
Sul fenomeno del leghismo ho scritto pochissimo, vivo nella valle più leghista d'Italia e già questo è più che sufficiente, pensare di dedicare a questo fenomeno pure un post mi sembra di affondare il coltello nella ferita. Perchè, ve lo assicuro, vedere la mia terra sempre più in balia di idee e personaggi inqualificabili, è una ferita profonda che non si rimargina facilmente. Negli ultimi giorni pero si stanno verificando degli eventi che vetramente fanno rabbrividire, segno che questa cultura, lungi dall'essere ridimensionata e da essere criticata con mezzi opportuni da chi di dovere, si sta radicando in sempre più grandi strati di popolazione ed in terriroti fino a qualche tempo fa impensabili. Ieri sul Manifesto è uscito un ottimo articolo di Alessandro Portelli, che pubblico quì sotto, che ha acceso una discussione sul fatto che i leghisti siano degli stupidi o dei malvagi. Io ritengo che siano STUPIDI E MALVAGI e che le due cose messe insieme formano un potente esplosivo che ha già fatto le sue vittime, in primo luogo la democrazia ed in secondo luogo l’attitudine dei giovani a lottare per un mondo migliore. Quì i giovani ormai non pensano ad altro che ad arricchirsi personalmente calpestando qualsiasi valore etico e morale, e siccome sono veramente stupidi non si rendono conto che ricchi lo diventano solo quelli che lo sono già e loro termineranno la loro esistenza senza aver mai raggiunto il loro obiettivo. Ma vallo a spiegare a dei coglioni svuotati di qualsiasi ideale degno di chiamarsi tale. Vagli a spiegare che è primavera a quella consumata nel farsi dar retta, direbbe il grande Fabrizio De Andrè....
Alessandro Portelli
Razzisti cioè cattivi
E’ proprio vero che siamo un paese di poeti santi e navigatori. Solo in un paese di geni assoluti poteva essere concepita l’idea, scaturita dalla fervida immaginazione di un paese del bresciano, di lanciare di qui a Natale una campagna di pulizia etnica e chiamarla “White Christmas.” La trovo un’idea entusiasmante. In primo luogo, perché spazza via tutte le menzogne mielate di quando ci raccontavano che a Natale siamo tutti più buoni: prendere spunto dal Natale per diventare più cattivi, e farlo in nome delle nostre radici cristiane mi pare un’operazione liberatoria di verità assolutamente ammirevole. Altro che cultura laica.
Qualche anno fa, quando il mio quartiere scese in piazza per impedire il trasferimento in zona di qualche famiglia rom, una compagna disse: “Non è razzismo, è cattiveria.” Scrissi allora, e mi ripeto: non distinguerei fra le due cose (il razzismo è cattiveria), ma trovo giusta questa parola, “cattiveria”, così elementare da essere caduta in disuso, perché qui è proprio l’elementarmente umano che è in gioco.
Qualche anno fa, quando il mio quartiere scese in piazza per impedire il trasferimento in zona di qualche famiglia rom, una compagna disse: “Non è razzismo, è cattiveria.” Scrissi allora, e mi ripeto: non distinguerei fra le due cose (il razzismo è cattiveria), ma trovo giusta questa parola, “cattiveria”, così elementare da essere caduta in disuso, perché qui è proprio l’elementarmente umano che è in gioco.
D’altra parte, un esimio leghista ministro della repubblica aveva già proclamato che bisognava essere cattivi con gli esseri umani non autorizzati. Disciplinatamente, fior di istituzioni democratiche eseguono: sbattono fuori dalle baracche i rom a via Rubattino a Milano e al Casilino a Roma e i marocchini braccianti in Campania, incitano i probi cittadini dei villaggi lombardi a denunciare i vicini senza documenti, premiano con civica medaglia intitolata a Sant’Ambrogio gli sgherri addetti ai rastrellamenti dei senza diritti. Fini dice che sono stronzi: no, non sono solo stronzi, sono malvagi.
Su un piano più leggero, trovo altrettanto geniale proclamare che l’operazione si fa in nome dell’incontaminata cultura lombarda e bresciana – e chiamarla con un nome inglese, per di più orecchiato da una canzone e un film americano. Non si potrebbe trovare un modo migliore per prendere in giro tutta la mitologia lombarda delle radici e della purezza culturale. Non è solo una bella presa in giro di quelli che mettono nomi lumbard sui cartelli all’ingresso dei paesi. Ma è anche un modo per ricordarci che non esiste cultura più paesana, più subalterna e più provinciale di quella che finge un cosmopolitismo d’accatto.
Su un piano più leggero, trovo altrettanto geniale proclamare che l’operazione si fa in nome dell’incontaminata cultura lombarda e bresciana – e chiamarla con un nome inglese, per di più orecchiato da una canzone e un film americano. Non si potrebbe trovare un modo migliore per prendere in giro tutta la mitologia lombarda delle radici e della purezza culturale. Non è solo una bella presa in giro di quelli che mettono nomi lumbard sui cartelli all’ingresso dei paesi. Ma è anche un modo per ricordarci che non esiste cultura più paesana, più subalterna e più provinciale di quella che finge un cosmopolitismo d’accatto.
Aveva proprio ragione la mia amica appalachiana che diceva, “noi poveri di montagna non sognavamo un bianco Natale. Se nevicava, era più che altro un incubo”. Io non so che Natale sognino i senza documenti del bresciano, dopo questo bell’esempio di cristianesimo. La cosa che immagino è che, cacciati dal villaggio, gli stranieri sbattuti fuori di casa andranno a dormire in una stalla e faranno nascere i loro clandestini bambini in qualche mangiatoia.