Fidel Castro: Concetto di Rivoluzione

Revolución
Es sentido del momento histórico;
es cambiar todo lo que debe ser cambiado;
es igualdad y libertad plenas;
es ser tratado y tratar a los demás como seres humanos;
es emanciparnos por nosotros mismos y con nuestros propios esfuerzos;
es desafiar poderosas fuerzas dominantes dentro y fuera del ámbito social y nacional;
es defender valores en los que se cree al precio de cualquier sacrificio;
es modestia, desinterés, altruismo, solidaridad y heroísmo;
es luchar con audacia, inteligencia y realismo;
es no mentir jamás ni violar principios éticos;
es convicción profunda de que no existe fuerza en el mundo capaz de aplastar la fuerza de la verdad y las ideas.
Revolución es unidad, es independencia, es luchar por nuestros sueños de justicia para Cuba y para el mundo, que es la base de nuestro patriotismo, nuestro socialismo y nuestro internacionalismo.

Fidel Castro Ruz (1ro de mayo del 2000)

12.4.08

La campagna mediatica anticinese


La mancanza di tempo mi ha impedito di dedicare un post ad un'argomento molto attuale: la campagna mediatica contro la Cina. Ritego comunque che fare della controinformazione su questo tema sia molto importante, per questo pubbloco un articolo di Ezio Bonsignore, apparso alcuni giorni fa sul sito Pagine di Difesa, che condivido in molte sue parti. Lo pubblico quì sotto invitando i lettori a leggere il mio post pubblicato qualche tempo fa (http://wwwmondolibero.blogspot.com/2008/02/memoria-viva-cina-1945-anni-60.html) che dimostra come la questione parta da molto lontano.


