoQuesta crisi è una crisi globale, non solo europea. L’Europa può dare un contributo alla ridefinizione dei rapporti politici ed economici globali , contribuendo alla costruzione di un modello di sviluppo alternativo di relazioni fra i popoli e gi stati basato sulla giustizia, sulla solidarietà, e non sulla competizione. Mentre in Europa prevale la paura e le destre cavalcano la xenofobia e il razzismo, alimentando la guerra fra poveri, nel mondo e in special modo nel continente latinoamericano, assistiamo ad una primavera della sinistra e della democrazia, ad una affermazione in tutto il continente, dal Brasile del presidente Lula al Venezuela di Chavez, passando per la Bolivia dell’indio Morales al Paraguay del teologo della Liberazione Lugo e all’Ecuador dell’economista Correa, solo per fare pochi esempi, di forze progressiste, comuniste, cattoliche di base e anti liberiste, che costituiscono un laboratorio per un’uscita da sinistra dalla crisi. L’Europa sappia istaurare un rapporto nuovo con questo laboratorio. Un laboratorio possibile anche grazie all’esperienza cubana, che subisce dal 1961 un blocco immorale e illegittimo da parte degli Stati Uniti, condannato quasi all’unanimità per 17 volte dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e che, come già chiesto da tutti gli stati latinoamericani, con Lula in testa, va rimosso immediatamente.Ciò che accade in America latina dimostra che cambiare è possibile e che lo sviluppo della democrazia costituisce per tutti i paesi del sub continente un valore irrinunciabile. E’ in quel continente inoltre che più è cresciuto il movimento altermondialista e dei forum sociali, di cui siamo parte e di cui sosteniamo le rivendicazioni per una radicale riforma degli organismi sopranazionali, come l’FMI, la Banca Mondiale e l’OMC che hanno imposto le riforme strutturali e le condizioni per l’espansione di un sistema economico globale che ha aumentato disuguaglianze fra stati e all’interno di questi. Ci batteremo affinché l’Europa cambi la natura e il merito degli accordi commerciali proposti con l’america latina come con il resto del mondo, specialmente l’Africa, in quanto ispirati a criteri neoliberali, asimmetrici ed iniqui di scambio e che produrranno solo altra ingiustizia e povertà.Oggi più che mai torna attuale la questione di un nuovo paradigma per le nostre società. Il capitalismo mostra tutti i suoi limiti: sociali, ambientali, democratici. La domanda sul cosa, come e perché produrre rimette a tema per il futuro la questione del socialismo del XXI secolo. Questi sono i punti programmatici, le idee e i valori che ci uniscono. Una unità sui contenuti che qualifica la nostra lista come l’unica proposta realmente di sinistra e di cambiamento in queste elezioni europee.Il voto a questa lista è un voto contro la destra italiana e alternativo al PD. Il voto a questa lista è un voto per un’altra Europa: dell’uguaglianza e del lavoro, della pace, della giustizia sociale ed ambientale, dei diritti e delle libertà.

9.5.09

Emma Goldman, rivoluzionaria anarchica e femminista

QUESTO POST E' DEDICATA AD EMMA, LA BELLISSIMA BIMBA APPENA GIUNTA AD ALLIETARE LA CASA DELL'AMICO MARIO BADINO E DI SUA MOGLIE.

Una delle figure femminili che più mi ha entusiasmato è la rivoluzionaria anarchica e femminista Emma Goldman. per chi non la conoscesse riporto la sua biografia tratta da Wikipedia con la speranza che qualcuno abbia vogla di approfondire la conoscenza di questa donna straordinaria.


