Fidel Castro: Concetto di Rivoluzione

Revolución
Es sentido del momento histórico;
es cambiar todo lo que debe ser cambiado;
es igualdad y libertad plenas;
es ser tratado y tratar a los demás como seres humanos;
es emanciparnos por nosotros mismos y con nuestros propios esfuerzos;
es desafiar poderosas fuerzas dominantes dentro y fuera del ámbito social y nacional;
es defender valores en los que se cree al precio de cualquier sacrificio;
es modestia, desinterés, altruismo, solidaridad y heroísmo;
es luchar con audacia, inteligencia y realismo;
es no mentir jamás ni violar principios éticos;
es convicción profunda de que no existe fuerza en el mundo capaz de aplastar la fuerza de la verdad y las ideas.
Revolución es unidad, es independencia, es luchar por nuestros sueños de justicia para Cuba y para el mundo, que es la base de nuestro patriotismo, nuestro socialismo y nuestro internacionalismo.

Fidel Castro Ruz (1ro de mayo del 2000)

31.3.09

Chàvez non vuole la statua di Colombo: era un gencida



Grande Hugo Chavez! Le agenzie di ieri hanno dato la notizia secondo la quale il Presidente venezuelano ha deciso che la statua del conquistatore non debba più tornare a troneggiare sul Parco del Calvario di Caracas in quanto il nostro eroe in realtà fu colui che diede inizio al più grande genocidio della storia. A me la venerazione di Cristobal Colòn i tutta l'America Latina ha sempre suonato male. Finalmente si cominciano a chiamre le cose con il loro vero nome. Scambiare un genocida come fosse un eroe è veramente isopportabile!

Chàvez ha anche suggerito come potrebbe essere sostituita in chiave bolivariana, ossia con una scultura che rappresenti "un indio oppure una india, che ci indichino la strada verso la liberazione dei popoli, la strada verso il socialismo". Non poso che applaudire al coraggio del Presidente bolivariano.

Quì sotto riporto la notizia come è apparsa su un giornale tutt'altro che rivoluzionario, il Secolo XIX di Genova. Singolari i commenti di coloro che sono contrari a questa decisione. Da meditatre sulle loro tesi, serve a capire come l'imperialismo sia radicato nel pensiero di molti "intellettuali".


Chavez abbatte la statua di Cristoforo Colombo28 marzo 2009

Il presidente venezuelano Hugo Chavez ha elogiato pubblicamente la decisione di rimuovere una statua di Cristoforo Colombo da uno dei più celebri parchi di Caracas esprimendo la sua condanna per il navigatore genovese, che ritiene responsabile dell’«invasione» e del «genocidio» compiuti dagli europei in America latina. «Cosa ci sta a fare lì quella statua? Cristoforo Colombo è stato il capo di un’invasione che ha prodotto il genocidio più grande della storia!» ha detto Chavez, commentando la rimozione della statua dal parco del Calvario, dove si trovava dal 1893, per decisione di Fundapatrimono, organismo municipale che gestisce il patrimonio culturale ed architettonico di Caracas.

Nell’ambito del Piano Caracas Socialista, la Fundapatrimonio ha infatti disposto il restauro di tutte le statue ottocentesche del parco, tranne per quella di Colombo, che è stata rimossa ma non tornerà sul suo piedistallo. «Non possiamo andare avanti con il culto di Colombo: per noi è una vergogna quello che ha fatto alla nostra America», ha detto alla stampa Mercedes Otero, presidente dell’ente. Chavez non solo ha approvato la rimozione della statua ma ha anche suggerito come potrebbe essere sostituita in chiave bolivariana, ossia con una scultura che rappresenti «un indio oppure una india, che ci indichino la strada verso la liberazione dei popoli, la strada verso il socialismo».
Non è la prima volta che il presidente venezuelano si scaglia contro Colombo: nell’ottobre del 2003, in occasione del primo «incontro di resistenza e solidarietà delle popolazioni indigene», accusò gli «storici occidentali» di aver falsificato la storia per coprire i crimi della conquista europea dell’America del Sud «che sono stati peggiori di quelli di Hitler». «A che Tribunale internazionale dovremmo portare quegli assassini di bambini, di bambine, che squartavano e friggevano le teste degli indios?», disse allora Chavez, prima di esclamare «viva Toro Seduto, viva Tupac Amaru!» alludendo a due mitici leader di rivolte indigene nel nord e il sud del continente americano.
A Caracas, però, non tutti la pensano come lui: Hannia Gomez, direttrice della Fondazione per la Memoria Urbana, sostiene che la rimozione della statua di Colombo è ingiustificata, giacchè la scultura fa parte del patrimonio artistico ufficiale della capitale, stilato dall’Istituto Nazionale del Patrimonio.
Da parte sua, lo storico Elias Pino Iturrrieta, intervistato dal giornale `El Universal´, ha sottolineato che «non si può rimuovere la storia», e anche se è stabilito che la conquista «è stata una imposizione cruenta, da quel processo storico veniamo tutti noi americani: perfino i parametri morali che usiamo per condannarlo ci vengono dall’Occidente».
D’altra parte non è la prima volta che un monumento a Colombo fa le spese del revanchismo venezuelano. Il 12 ottobre del 2004 venne abbattuta a furor di popolo la statua che sovrastava la Passeggiata Colombo di Caracas. Di seguito le immagini odierne e del passato.