Paradossi dell’era moderna, la campagna razzista contro la Cina
Ezio Bonsignore, 8 aprile 2008
Quando tutta questa faccenda del boicottaggio delle Olimpiadi di Pechino (peraltro più esattamente definibile come campagna del “Dàgli ai Cinesi!”) ha cominciato a prendere forma verso la fine dell’anno scorso, in Italia come altrove, facendo inizialmente leva su pretesti abbastanza balzani e marginali (tipo la pessima qualità di certi giocattoli di produzione cinese, per intenderci), sembrava facile giudicare il tutto come del semplice “rumore di fondo”, ad opera dei vari gruppi e gruppuscoli di lunatici e rompiscatole assortiti, che sono immancabilmente pronti a cercare di rovinare qualsiasi grande festa dell’umanità, in nome dei loro oscuri pregiudizi e balzane ideologie. Sembrava facile, e difatti ci sono cascato anch’io.
Ma invece, ci troviamo di fronte a qualcosa di profondamente diverso: una grande campagna accuratamente pianificata e organizzata, che adesso ha trovato il suo tema principale (la liberazione del Tibet) e sta spiegandosi in tutta la sua forza, e che con tutta evidenza dispone di mezzi virtualmente illimitati. Una campagna del genere deve - prima di ogni altra cosa - essere capita nella sua sua natura e nei suoi scopi.
Mi sembra addirittura lapalissiano osservare che il vero obiettivo di questa campagna non consiste certo nel liberare il Tibet e nemmeno nel fare pressioni su Pechino, perchè cambi le sue politiche in fatto di rispetto dei diritti umani, in Tibet come altrove. L’obiettivo dell’attacco mediatico e propagandistico alla Cina consiste invece proprio nell’attacco alla Cina in sé, per scopi che cercheremo di analizzare di seguito. Il Tibet è solo una conveniente pedina. Ritengo, anzi, che si sarebbe certo preferito giocare il ben più consistente pedone di Taiwan, se non fosse che le recenti elezioni parlamentari e presidenziali a Taiwan hanno riportato al potere il Kuomintang e con esso una dichiarata politica di riavvicinamento alla Cina.
Dal momento che l’attacco alla Cina viene condotto con mezzi propagandistici, questi meritano una particolare attenzione. In effetti, l'aspetto più sconcertante - e per certi versi allarmante - di quanto sta accadendo è costituito dalla allucinante dimostrazione della straordinaria facilità con cui l'opinione pubblica occidentale, che si vorrebbe in larga parte costituita da persone raziocinanti e in grado di farsi un'idea sufficientemente precisa del mondo che le circorda, si lasci in realtà condizionare, manipolare e sfruttare ad opera di campagne propagandistiche, purchè queste siano condotte con grande decisione e senza risparmio di mezzi.
La cosa grave è che oggi vediamo come questo condizionamento e manipolazione funzionino non solo quando si tratta di rifilare alla gente delle favolette circa le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein o i catastrofici orrori del riscaldamento globale (cose queste che fanno leva su timori diffusi anche se in larga parte irrazionali). No, condizionamento e manipolazione funzionano invece benissimo anche quando si tratta - per dirla tutta - di suscitare l'odio razziale contro un ben preciso nemico etnico anche in persone, che a freddo riterrebbero loro stesse assolutamente incapaci di esprimere sentimenti del genere.
Perchè di odio razziale e culturale contro i Cinesi si tratta, e non di una puerile infatuazione per il lamaismo tibetano come forma di governo (tra l'altro, forse la forma di governo più stupidamente reazionaria, retrograda e oppressiva che si possa immaginare, visto che non si basa nemmeno sul pretesto di un "mandato del cielo" ad opera di un Dio immanente). Questo è dimostrato dal fatto che in discussioni su questo soggetto negli ambienti più vari continuano a venire a galla critiche violente non tanto contro la politica del governo cinese in Tibet, ma proprio contro i Cinesi in quanto tali (le loro abitudini alimentari, le loro strutture sociali, la loro presenza in Italia, i loro successi commerciali, la qualità della loro produzione industriale e così via). Insomma, bisogna boicottare le Olimpiadi non per liberare il Tibet, ma perchè i cinesi mangiano cani e gatti, stanno invadendo il mondo con prodotti a basso costo, non sembrano disposti ad adottare immediatamente le forme politiche e di organizzazione del lavoro che piacciono a noi, impestano le nostre città con le loro Chinatown, eccetera eccetera. Insomma, sono brutti, sporchi e cattivi.
Mi è anche capitato di leggere qualcuno che si è addirittura permesso di definire ripetutamente i cinesi Han come "iene". A parte l'abissale stupidità di generalizzazioni del genere, questo signore (uso il termine con una certa qual riluttanza) sembra non sapere che in Italia l'uso di epiteti razziali denigratori è severamente proibito per legge, e dei termini anche molto meno offensivi applicati a ebrei, negri, zingari, kosovari, marocchini o una qualsiasi delle altre etnìe che ci onorano della loro presenza gli farebbero passare dei bruttissimi guai. Ma si vede che nei confronti dei cinesi è invece caccia libera.
Quanti ancor oggi si chiedono "come sia stato possibile" suscitare artificialmente nei tedeschi - forse il popolo più civile ed educato d'Europa - il disprezzo e poi l'odio nei confronti degli ebrei, non devono far altro che tenere d'occhio questa campagna per la liberazione del Tibet. Tra l'altro, dà veramente i brividi vedere come molti degli argomenti anti-cinesi, utilizzati a piene mani, siano appunto estremamente simili - se non identici - a quelli formulati dai nazisti in chiave anti-ebraica. E c’è il peso eccessivo dei cinesi nella economia mondiale, le loro strutture sociali e religiose incomprensibili e aliene, il loro modo ripugnante e inumano di preparare il cibo, il pericolo rappresentato dalla presenza di comunità chiuse e non integrate nelle nostre città, e così via. Ci manca solo che si cominci a parlare di "musi gialli dagli occhi storti", e poi il quadro è completo.
Se la cosa riguardasse solo individui di un certo livello intellettuale e morale, sarebbe già abbastanza grave. Ma adesso stanno scendendo nell’arena anche i grossi calibri, cioè certi grandi mezzi di comunicazione di massa, sempre attentissimi a fiutare il vento che tira, e a seguirlo prontamente quando non riescono a guidarlo. Tanto per dire, lo Spiegel è appena uscito con una bella copertina, che ritrae i cinque anelli olimpici in filo spinato sullo sfondo di una foto di gruppo della dirigenza cinese. Copertina che fa il paio perfetto con quella famosa che venne a suo tempo dedicata all'Italia e che ritraeva una pistola posata su un piatto di spaghetti (nel caso possa interessare, all'epoca lo scopo della manovra consisteva nel dirottare il turismo tedesco dall'Italia verso altre località, giudicate più in linea con certi interessi).