Nata nella provincia russa di Kovno (ora Kaunas, Lituania) e trasferitasi poi ancora fanciulla con la famiglia a San Pietroburgo, Emma conobbe un'infanzia difficile. L'ambiente familiare era dominato dalla figura autoritaria e conformista del padre, mentre il contesto sociale era caratterizzato da una latente ostilità nei confronti degli ebrei (la sua famiglia era di origine israelita). A soli quindici anni emigrò negli Stati Uniti, dove piena di entusiasmo ed alla ricerca di sé stessa, ebbe occasione di interessarsi tramite la stampa alle vicende giudiziarie seguite agli incidenti avvenuti a Chicago (4 maggio 1886) fra lavoratori in sciopero e polizia. Infatti, in seguito alla morte di alcuni poliziotti, erano stati arrestati cinque esponenti anarchici, particolarmente noti e combattivi, con l'evidente scopo di colpire il movimento di emancipazione dei lavoratori. La Goldman fu sconvolta dalla tragica fine dei cinque rivoluzionari che furono impiccati nella piazza di Haymarket (11 novembre 1887). L'episodio fu una della più indegne montature giudiziarie di quel periodo negli Stati Uniti. Emma sentì crescere in lei l'ammirazione per quegli uomini, per il loro comportamento coerente e fiero, per le loro idee. Le loro idee divennero le sue.
Entrò in contatto dapprima con Johann Most, un anarchico tedesco che curava la pubblicazione del periodico Freiheit (Libertà). Fu lui a scoprirne l'abilità oratoria ed a spingerla a tenere le sue prime conferenze in russo ed in tedesco. In quel periodo Emma incontrò quell'Alexander Berkman (o Sasha, come lei amava spesso chiamare) che le fu compagno di lotta e d'amore per molti anni.
Nel 1892 Henry Clay Frick, padrone di alcune fabbriche siderurgiche a Homestead, senza riconoscere alcun sindacato od organizzazione del lavoro, minacciò il licenziamento di diversi operai e dichiarò il suo potere decisionale sui salari. Persino la stampa conservatrice lamentò i suoi metodi drastici e arbitrari. Durante uno sciopero numerosi lavoratori, tra cui un ragazzino, furono uccisi da crumiri armati fino ai denti, protetti dalle guardie di Pinkerton e guidati da Frick. La Goldman e Berkman decisero di vendicare la morte di quegli operai. Emma procurò la pistola e discusse con il suo compagno l'azione. Il 23 luglio di quello stesso anno Alexander Berkman entrò nell'ufficio di Frick e gli sparò a bruciapelo. Non riuscì però ad ucciderlo, anche se Frick rimase gravemente ferito. Il ventunenne attentatore anarchico fu arrestato, processato e condannato. Le reazioni del movimento anarchico negli Stati Uniti di fronte all'attentato di Berkman furono contrastanti. Ci fu chi addirittura arrivò a rifiutare solidarietà politica a Berkman. Fra questi Johann Most. Emma Goldman sempre decisa nel suo comportamento, troncò i rapporti con lui ed il suo gruppo.
La Goldman divenne da allora oggetto delle pericolose attenzioni della polizia, a causa della sua instancabile attività come oratrice e come conferenziera, chiamata ora in uno stato ora in un altro a sostenere scioperi, ad informare sul fazioso sistema capitalistico, a diffondere lo spirito ribelle. Collaborò anche con riviste anarchiche. Nel 1894 fu condannata ad un anno di carcere sotto l'accusa di aver "incitato alla sovversione" un gruppo di disoccupati nel corso di un comizio. Da allora in poi anche la stampa cominciò ad occuparsi regolarmente di lei, delle sue attività, delle sue vicissitudini giudiziarie e le fu applicato il soprannome di Red Emma.
È impossibile anche solo dare un'idea della vitalità mostrata da questa rivoluzionaria giovane, entusiasta e, a detta di chi la conobbe, affascinante. Tutti i principali centri degli Stati Uniti e del Canada la ebbero veemente oratrice: teatri stracolmi di gente a Boston, a New York, a Montreal, così come ovunque la chiamassero gruppi di lavoratori in lotta. La polizia le impedì più di una volta di parlare, altre volte irruppe nella sala interrompendo il suo discorso e cercando di disperdere i partecipanti. I padroni dei teatri furono diffidati dal concedere i locali in occasione delle sue conferenze.
Nel 1906 Emma Goldman insieme con Alexander Berkman, appena uscito di galera, iniziò la pubblicazione del giornale anarchico Mother Earth (Madre Terra). L'anno successivo partecipò al Congresso Internazionale Anarchico tenutosi ad Amsterdam ed in quell’occasione conobbe molti militanti anarchici di primo piano provenienti da tutto il mondo. Particolare impressione esercitò su di lei la figura di Errico Malatesta.
Nel decennio successivo continuò la collaborazione con Berkman. Insieme si opposero al militarismo ed al fanatismo che accompagnò lo scoppio della Prima Guerra Mondiale ed a tal fine costituirono una Lega Anti-Coscrizione che intendeva spingere i giovani a rifiutare la cartolina-precetto ed a disertare. Naturalmente furono arrestati e condannati tutti e due ed espulsi dagli Stati Uniti. Fu così che si imbarcarono alla volta della Russia rivoluzionaria.
Sull'onda del loro entusiasmo, ed a causa delle scarse e confuse notizie che finora avevano avuto sul movimento rivoluzionario in Russia, Berkman e la Goldman si illudevano che i bolscevichi altro non fossero che la punta di diamante del proletariato in lotta. Le stesse differenze fra la concezione anarchica e quella bolscevica della rivoluzione non erano ben chiare a loro. Fu un grave abbaglio. È la stessa Goldman a raccontare nella sua autobiografia, con la consueta onestà, la gelida accoglienza riservata ad alcune sue affermazioni invitanti alla collaborazione con i bolscevichi, nel corso di un'assemblea (già allora tenuta clandestinamente) degli anarchici di Pietrogrado. La Goldman rimaneva scettica, quasi non credeva a quanto le andavano raccontando i compagni sulla vera situazione della Russia rivoluzionaria, parlando delle persecuzioni di Lenin e dei suoi seguaci contro gli anarchici ed i socialisti rivoluzionari. Rivelatore fu per lei il colloquio con Lenin, che ebbe la spudoratezza di "fare il tonto" quando Berkman gli chiese perché tanti anarchici si trovassero in galera: - noi abbiamo in galera solo banditi e machnovisti, non veri anarchici - gli rispose Lenin. Al di là della formale cordialità, la stima che Emma conservò per i bolscevichi fino a quel momento cominciò a vacillare.
Ben più significativo fu invece il colloquio da lei avuto con il vecchio ed ammalato Pëtr Kropotkin. Il vecchio rivoluzionario le confermò quanto le avevano già detto tanti altri anarchici: la rivoluzione non era ancora stata sconfitta, c'erano ancora speranze, bisognava lottare. Ma non solo contro i nemici esterni, anche contro lo strozzamento che dall’interno i bolscevichi stavano effettuando contro le loro stesse parole d'ordine della prima ora.
Dopo la carneficina di Kronstadt (3-18 marzo 1921) in cui centinaia di proletari furono massacrati dall'Armata Rossa di Leon Trotsky, i due anarchici decisero di lasciare la Russia e di continuare altrove, in migliori condizioni, la lotta anarchica. Da allora l'attività della Goldman riprese pur tra molte difficoltà, espulsioni, noie ed arresti. Fu a Stoccolma, a Monaco, in altre città finché si stabilì per un periodo a Londra. Nel 1936 fu a Barcellona, nella capitale dell'anarchismo catalano ed iberico, in occasione del comizio internazionale anarchico di solidarietà con la rivoluzione spagnola in corso.
Accanto ai rivoluzionari ed ai lavoratori accorsi da ogni dove c’era anche lei. La stessa che mezzo secolo prima aveva pianto la morte dei "martiri di Chicago" e si era ripromessa di continuare la lotta. Si stabilì poi definitivamente in Canada, dove morì nel 1940 in seguito ad un malessere che la colse durante una conferenza.