16.3.09

Non si dice ma anche El Salvador svolta a sinistra


Nel più totale silenzio della "stampa democratica" nostrana, nel piccolo ma importante El Salvador il Frente Farabundo Martì de Liberaciòn Nacional ha vinto le elezioni dopo 20 anni di incontrastato dominio della destra più reazionaria che rappresentava la potente oligarchia locale sostenuta dagli Stati Uniti. Il vento del cambiamento dal sudamerica si sta spostando sempre più a nord e l'imperialismo USA si trova a dover fare i conti con continue sconfitte dei suoi alleati storici. Malgrdo una furente campagna denigratoria, il partito degli ex guerriglieri candidando Muricio Funes, un ex giornalista della CNN, è riuscito a conquistare la guida del paese che fu oggetto di una devastante guerra civile negli anno 70 e 80. Per contrastare la ribellione dei lavoratori e dei contadini alle condizioni di miseria in cui si trovavano, i latifondisti e le oligarchie legate all'imperialismo di Washington non esitarono a dar vita ad una sanguinosa guerra civile. D'Abuisson, il fondatore di ARENA la formazione nazionalista che fino ad oggi ha governato il paese centroamericano, fu colui che diede vita agli squadroni della morte che, con il sostegno della "grande democrazia Usa", furono protagonisti di atrocità indescrivibili. Fra le vittime illustri anche l’Arcivescovo del Salvador, Monsignor Arnulfo Romero, assassinato sull’altare della sua chiesa il 24 marzo del 1980 e divenuto simbolo delle vittime della repressione. Ovviamente la Chiesa ha sempre scelto di stare dalla parte dei potenti, altrimenti crimini così orrendi non sarebbero potuti succedere. In Salvador è ancora in vigore l'amnistia che nel 1993 ha evitato il carcere a militari e paramilitari accusati di violazioni dei diritti umani, omicidi e torture commessi durante il conflitto. Il neo Presidente oltre che dover affrontare grossissimi problemi economici caratterizzati da profonde diseguaglianze sociali, dovrà pure trovare il modo per far sì che i criminali impuniti vengano giudicati e condannati per i loro crimini. Ma non sarà facile, come dice sempre Frei Betto, il teologo della Liberazione che fu ministro del Presidente brasiliano Lula Da Silva, conquistare il Governo non vuol dire conquistare il potere. Le potenti oligarchie locali ed il potente vicino non staranno sicuramente a guardare con le mani in mano. Bisogna però tener conto che anche l'America Latina non è più la stessa, i tentavi messi in atto in Bolivia, in Ecuador ed in Venezuela per abbattere i legittimi governi progressisti, in questi anni sono andanti incontro a cocenti sconfitte. E proprio l'integrazione del continente latinoamericano potrebbe rivelarsi l'arma vincente contro lo strapotere dell'imperialismo che sembra avviato verso un irreversibile declino. Quale sarà il prezzo da pagare per uscire dalla secolare dipendenza dagli interessi dei potenti ed avviare politiche di giustizia ed uguaglianza, rimane tutto da vedere. Ma sembra proprio che il vento della nuova e definitva indipendenza che soffia in Ameria Latina sia ormai inarrestabile.
Intanto il neo Presidente ha così commentato dopo i risultati definitivi che hanno sancito la sua vittoria: "Questo è il giorno più felice della mia vita. Sarò il presidente di tutti. Adesso deve esserci lo stesso sentimento di speranza e di riconciliazione che rese possibile gli accordi di pace. Oggi abbiamo firmato un nuovo accordo di pace, di riconciliazione del paese con se stesso. Per questo motivo invitiamo le diverse forze sociali e politiche a costruire insieme il futuro. Non ho dubbi: in questo giorno ha trionfato la cittadinanza che ha creduto nella speranza e che ha sconfitto la paura". Funes ha poi ricordato il sacrificio di Monsignor Romero. "Lui aveva una preferenza per i poveri e stava seguendo una strada giusta. Ecco cosa farò io".
Buon lavoro Presidente.