Eppure la gente sembra non capire. Tanti, troppi sono entusiasticamente disposti ad agitarsi, dimostrare, scrivere, berciare contro la Cina e i cinesi, esattamente come i loro nonni appendevano cartelli "Qui non vogliamo ebrei!" all'ingresso dei loro paesi e le loro nonnine cucivano tutte giulive i cappucci del KKK. Si direbbe quasi che tante persone, che hanno imparato (spesso a loro spese) come nelle nostre società sia strettamente proibito esprimere giudizi sprezzanti e offensivi nei confronti di qualsiasi diversità etnica, religiosa o sessuale, siano sollevate dal poter finalmente urlare tutto il loro livore contro un diverso, che è stato ufficialmente designato come cattivo, soprattutto poi visto che si può anche farlo, sotto il pretesto della difesa dei diritti umani e magari sentendosi impegnati in una nobile causa fianco a fianco con qualche attore di Hollywood. Si vede che certi odi sonnecchiano proprio appena sotto la nostra superficiale vernice di civiltà.
Fatta questa piccola introspezione, rimarrebbe da capire quali siano gli scopi ultimi della manovra: i fini cui essa mira. E’ stata fatta l'ipotesi che si voglia punire la Cina per il suo successo economico e industriale. Questa analisi mi sembra però riduttiva e semplicistica. Non si monta una campagna di questo livello per una questione di ripicca del genere, o almeno non solo per essa.
All'estremo opposto, separare il Tibet dalla Cina porterebbe senza dubbio degli enormi vantaggi strategici, almeno per certi paesi occidentali. La Cina verrebbe tagliata fuori dalla riserve di petrolio e gas naturale in Asia Centrale e in Myanmar e dovrebbe quindi accettare di rifornirsi tramite oleodotti e gasdotti che passerebbero attraverso il territorio di un paese, se non dichiaratamente ostile certo non amico, e in ogni caso legato a doppio filo agli Stati Uniti. Però, l'assoluta irrealizzabilità di ogni progetto che miri a raggiungere questo obiettivo - e gli enormi rischi che esso comporterebbe - dovrebbero apparire evidente anche a un neocon Americano in fase di grave ebbrezza strategica. La Cina di oggi non è la Jugoslavia e non si può seriamente pensare di farla a pezzi per ritagliarsi un Kosovo-Tibet dove fa comodo.
E’ forse possibile che si punti a far fallire le Olimpiadi allo scopo di indebolire la tenuta interna della dirigenza cinese tramite la perdita di faccia che ne seguirebbe. Questo, non tanto in vista di uno scopo pratico immediato, ma semplicemente perchè indebolire la dirigenza cinese rientra comunque tra gli interessi degli Stati Uniti e di alcuni altri Paesi occidentali.
Personalmente, mi sto sempre più convincendo che si tratti di un gigantesco ricatto. Questo, sopratutto a causa dell'atteggiamento estremamente prudente e moderato sinora tenuto da due personaggi assolutamente chiave come George W. Bush e il primo ministro britannico Gordon Brown, che pur non essendo un secondo Tony Blair rimane strettamente legato alle direttive strategiche di Washington. Un atteggiamento del genere, da parte di persone e di governi che non hanno esitato a formulare e avvallare le più vergognose menzogne e calunnie nel perseguimento dei loro obiettivi strategici e che di norma sono sin troppo pronti a etichettare come il Male in senso biblico chiunque si metta loro di traverso, è spiegabile solo immaginando che essi in realtà intendano NON boicottare le Olimpiadi in ultima analisi. Naturalmente, in cambio di qualcosa.
Cosa potrebbe essere questo qualcosa? Ecco una domanda interessante. Forse certe rassicurazioni circa le politiche che la Cina intende seguire in termini di manovra finanziarie o sui cambi. Diciamo, un impegno cinese a non cercare di disfarsi anche di parte delle loro mostruose riserve in dollari e buoni del Tesoro americano, che sono ormai l’unica cosa che tenga in piedi il carcassone dell’economia americana. Oppure, se vogliamo pensare a qualcosa di molto più sinistro, un impegno a non opporsi troppo duramente a un attacco americano contro l'Iran.
La Cina ha finora risposto agli attacchi in modo ampiamente prevedibile, e perciò quasi certamente previsto e quindi tale da fare il gioco dei promotori della campagna. Una linea di chiusura e rifiuto totale circa il Tibet, mentre per quanto riguarda l’opinione pubblica interna si è passati da un primo (futile) tentativo di nascondere quanto sta avvenendo, alla mobilitazione dell’orgoglio nazionale e del risentimento per le pesanti interferenze in affari interni della nazione cinese. Tutto questo viene prontamente utilizzato per ribadire come i cinesi siano, appunto: brutti, sporchi e cattivi.
Sia che la mia ipotesi del ricatto sia esatta e che la Cina abbia deciso di non cedere a nessun costo, o sia che l’atteggiamento di Pechino sia dovuto ad altre ragioni, al punto in cui sono arrivate le cose sembra molto improbabile che la campagna possa esaurirsi pacificamente prima dell’inizio delle Olimpiadi. I governi occidentali si troveranno quindi di fronte a un difficile dilemma: partecipare ai giochi (cosa che le loro opinioni pubbliche, artificialmente imbottite di odio anti-cinese, non capirebbero nè accetterebbero) oppure boicottare (il che irriterebbe profondamente la Cina ma senza portare alcun reale vantaggio politico o strategico).
Paradossalmente, e a parte il Tibet di cui beninteso non importa assolutamente nulla a nessuno, la Cina potrebbe forse uscirne meglio di chiunque altro. A giudicare da quello che sappiamo del rapido evolversi dell’atteggiamento dell’opinione pubblica cinese, anche un fallimento totale delle Olimpiadi non porterebbe a una totale perdita di faccia del gruppo dirigente, come qualcuno forse sperava, bensì a una vampata di orgoglio nazionalista e xenofobico che potrebbe essere utilmente sfruttata.
Se messa davvero alle strette, la Cina potrebbe essere lei stessa a prendere delle iniziative estreme: cancellare le Olimpiadi, oppure negare il visto d’ingresso agli atleti americani, in quanto rappresentati di una nazione, che ha brutalmente invaso e sta tuttora occupando uno stato sovrano e indipendente.
Tempi interessanti.