La femminista
Oltre alla specifica propaganda dell'ideale anarchico, Emma Goldman tenne diverse conferenze sull'emancipazione della donna, sull'uso dei contraccettivi ed il controllo delle nascite, al punto da poterla definire una femminista ante-litteram. Assieme a Voltairine de Cleyre precorse le idee di quel movimento che troverà poi il suo sviluppo negli anni sessanta del XX secolo.
- La storia - scriveva la Goldman - ci ha insegnato che ogni classe oppressa ha ottenuto la sua liberazione dagli sfruttatori solo grazie alle sue stesse forze. È dunque necessario che la donna apprenda questa lezione, comprendendo che la sua libertà si realizzerà nella misura in cui avrà la forza di realizzarla. Perciò sarà molto più importante per lei cominciare con la sua rigenerazione interna, facendola finita con il fardello di pregiudizi, tradizioni ed abitudini. La richiesta di uguali diritti in tutti i campi è indubbiamente giusta, ma, tutto sommato, il diritto più importante è quello di amare e di essere amata. Se dalla parziale emancipazione si passerà alla totale emancipazione della donna, bisognerà farla finita con la ridicola concezione secondo cui la donna per essere amata, moglie e madre, debba comunque essere schiava o subordinata. Bisognerà farla finita con l'assurda concezione del dualismo dei sessi, secondo cui l'uomo e la donna rappresentano due mondi agnostici -
Ed a proposito della contraccezione, in una lettera inviata al compagno anarchico Max Nettlau scriveva: - Ho imparato che tutti gli uomini latini trattano ancora le loro mogli o le loro figlie come esseri inferiori e che le considerano semplici macchine da riproduzione, come facevano gli uomini dell'età della pietra... L'uomo più moderno si comporta ancora come Adamo, con le sue inibizioni verso la donna... Devo ancora incontrarla, questa donna che vuole avere tanti bambini. Ciò non significa che io abbia mai negato il fatto che la maggior parte delle donne vogliano avere un bambino, sebbene anche questo sia sempre stato esagerato dai maschi. Ho conosciuto un discreto numero di donne che, pur essendo femminili fino all'osso, non possedevano quello che dovrebbe essere l'innato spirito materno o desiderio di avere figli. Vi sono senza dubbio delle eccezioni. Ma come si sa le eccezioni confermano la regola. Ammettiamo pure che ogni donna voglia diventare madre, a meno che non sia ottusa ed ignorante e che non abbia un carattere esageratamente passivo, una donna vuole tanti figli quanti decide di averne. Certamente le abitudini e le tradizioni giocano una parte di enorme importanza nel creare desideri artificiali che possono diventare quasi una seconda natura. La Chiesa, in particolar modo la Chiesa Cattolica, ha fatto il possibile per convincere la donna che essa deve sottostare a ciò che ha ordinato Dio riguardo alla riproduzione. Ma forse ti interesserà sapere che fra le donne che si rivolgono a cliniche specializzate nel controllo delle nascite, le donne cattoliche, incuranti dell'autorità esercitata su di loro dal clero, rappresentano una percentuale molto alta -