8.3.09

Il Sudamerica visto da Luis Sepùlveda


Luis Sepùlveda, scrittore cileno che vive attualmente in Spagna, è sicuramente un grande conoscitore della storia e della cultura del Latinoamerica. Sepùlveda è cresciuto in Cile con il nonno paterno Gerardo Sepúlveda Tapia (conosciuto anche con il nome di battaglia "Ricardo Blanco"), un anarchico andaluso che fuggì in per evitare una condanna a morte. Anche la sua nascita porta questi segni: nacque infatti in una camera d'albergo mentre i suoi genitori fuggivano a seguito di una denuncia, sempre per motivi politici, contro suo padre fatta dal ricco nonno materno. La vita avventurosa di Sepùlveda sta a testimoniare la sua assoluta libertà di pensiero ed il suo impegno per la libertà e l’indipendenza dei popoli. In questi anni in cui l’America Latina sta avanzando a passi rapidi verso l'autonomia e l’integrazione continetale, ritengo che la sua opinione sia alquanto illuminante, soprattutto visto come il tema viene trattao dai nostri media, sempre più bugiardi e meno credibili.

(Intervista a Luís Sepúlveda di Silvia Zingaropoli per E Polis)
Settembre ad alta tensione in America latina. Bolivia, Venezuela, Argentina e Honduras fanno quadrato contro il gigante statunitense, decisi a mettere fine alle ingerenze yankee nei fatti di casa loro. Ce ne parla Luís Sepúlveda, uno dei “mostri sacri” della letteratura mondiale del XXI secolo.
Dopo la Bolivia, anche il Venezuela diChávez sbatte la porta all'ambasciatoreUsa. Che sta succedendo?
La risposta di Chávez è un fatto inedito: finalmente, dopo Salvador Allende, un presidente latinoamericano osa trattare gli statunitensi con decisione. Ciò che gli Usa fanno in Bolivia, promuovendo il separatismo e le azioni violente nell'Oriente del Paese, ricorda molto ciò che fecero in Cile per destabilizzare il governo di Allende, tra il 1970 e il 1973. Come sanno tutti coloro che hanno a che fare con la politica - in America latina, in Europa, e in tutto il pianeta - Bush è un individuo dall'intelligenza limitata, quasi nulla, e ha disperatamente bisogno di aprire un fronte per recuperare un po' della perduta popolarità. Non è solo un presidente prossimo alla fine del mandato: è un malato mentale circondato da paranoici, come Condoleezza Rice e Dick Cheney. Hanno bisogno di un colpo ad effetto prima di lasciare il governo. D'altronde i repubblicani non vogliono perdere le elezioni a favore di Obama, e sanno che l'unica possibilità che hanno è data da conflitti che provochino l'allarme militare. Gli Usa son sempre vissuti, cresciuti e sopravvissuti in guerra: non conoscono altra normalità che la guerra. È quindi necessario provocare la Russia con lo scudo antimissili in Polonia e Repubblica Ceca, con l'ampliamento della Nato alla Georgia e, infine, provocando l'America Latina. L'imperialismo Usa è molto più reale di quanto lo sia la retorica della timida sinistra europea: ed è pericolosissimo, perché una bestia ferita è una bestia che si rialzerà solo se riuscirà ad inventare conflitti o guerre sporche.
Anche l'Honduras ha congelato i rapportidiplomatici, e la presidentessa Kirchner ha accusato gli Usa di complottare contro il suo governo. La protesta si espande.
La Kirchner non ha parlato solo di complotto: ha mostrato le valige con i dollari che gli Usa hanno inviato ai gruppi argentini dell'ultradestra. Il grottesco è che la politica estera di Bush è tanto criminale, tanto palesemente criminale, che ormai nessuno osa più denunciarla. Noi latinoamericani siamo soli di fronte a questa nuova aggressione imperialista.
È ormai finito il sogno di una Bolivialibera?
Morales è stato eletto democraticamente e a maggioranza assoluta. È l'unico rappresentante della democrazia boliviana: qualsiasi contatto con i sediziosi (anche se teoricamente umanitario) è un attentato contro la dignità e la libertà dei boliviani. Coloro che gridano “morte agli indios!” sono quella minoranza di discendenti europei che hanno sempre sfruttato il popolo. In Bolivia l'85% della opolazione è indigena, povera e mantenuta arretrata da secoli: Morales è il presidente di quella maggioranza. È il capo dello Stato boliviano e, che ci piaccia o no, lo Stato è uno strumento di dominazione di classe: oggi lo Stato boliviano deve soffocare la sedizione e i razzisti che, con la complicità Usa, tentano di sabotare un governo che vuole ridare dignità al suo popolo.
Tempo fa si parlava di una nuova era per l'America Latina, libera dall'impero Usa. Ma non è così.
La politica è un fatto complesso e i buoni auspici non sono sufficienti per capire la realtà.
Cosa accadrà dopo Castro?
Questo è un problema che riguarda solo i cubani.
Con Obama presidente davvero potrebbecambiarequalcosa?
Obama è il volto gentile dello stesso impero, della stessa idea di supremazia: un candidato alla presidenza Usa sarà credibile solo quando dirà: “non vogliamo essere temuti, ma vogliamo essere rispettati”. Ma dire questo significherebbe negare il cuore dell'idea imperialista che ogni yankee deve avere se vuole partecipare alla politica.
Lei ora vive in Spagna: tornerà un giorno in America Latina?
Rispondere a questa domanda richiederebbe giorni, mesi, anni. Non lo so.■